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Il senso di colpa: quando diventa patologico e come prendersene cura

Il senso di colpa può diventare patologico quando assume i connotati di un’emozione negativa costante e sproporzionata rispetto ai gesti commessi od omessi

Di Micol Agradi

Pubblicato il 08 Giu. 2023

La colpa è un’emozione morale. Se sostenuta nel tempo dalla ruminazione, può diventare patologica. Accettarla e perdonarsi per quanto commesso od omesso favorisce il benessere psicologico.

L’emozione della colpa

 La colpa è un’emozione che ognuno di noi sperimenta almeno una volta nella vita: quando infrangiamo una regola, quando non adempiamo ai nostri doveri, quando danneggiamo qualcosa o quando facciamo stare male qualcuno. Si tratta di un’emozione secondaria (Izard, 1979) che, a livello evolutivo, si sviluppa successivamente alle emozioni primarie di gioia, tristezza, paura, rabbia, sorpresa, disprezzo e disgusto. Come la vergogna e l’orgoglio, si manifesta a partire dai 2 anni, quando il bambino, costruitosi un primo senso di sé, può pensare alla propria persona nel contesto sociale e avvertire su di sé il giudizio degli altri.

Di fatto, la colpa si genera anche dal nostro rapporto con la società e dall’educazione che ne deriva: interiorizzare le norme morali ed etiche del contesto di appartenenza significa assumersi la responsabilità di trasgredirle e, così, provare senso di colpa per aver commesso od omesso qualcosa. In questa direzione, la colpa avrebbe una funzione positiva e riparatrice: facendoci provare rimorso o rimpianto dopo aver compreso il danno di un atto o di un atto mancato, essa ci indurrebbe ad assumerci le nostre responsabilità e a muovere all’azione, piuttosto che a lasciare le cose insolute (Tangney et al. 2007).

Quali tipi di senso di colpa

Quando ci accorgiamo che le cose potrebbero non andare come vorremmo, nasce il senso di colpa. Si parla di senso di colpa quando si guarda allo stato anticipatorio della colpa, che ci preannuncia che qualcosa potrebbe essere trasgredito in senso commissivo od omissivo. Solo quando lo stato delle cose è già concluso e il danno è già stato fatto il senso di colpa si trasforma in colpa, pervadendoci di uno stato d’animo negativo. Anche se ognuno di noi ha una maggiore o minore propensione alla colpa, abbiamo la possibilità di esperire due principali tipologie (Mancini, 2008):

  • Deontologica, quando è indotta dalla violazione di una norma etica. Questo tipo di colpa si avverte quando l’individuo crede di aver violato qualche regola sociale o imperativo morale. Può provare tale emozione negativa per aver commesso delle azioni condannate moralmente, per comportamenti che non provocano danno materiale alla vittima ma la offendono o anche per disposizioni all’azione (ad esempio, avere un impulso aggressivo verso un’altra persona, anche se non lo si agisce).
  • Altruistica, quando è indotta dalla violazione di un principio altruistico. Questo tipo di colpa è interpersonale perché legato alla tendenza dell’individuo a provare empatia verso la sofferenza degli altri. Può essere definito come un senso di pena che si genera dalla credenza di aver danneggiato l’altro o di non averlo aiutato come avremmo dovuto. È il senso di colpa che, ad esempio, viene esperito dai sopravvissuti, che articolano un dialogo interno del tipo “Come ho potuto lasciarla da sola?” o “Non ho potuto fare niente per lui”.

Quando il senso di colpa diventa patologico

Anche se il senso di colpa è un’emozione universale, può diventare patologico quando assume i connotati di un’emozione negativa costante e sproporzionata rispetto ai gesti commessi od omessi, compromettendo la qualità di vita.

 Si manifesta quando l’individuo, nelle sue preoccupazioni, tende ad assumersi la responsabilità degli eventi su cui non ha potuto avere il controllo, continuando a guardarsi indietro e ad addolorarsi nel tentativo di capire cosa avrebbe potuto fare. La colpa viene così mantenuta attiva dalla ruminazione, ossia da un pensiero negativo e ripetitivo che si interroga su vicissitudini passate in modo circolare, senza trovare risposte utili nel presente.

Gli individui che sono assorbiti in maniera patologica da questa emozione finiscono per centralizzare la loro vita su di essa.  Questo tipo di funzionamento è spesso riscontrabile in alcuni disturbi psichici come:

  • depressione (l’individuo si auto-colpevolizza continuamente, in alcuni casi fino al delirio);
  • disturbi ossessivo-compulsivi (ad esempio, l’individuo si punisce deontologicamente per aver solo pensato a qualcosa di riprovevole);
  • disturbi d’ansia (ad esempio, l’individuo sente una discrepanza fra il Sé Reale e il Sé Ideale);
  • disturbo da stress post-traumatico (ad esempio, l’individuo si attribuisce la responsabilità dell’evento traumatico, anche quando effettivamente non ne ha);

Accettare l’emozione per perdonarsi

La natura complessa della colpa fa di essa un’emozione difficile da gestire, così intrinsecamente legata alla sfera della moralità. Prendere coscienza del fatto che ciò che si è commesso od omesso non può essere rimediato significa entrare in contatto con la parte di sé più umana, fallibile e limitata. Prendere atto delle proprie debolezze e mettere in discussione in questo modo il proprio senso di autoefficacia non è facile, soprattutto per quegli individui in cui la colpa può celare un senso di onnipotenza o perfezione (“E’ tutta colpa mia!” sta per “Tutto dipende da me, ho l’assoluto controllo sulla realtà: se mi sfugge qualcosa, sono un fallito”).

Il primo passo da fare è imparare a conoscere questa emozione negativa nei suoi correlati fisiologici, cognitivi e comportamentali: capire come agisce su di noi e a partire da quali situazioni, è di fondamentale importanza per familiarizzare con essa e poterla regolare.

Successivamente, sarebbe ottimale accettare quanto accaduto o non accaduto: visto che è la continua ruminazione al passato a mantenere attivo il senso di colpa, combattere contro di esso non fa altro che acuirlo. Accettare la realtà per quella che è stata e imparare a tollerare quest’emozione negativa come tale, e non come qualcosa di definente il valore personale, apre la strada alla possibilità di perdonarsi. La capacità di perdonare se stessi per i torti commessi appare correlata a una condizione di maggior benessere psicofisico, nella quale godere di maggiore capacità di empatia e minor rischio di depressione (Ross et al., 2007).

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