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Perdonare se stessi: indagati il ruolo del senso di colpa e della vergogna nel determinare le differenze individuali

E' stato indagato sperimentalmente come differenze individuali possano entrare in gioco nel modulare la propensione perdonare se stessi

Di Giulia Samoré

Pubblicato il 10 Dic. 2019

La capacità di perdonare se stessi per i torti commessi appare correlata con una migliore salute generale, maggiore empatia, minore depressione e minori tendenze suicidarie.

 

La capacità di perdonare se stessi viene definita come un processo emotivo e motivazionale volto alla riparazione di un torto compiuto ai danni di un’altra persona; tuttavia, questo implica che il soggetto ricerchi non solo di determinare attivamente il proprio ruolo nella vicenda riconoscendosi le colpe oggettive, ma anche accogliendo empaticamente la sofferenza dell’altra persona e facendosi carico delle conseguenze delle proprie azioni, anche quando non vi sia stata l’intenzione esplicita di danneggiare qualcuno (Hall & Fincham, 2005).

Il risultato di tale valutazione dovrebbe determinare il grado di benevolenza o di condanna verso se stessi con i quali il soggetto dovrà fare i conti: in realtà, diversi fattori intervengono nel modulare questa risposta. Fra tutte la letteratura individua una tendenza personale che rimane relativamente stabile nel tempo, quindi detta self-forgiveness disposizionale, che potrebbe portare i soggetti ad avere atteggiamenti, pensieri e azioni generalmente più benevoli nei propri confronti, riducendo di contro gli atteggiamenti punitivi rivolti verso se stessi (Mullet, Neto et Riviere, 2005; Toussaint et al., 2018).

È facile intuire come una valutazione della situazione non oggettiva, bensì imperniata sul soggetto, abbia la potenzialità di portare ad un’eccessiva colpevolizzazione se l’individuo ha questa disposizione, mentre all’estremo opposto troveremo una difettualità nell’accettazione del ruolo giocato nella vicenda, sottraendosi poi, presumibilmente, al processo di riparazione del danno. La capacità di perdonare se stessi per i torti commessi appare correlata con una migliore salute generale, maggiore empatia, minore depressione e minori tendenze suicidarie; inoltre, è stato riscontrato come la flessibilità cognitiva, la stabilità emotiva e la coscienziosità fossero caratteristiche generalmente predittive di una maggiore self-forgiveness (Ross et al., 2007; Thompson et al., 2005).

Carpenter et al. (2016) e McGaffin et al. (2013) hanno individuato due componenti centrali nel modulare la tendenza disposizionale al perdono autodiretto: da un lato vi è la propensione a provare un sentimento di vergogna per le proprie azioni, predittrice di atteggiamenti di evitamento e difensivi; dall’altro, la tendenza a provare colpa, che è in genere associata ad una risposta adattiva di risoluzione del torto, sia assumendosi le proprie responsabilità sia alimentando sentimenti di rimorso che muovono verso l’azione piuttosto che al lasciare le cose insolute (Tangney et al., 2007). Colpa e vergogna sembrano quindi giocare ruoli opposti e speculari nel modulare la capacità di perdono verso se stessi, favorendo o al contrario ostacolando il perdono verso se stessi.

Di recente Carpenter, Isenberg e McDonald (2019) hanno indagato sperimentalmente come il sesso d’appartenenza e l’età potessero entrare in gioco nel modulare la propensione alla benevolenza verso se stessi: se infatti la letteratura riporta una tendenza generale nel sesso femminile a sperimentare maggiori sentimenti di vergogna (Else-Quest et al., 2012), ci si aspetterebbe da parte delle donne una minore capacità di perdono autodiretto rispetto agli uomini, ipotesi non supportata dai valori riscontrati nella realtà (Charzyńska, 2015; Hall et al., 2018). Al contempo, l’età dovrebbe favorire lo sviluppo di tratti psicologici più adattivi, secondo un principio di maturazione progressiva (Donnellan et al., 2007; Roberts et al., 2006; Roberts & Mroczek, 2008; Orth et al., 2010): ci si aspetterebbe quindi che con l’avanzare degli anni le persone acquisiscano una capacità progressivamente maggiore di perdonarsi per i propri sbagli; tuttavia l’associazione con l’età risulta non significativa (Orth et al., 2010). La letteratura riporta inoltre come la tendenza alla vergogna diminuisca con l’età mentre aumenta la tendenza al senso di colpa.

Per spiegare queste apparenti contraddizioni gli autori hanno formulato due ipotesi di come tali fattori concorrano nel modulare la self-forgiveness: da un lato essi ipotizzano un pattern di cancellazione quando colpa e vergogna variano nella stessa direzione (colpa elevata e vergogna elevata), i loro effetti opposti e contrari si sommano cancellandosi a vicenda, ovvero gli effetti adattivi e propositivi mossi dal senso di colpa vengono azzerati a causa di quelli negativi dovuti alla vergogna provata; al contrario, quando colpa e vergogna variano invece in direzioni opposte, ad esempio quando ad un incremento del senso di colpa si contrappone una diminuzione della vergogna provata, gli effetti corrispondenti risultano essere facilitanti per una maggiore capacità di perdono verso se stessi, rappresentando in questo caso un pattern di rinforzo.

Analizzando statisticamente i dati provenienti da 400 individui ambosessi di età compresa tra i 18 e 73 anni, gli autori hanno trovato conferma delle loro ipotesi: nelle donne, che risultavano più propense a sperimentare senso di colpa e vergogna, questo ha comportato un effetto positivo grazie alla colpa (effetto tra lo 0.11 e lo 0.13) e negativo a causa della vergogna (effetto tra -0.22 e -0.34), risultando in un effetto complessivo ridotto sulla capacità di perdonare se stesse (pattern di cancellazione). Per quanto riguarda l’età, invece, è stato riscontrato un effetto della colpa stimato da 0.04 a 0.06 deviazioni standard per decade, mentre la vergogna di 0.05 a 0.10 deviazioni standard per decade, i quali vanno sommandosi risultando in un effetto finale maggiore (pattern di rinforzo). Combinati, gli effetti di colpa e vergogna rendevano conto del 72% dell’effetto totale sull’età.

I risultati ottenuti, sebbene con le dovute limitazioni, contribuiscono a gettare luce sulle contraddizioni riscontrate dagli studi precedenti, sottolineando come importanti differenze individuali da attribuirsi al sesso possano venire oscurate da una correlazione nulla, che non tiene conto di effetti che si muovano in direzioni differenti. Inoltre, i risultati sembrano supportare una modesta associazione tra l’età e la self-forgiveness, in linea con i modelli che prevedono una progressiva maturazione che accompagni la crescita anagrafica.

 

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