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Motivazione e disturbi alimentari: quali fattori influenzano il cambiamento?

La motivazione al cambiamento nei disturbi alimentari dipende da fattori psicologici, relazionali e personali, che influenzano il percorso di recupero

Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Martina Gori, Giulia Onida

Pubblicato il 25 Set. 2025

Capire la motivazione al trattamento nei disturbi alimentari

I disturbi alimentari (DA) sono condizioni complesse che non riguardano solo l’alimentazione, ma anche aspetti psicologici profondi, come l’identità, l’autostima e il controllo. Uno degli ostacoli principali al trattamento è la bassa motivazione al cambiamento, ovvero la volontà della persona di affrontare e superare il proprio disturbo. Questo tema è particolarmente rilevante, perché senza un’adeguata motivazione, anche le terapie più efficaci rischiano di non produrre risultati duraturi (Sansfaçon et al., 2020).

Per comprendere meglio quali fattori influenzano la motivazione nei disturbi alimentari, una recente revisione sistematica (Robinson et al., 2024) ha raccolto e analizzato gli studi esistenti su questo argomento. L’obiettivo era identificare caratteristiche personali, relazionali e psicologiche che possono rendere una persona più o meno incline a cercare il cambiamento o la guarigione. Un aspetto particolarmente interessante è stata l’analisi dell’evoluzione della motivazione nel tempo, per verificare se e come determinati fattori possano influenzarne la crescita o il declino.

La revisione ha esaminato studi che hanno misurato la motivazione al cambiamento in persone con disturbi alimentari, raccogliendo dati su vari aspetti, come caratteristiche della personalità, presenza di altri disturbi psicologici (ansia, depressione, ossessioni), dinamiche relazionali e livello di autonomia nel percorso di trattamento. È importante notare che tutti i fattori analizzati sono stati correlati con la motivazione nel medesimo momento in cui veniva misurata, il che implica che si è trattato di un’analisi delle associazioni, senza possibilità di stabilire relazioni causali dirette.

Per valutare la motivazione, sono stati utilizzati strumenti specifici, tra cui l’Anorexia Nervosa Stages of Change Questionnaire (ANSOQ) e il Bulimia Nervosa Stages of Change Questionnaire (BNSOQ) (Rieger et al., 2002). Questi strumenti si basano sul modello degli stadi del cambiamento di Prochaska e DiClemente (1982), che suddivide il percorso verso la guarigione in diverse fasi: precontemplazione (assenza di intenzione di cambiare), contemplazione (presa di coscienza del problema), preparazione (intenzione di agire), azione (tentativo concreto di cambiamento) e mantenimento (consolidamento dei progressi). In questo modo, la ricerca ha potuto identificare in quale fase del cambiamento si trovassero i partecipanti e quali caratteristiche potessero influenzare il passaggio da uno stadio all’altro. 

In sintesi, questa revisione ha cercato di tracciare un quadro dettagliato di ciò che può facilitare o ostacolare la motivazione al trattamento nei disturbi alimentari, ponendo le basi per interventi più mirati ed efficaci.

I fattori che promuovono o ostacolano la motivazione al cambiamento nei disturbi alimentari

I risultati di questa revisione sistematica indicano che sono numerosi i fattori che portano le persone che soffrono di disturbi alimentari a mostrare un’elevata o scarsa motivazione al cambiamento.

  • Caratteristiche individuali: un aumento dell’autostima globale, dell’autostima legata al peso e alla forma corporea e dell’autostima derivante dall’avere una rete amicale facilita il passaggio dalla fase di precontemplazione a quella di contemplazione del cambiamento (Geller et al., 2009); uno stile di coping più attivo è associato ad una maggiore motivazione al cambiamento (Pauli et al., 2017); una maggiore autocompassione, rispetto alla vergogna, è associata ad una più alta motivazione (Carter & Kelly, 2015); la responsabilità e l’auto-accettazione sono associate ad una maggiore motivazione al cambiamento, facilitando l’accesso alla fase di precontemplazione (Rodríguez-Cano et al., 2012); maggiori atteggiamenti e intenzioni positivi e percezione di controllo correlano con un’elevata motivazione (Dawson et al., 2015); al contrario, un elevato perfezionismo è connesso ad una minore motivazione oltre che ad una maggiore gravità sintomatologica (Halmi et al., 2000).
  • Comorbidità psicologica e benessere: un minore benessere è associato ad una motivazione intrinseca più elevata (de Vos et al., 2023); al contrario, una maggiore qualità di vita correlata alla salute è connessa ad una più alta motivazione al cambiamento durante il trattamento (Muñoz et al., 2012); un’elevata predisposizione al cambiamento comporta una riduzione della gravità dei sintomi psichiatrici, tra cui ansia, depressione, tratti ossessivo-compulsivi, sensibilità interpersonale, evitamento fobico, ostilità, somatizzazione e psicoticismo (Geller et al., 2009); una minore insoddisfazione corporea e minori sintomi depressivi correlano con una maggiore motivazione (Zaitsoff & Taylor, 2009); al contrario, comportamenti autolesionistici non suicidari sono associati ad una bassa motivazione (Curet-Santisteban et al., 2017).
  • Relazioni interpersonali: vivere con un partner, anche se è correlato ad una maggiore sintomatologia nei disturbi alimentari, è associato ad un’elevata motivazione (Bussolotti et al., 2002), così come ricevere un maggiore sostegno sociale e considerare le proprie amicizie importanti (Carter & Kelly, 2015; Geller et al., 2009); ricevere maggiore aiuto e intimità da parte degli amici del reparto di degenza è associato ad un maggior grado di motivazione e aderenza al trattamento (Malmendier-Muehlschlegel et al., 2016); percepire supporto alla propria autonomia da parte dei compagni di reparto e dallo staff medico è correlato ad un cambiamento di motivazione nel corso del trattamento (van der Kaap-Deeder et al., 2014); una relazione genitori-figlio adolescente più adattiva e la percezione di supporto alla propria autonomia da parte dei genitori all’inizio del trattamento correlano con un’elevata motivazione al cambiamento (van der Kaap-Deeder et al., 2014; Zaitsoff & Taylor, 2009).
  • Rapporto con il proprio disturbo alimentare: elevate preoccupazioni per l’impatto emotivo del disturbo alimentare e un’ampia comprensione di esso e delle sue conseguenze in diverse aree di vita sono associati maggiormente alla fasi di contemplazione e di azione (Stockford et al., 2007); nel primo stadio di esordio dei disturbi alimentari di tipo restrittivo, l’orgoglio sembra essere un fattore centrale nel mantenimento della sintomatologia, ostacolando la ricerca di trattamento e la motivazione al cambiamento, per poi passare, nel corso del disturbo alimentare, ad essere fattore fondamentale nel processo di guarigione e di promozione della motivazione (Faija et al., 2017); alcuni significati attribuiti al disturbo alimentare, tra cui una maggiore sicurezza e “forza mentale” derivanti da disciplina e senso di controllo su corpo e alimentazione, sono associati ad una minore motivazione al trattamento (Gagnon-Girouard et al., 2019); anche la sensazione di dover passare da ciò che si conosce (il disturbo alimentare e le sue caratteristiche, appunto) all’ignoto, e quindi rinegoziare la propria identità, può generare paura e ostacolare la motivazione (Rankin et al., 2023).
  • Autonomia e coinvolgimento nel trattamento: la decisione di richiedere supporto per il disturbo alimentare guidata da fattori esterni (ad esempio, il suggerimento della famiglia) correla con una bassa motivazione nelle fasi di precontemplazione e contemplazione (Darcy et al., 2010), mentre una decisione autonoma e un alto coinvolgimento emotivo nel corso del trattamento sono associati ad un’elevata motivazione; decidere autonomamente di sottoporsi ad un trattamento correla più con la fase di azione rispetto alla fase di precontemplazione (Hasler et al., 2004); infine, il controllo del trattamento e la percezione di un andamento ciclico della sintomatologia correlano con la fase di mantenimento (Stockford et al., 2007).

Limiti e conclusioni

Tuttavia, questa revisione presenta alcune limitazioni. Ad esempio, i fattori correlati alla motivazione al cambiamento indicano associazioni e non relazioni di causa-effetto. Sono state impiegate degli strumenti di valutazione diversi tra loro, il che rende difficile il confronto tra i risultati degli studi. La maggior parte dei partecipanti degli studi era costituita da giovani donne bianche, impedendo così la generalizzazione degli esiti ad altre età, generi, etnie e culture.

In conclusione, gli individui che soffrono di disturbi alimentari riportano in generale una bassa motivazione al cambiamento, e i fattori che influenzano tale motivazione contribuiscono a consentire ai clinici di sviluppare una maggiore consapevolezza e attenzione ai fattori che potrebbero ostacolare il recupero dei loro pazienti.

Riferimenti Bibliografici
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