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Intelligenza emotiva: un alleato per studenti e insegnanti

L’intelligenza emotiva degli insegnanti può trasformare l’esperienza scolastica degli studenti migliorando l'apprendimento e le relazioni

Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Martina Gori, Giulia Onida

Pubblicato il 19 Nov. 2024

Implementare l’intelligenza emotiva a scuola: l’esperienza di Bernard Golden

L’intelligenza emotiva può essere definita come “la capacità di monitorare le proprie e altrui emozioni, di differenziarle e di utilizzare tali informazioni per guidare il proprio pensiero e le proprie azioni” (Salovey & Mayer, 1990). L’insegnamento di tale abilità normalmente non fa parte dei programmi scolastici, ma Bernard Golden – psicoterapeuta con più di 40 anni di esperienza, specializzato in problemi di gestione della rabbia – sostiene che sia essenziale per favorire la motivazione e la capacità di apprendimento dei bambini. In un recente articolo pubblicato su Psychology Today (Golden, 2024), egli racconta che all’inizio della sua carriera ha lavorato come insegnante con bambini di quarta e quinta elementare, e spiega come nel corso di quegli anni abbia cercato di sviluppare la consapevolezza emotiva e le capacità di regolazione emotiva dei suoi studenti prendendo piccoli accorgimenti nel corso delle lezioni. Ad esempio, durante la lettura di racconti, chiedeva spesso ai bambini di ipotizzare come si sentissero i personaggi, e di immaginare cosa avrebbero provato loro stessi nella situazione descritta.

Durante questo percorso, Golden ha appreso che validare i sentimenti dei suoi studenti giocava un ruolo fondamentale. Racconta dunque un episodio in cui, in seguito a una presentazione delle forze dell’ordine svolta nell’ambito di un programma di sensibilizzazione, chiese ai bambini di scrivere un tema focalizzato sulle loro esperienze con la polizia: uno studente, rosso in volto, disse che non avrebbe scritto niente, in quanto odiava la polizia. Golden lo invitò quindi a raccontare ciò che aveva vissuto con la polizia e che gliela faceva odiare, spiegandogli che il tema era un esercizio volto a esplorare i suoi sentimenti sinceri. Il bambino, che probabilmente si aspettava di essere ripreso e di ricevere una lezione sul perché doveva rispettare la polizia, fu enormemente sorpreso ed elaborò il tema più lungo che avesse mai scritto. Rimproverare lo studente senza dargli ascolto avrebbe generato inevitabilmente tensione, mentre mostrare apertura nei confronti della sua esperienza e delle sue emozioni gli aveva permesso di sentirsi compreso, nonché di vedere la scuola come un luogo positivo. 

Intelligenza emotiva: uno strumento vincente

Si parla spesso dell’impatto positivo che alcune qualità dei docenti possano avere sugli studenti, ma l’altra faccia dell’intelligenza emotiva vede come protagonisti gli insegnanti stessi e ciò appare di essenziale importanza in un’epoca in cui questi sono sempre più esposti ad aggressioni in classe (McMahon et. al., 2024). Avere una buona capacità di lettura delle emozioni e della loro gestione favorisce un ambiente maggiormente disciplinato, che si contrappone alla confusione generale riscontrata in casi di carente intelligenza emotiva (Valente, Monteiro & Lourenço, 2019). Nel caos di una classe indisciplinata non è un’anomalia che l’insegnante faccia esperienza di sintomi quali ansia e depressione, per altro correlati a minori livelli di intelligenza emotiva (Martinez-Monteagudo et al., 2019). Tale capacità favorisce l’empatia dei professori, caratteristica essenziale per la creazione di un canale comunicativo di trasparenza, supporto e fiducia; l’empatia può, a sua volta, aiutare ad allentare la tensione e dare inizio a un circolo virtuoso in cui l’emulazione consenta ai ragazzi di apprendere nuove strategie di autoregolazione in caso di conflitti (Valente & Lourenço, 2020). Con quanto emerso non si intende che avere un buon grado di intelligenza emotiva prevenga qualsiasi conflitto, tensione o renda il ruolo dell’insegnante meno complesso. Si tratta di un approccio alternativo in risposta a condizioni difficoltose, capace di interrompere il circolo vizioso della frustrazione e delle sue conseguenze, che non costituisce un terreno fertile per l’apprendimento e per la formazione di nuove menti in evoluzione.

Un posto sicuro in cui imparare

La scuola è lo spazio in cui i ragazzi passano la maggior parte del loro tempo fino alla maggiore età: essa rappresenta quindi un luogo affettivo e di crescita, che prevede una continua esposizione a nuove sfide durante le prime fasi dello sviluppo. Il contesto scolastico vede i bambini cimentarsi nell’apprendimento di nuove capacità e conoscenze, percorso che pone spesso a fare i conti con nuovi stati emotivi legati allo studio stesso, che possono manifestarsi nella forma di ansia da valutazione (Wigfield & Eccles, 1989). Il vissuto emotivo delle piccole menti, ancora immature da un punto di vista evolutivo, necessita di un contenimento, responsabilità delle figure di riferimento. Queste figure di riferimento non si limitano esclusivamente ai componenti del nucleo familiare, ma includono anche tutti i professionisti coinvolti nel percorso formativo ed educativo, dagli istruttori di qualsiasi sport, agli insegnanti. Affinché la scuola divenga un posto in cui posto in cui potersi sperimentare e scoprire in sicurezza, raggiungendo gli obiettivi formativi con efficacia, è necessario che gli insegnanti abbiano un grado di intelligenza emotiva sufficientemente buono da poter fronteggiare le difficoltà emotive che si possono presentare (Valente et al., 2020).

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