L’impatto dei traumi psicologici nei bambini: disturbi e conseguenze a lungo termine
I traumi psicologici nei bambini possono essere associati a una varietà di condizioni critiche per il loro benessere e la loro salute mentale: disturbo post traumatico, disturbo da stress acuto, depressione, disturbi d’ansia (ad es. ansia da separazione), problemi comportamentali e fobie, con esiti negativi fino all’età adulta (De Bellis & Zisk, 2014; McLaughlin & Lambert, 2017; Downey & Crummy, 2022). Un caso particolare è rappresentato dal disturbo post traumatico da stress complesso, definito dall’ICD-11 (2022) come caratterizzato dagli stessi sintomi del disturbo post traumatico da stress, ma con tre gruppi aggiuntivi di sintomi:
- problemi nella regolazione emotiva (marcata irritabilità, rabbia o sensazione di intorpidimento emotivo)
- convinzioni su se stessi come inferiori, sconfitti o senza valore, accompagnate da sentimenti di vergogna, colpa o fallimento, legati all’evento traumatico
- difficoltà nel mantenere relazioni e nel sentirsi vicini agli altri.
La letteratura scientifica conferma che la diagnosi di disturbo da stress post traumatico complesso può essere estesa anche a bambini e adolescenti (Sachser et al, 2017).
Una ricerca dell’Università di East Anglia (Gran Bretagna) ha fatto luce sul motivo per cui bambini e adolescenti sviluppino tali disturbi psichici, dopo aver vissuto un singolo evento traumatico.
Il pensiero è quello che conta
Lo studio (Memarzia et al., 2024) ha scoperto che fattori psicologici di tipo cognitivo, come il modo in cui i bambini ricordano un evento traumatico e come percepiscono se stessi in seguito a esso, sono i fattori principali nel predire gli esiti del trauma sulla salute mentale dei più piccoli.
Lo studio ha coinvolto 260 minori, tra gli 8 e i 17 anni, reclutati da quattro pronto soccorso dell’est Inghilterra. I minori erano stati identificati dagli infermieri come soggetti esposti a un evento traumatico isolato, così come definito dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (APA, 2013), ovvero “esposizione a morte effettiva o minacciata, gravi lesioni o violenza sessuale”.
I ragazzi sono stati valutati a due e nove settimane dal trauma, attraverso questionari auto-somministrati, interviste telefoniche con i genitori e dati ospedalieri, al fine di sviluppare quattro modelli predittivi dei fattori di rischio per disturbo da stress post traumatico, disturbo da stress post traumatico complesso, disturbo d’ansia generalizzato e depressione. Quando si è trattato di prevedere chi avrebbe sviluppato, a nove settimane, tali problemi di salute mentale, il modello più accurato si è rivelato quello basato sul modo in cui le persone pensano, ovvero un modello cognitivo.
Il modello cognitivo adottato dagli autori includeva fattori quali: elaborazione cognitiva durante il trauma, valutazioni negative correlate al trauma, qualità della memoria del trauma, dissociazione post-traumatica, ruminazione correlata al trauma e auto-biasimo. La ricerca evidenzia come la percezione soggettiva di bambini e adolescenti sulla gravità dell’evento abbia avuto un impatto maggiore sulla salute mentale, rispetto all’oggettiva gravità dell’evento traumatico.
Secondo i ricercatori, i risultati ottenuti corroborano l’idea che il modo in cui una persona pensa al proprio trauma giochi un ruolo importante nello sviluppo di sintomi post traumatici, ansiosi e depressivi.
La ricerca apre nuove prospettive cliniche sulla possibilità di prevedere problemi di salute mentale nei giovani che hanno subito traumi e facilitarne la presa in cura attraverso percorsi terapeutici specifici, come ad esempio la psicoterapia cognitivo comportamentale focalizzata sul trauma.