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Credenze metacognitive

Col termine credenze metacognitive o metacredenze si fa riferimento alle idee e teorie che una ciascuno di noi ha in merito al proprio funzionamento cognitivo

Sezione a cura di Linda Confalonieri

Aggiornato il 27 nov. 2023

La definizione di credenze metacognitive

Con credenze metacognitive si fa riferimento alle idee e teorie che ciascuno di noi ha in merito al proprio funzionamento cognitivo. Possono essere di natura esplicita o implicita, positive o negative. Nel modello di terapia metacognitiva svolgono un ruolo nell’esordio e mantenimento di vari disturbi psicopatologici.

Una premessa sulle credenze metacognitive

La metacognizione è quell’aspetto della cognizione che regola il modo in cui una persona pensa e si comporta in risposta a un pensiero, una credenza o un’emozione (Wells, 2012). In altre parole, per l’approccio metacognitivo non sarebbe tanto importante il contenuto, il cosa pensiamo, quanto piuttosto il come pensiamo a qualcosa, e cioè come reagiamo ai nostri stessi pensieri, credenze ed emozioni. Alcune persone sviluppano sofferenza emotiva e sintomi psicopatologici, perché di fronte a certi stati interni (pensieri, emozioni, credenze) mettono in atto modalità di risposta che contribuiscono a mantenere (se non amplificare) i pensieri e le emozioni negative. Tra queste modalità dannose di reazione agli stati interni ritroviamo ad esempio la ruminazione, il rimuginio, la focalizzazione dell’attenzione e il monitoraggio della minaccia. L’insieme delle varie risposte disfunzionali viene definito CAS (Cognitive Attentional Syndrome) e  crea una condizione di distress cronico, mantenendo eccessivamente attivi, presenti e persistenti spirali di pensieri e di emozioni negative. 

La metacognizione implica quindi credenze soggettive rispetto a quello che noi pensiamo della nostra mente, di come funziona e dei nostri stati interni. Comprende diversi fattori che interagiscono tra loro e che sono coinvolti nell’interpretazione e nella regolazione della cognizione (pensieri e credenze). Questi fattori includono le credenze metacognitive, le esperienze metacognitive e le strategie metacognitive.

Che cosa sono le credenze metacognitive

Con il termine credenze metacognitive o metacredenze si fa riferimento alle idee e teorie che una ciascuno di noi ha in merito al proprio funzionamento cognitivo, cioè a come funzionano i nostri modi di pensare, le credenze e pensieri, i nostri stati interni, la capacità di concentrazione, la memoria

Quindi le credenze metacognitive sono delle convinzioni soggettive relative al proprio funzionamento cognitivo e alle strategie di coping che la persona si trova generalmente ad utilizzare per gestire i propri stati interni.  

Ad esempio, può accadere che alcune persone ritengano “dannosi” alcuni tipi di pensieri, e che quindi provino colpa per il fatto solo di avere avuto un pensiero. Oppure di fronte a modalità ricorsive e ripetitive del pensiero (rimuginio o ruminazione) sviluppano determinate credenze e convinzioni riguardo questi stessi processi (ad esempio, le credenze di incontrollabilità dei pensieri). 

Tipologia di credenze metacognitive

Secondo Wells (2000) vi sarebbero due tipologie di credenze metacognitive. Le credenze metacognitive esplicite (o dichiarative) e le credenze metacognitive implicite (o procedurali). 

Per credenza esplicita si fa riferimento a una credenza che può essere espressa verbalmente, come ad esempio: “Se mi preoccupo potrà venirmi un attacco di cuore”, “Avere pensieri cattivi verso qualcuno significa che ho qualcosa che non va nella mia mente”, “Se mi focalizzo e rimugino sul pericolo riuscirò a evitare l’errore o il danno”

La credenza implicita invece fa riferimento alle regole e al programma che guida l’elaborazione e la modalità di pensiero, tanto che rappresenta lo stile di pensiero di una persona. Ad esempio, il programma che guida il pensiero può essere i fattori che controllano ciò a cui si presta attenzione o la memoria, l’uso delle euristiche per emettere dei giudizi. 

Inoltre, il modello metacognitivo di Wells prevede un’ulteriore distinzione in tipologie di credenze metacognitive, e cioè le credenze metacognitive positive e le credenze metacognitive negative

Le credenze metacognitive positive

Le metacredenze positive riguardano l’utilità, i vantaggi e i benefici percepiti dell’utilizzare (più o meno consapevolmente) determinati stili di pensiero o determinate attività cognitive (es. focalizzazione dell’attenzione sulla minaccia). Esempi di tali credenze metacognitive possono essere “Rimuginare sul futuro mi aiuta a prevedere e ad anticipare la minaccia nelle situazioni incerte”, “Se mi preoccupo sarò pronto”, “Rimunginare mi aiuta a trovare soluzioni”, “Ruminare sul passato mi aiuta a gestire la tristezza”. In realtà, le metacredenze positive creano un’illusione momentanea di gestione dello stato emotivo o di risoluzione di un problema; mantengono stili di pensiero e modalità attentive disfunzionali che non fanno che aumentare gli stati emotivi negativi che a loro volta creano circoli viziosi con ulteriori pensieri negativi ripetitivi. Pensare che la ruminazione (intesa come stile di pensiero ripetitivo focalizzato sul passato) possa essere utile per ripensare e gestire situazioni negative passate è una metacredenza positiva che induce la persona a persistere in tale modalità di pensiero ripetitivo, la quale tuttavia mantiene e innesca ulteriori emozioni negative, con un peggioramento dell’umore. 

Le credenze metacognitive negative

Le metacredenze o credenze metacognitive negative riguardano invece la pericolosità e l’incontrollabilità dei pensieri e delle esperienze cognitive. La persona ritiene che alcuni pensieri e alcuni stili di pensiero siano completamente fuori dal suo controllo, oppure può avere poca fiducia nella funzionalità della sua memoria, e vivere la presenza di alcuni pensieri e stati interni con la sensazione di pericolosità e minaccia. Alcuni esempi di tali credenze sono: “Se ho pensieri aggressivi li metterò in atto contro il mio volere e la mia intenzione”; “Non ho il controllo dei miei pensieri”; “Se non mi ricordo un nome significa che la mia memoria è danneggiata”; Ho poca fiducia nella mia capacità di ricordare ciò che ho fatto”; “Quando comincio a preoccuparmi di qualcosa, non riesco più a smettere”; “Preoccuparmi troppo può farmi diventare pazzo”. A seguito di tali credenze, insorgeranno ulteriori reazioni emotive negative e strategie di coping disfunzionali in circoli viziosi. 

Credenze metacognitive e psicopatologia

Le credenze metacognitive, quindi, influenzano significativamente come le persone reagiscono al proprio mondo interno, cioè come reagiscono ai pensieri, alle credenze, alle emozioni e al funzionamento cognitivo. 

Valutare negativamente i propri pensieri, emozioni e stati interni ostacola ulteriormente la loro regolazione, aumenta la percezione di minaccia, e può portare la persona a ulteriori e maggiori sforzi per monitorare il pensiero e il funzionamento di alcuni processi attentivi e mnestici. La risposta emotiva si protrae in modo disadattivo. 

Secondo Wells e Matthews (1994) le difficoltà e i sintomi psicopatologici avrebbero origine e si manterrebbero, non tanto nel “pensare certi contenuti”, quanto nel come la persona reagisce a tali pensieri, come pensa e come si comporta in risposta ad essi in termini di emozioni e ulteriori pensieri e credenze e di focalizzazione dell’attenzione. Questo complesso di risposte disfunzioni alle esperienze interne viene definita dagli autori come CAS, ed è caratterizzata da orientamento dell’attenzione verso stimoli minacciosi/negativi, credenze metacognitive positive e negative e strategie di coping, quali rimuginio e ruminazione, soppressione del pensiero ed evitamento comportamentale.

Bibliografia

  • Wells, A. (2012). Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione. Eclipsi.
  • Wells, A. (2000). Emotional disorders and metacognition: Innovative cognitive therapy. Chichester, UK: Wiley. 
  • Wells, A., Matthews, G. (1994). Attention and emotion: A clinical perspective. Hove, Uk: Erlbaum. 
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