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I disturbi emotivi nell’invecchiamento

I disturbi emotivi in età avanzata, frequentemente mascherati da sintomi fisici, pongono sfide cruciali per la salute e la qualità della vita

Di Roberta Sciore

Pubblicato il 11 Set. 2025

La salute mentale degli anziani: priorità clinica e sfide per la sanità pubblica

La salute mentale e la cura di questa lungo tutto il corso della propria vita, rappresenta un elemento centrale sia per il benessere sia individuale che collettivo. Per questo motivo, i disturbi psichici in particolare negli anziani devono ricevere la stessa attenzione e priorità dei disturbi fisici. Con il progressivo invecchiamento della popolazione, i disturbi emotivi negli anziani stanno emergendo come una delle sfide più complesse e spesso sottovalutate della sanità pubblica. Ansia, depressione, apatia, sintomi somatici e disturbi del comportamento sono molto diffusi nella terza età, ma raramente riconosciuti e trattati con tempestività. Secondo i dati del sistema di sorveglianza PASSI d’Argento dell’Istituto Superiore di Sanità, circa una persona su dieci oltre i 65 anni presenta sintomi depressivi clinicamente significativi, con picchi che superano il 30% tra chi vive in strutture residenziali o ha patologie croniche (EpiCentro, ISS, 2021).

La depressione maggiore in primis costituisce una delle condizioni più significative in termini di costi per il sistema sanitario e, secondo le stime, diventerà la più gravosa entro il 2030. Dopo i 65 anni, questa patologia è spesso legata a disabilità, maggiore rischio di mortalità e peggiori condizioni di salute (Rodda et al., 2011). Nella pratica clinica quotidiana, molti professionisti della salute si trovano a lavorare con pazienti anziani che manifestano sintomi depressivi. Nonostante le terapie disponibili siano efficaci quanto quelle utilizzate per gli adulti più giovani, la depressione negli anziani è spesso sottovalutata e trattata in modo insufficiente, con conseguenze importanti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la fascia degli over 64 registra una percentuale più alta di suicidi rispetto ad altre età, in Italia rappresentano circa un terzo del totale e, in molti casi, si tratta di persone affette da depressione maggiore.

Inoltre, gli anziani hanno una maggiore probabilità di morire a seguito di un tentativo di suicidio, e chi sopravvive tende ad avere una prognosi meno favorevole (Manthorpe & Iliffe, 2010). Sebbene da tempo le società scientifiche, gli ordini professionali e le istituzioni si impegnino a sensibilizzare e informare maggiormente sui temi legati all’invecchiamento, si riscontra ancora spesso una tendenza a sottovalutare i problemi psicologici degli anziani rispetto a quelli di natura medica. Questi disturbi vengono infatti spesso considerati incurabili, interpretati come sintomi secondari di patologie fisiche oppure, in linea con stereotipi legati all’ageismo, ritenuti una “normale” conseguenza dell’età avanzata (Durak, 2018). Tali argomentazioni basate su dati di evidenza si pongono come una sfida formativa e di presa in carico ai clinici sanitari che se ne vogliono interessare.

Le cause dei disturbi emotivi nell’invecchiamento

I disturbi emotivi in età avanzata hanno una genesi complessa e multifattoriale, frutto dell’interazione di fattori biologici e psicosociali. Sul versante biologico, la multimorbidità ovvero la presenza di più malattie croniche contemporanee, come cardiovasculopatie, diabete, patologie neurologiche e dolore persistente è significativamente associata all’insorgenza di sintomi depressivi e ansiosi nella vecchiaia.

Dal punto di vista psicosociale, eventi critici come la perdita del coniuge, la riduzione dell’autonomia, l’isolamento sociale e la perdita del ruolo professionale dopo il pensionamento rappresentano fattori di rischio primari per tali disturbi (Blazer, 2003; Fiske et al., 2009). Parallelamente, la condizione di solitudine è ulteriormente evidenziata come fattore eziologico rilevante. L’isolamento sociale si può intendere come la separazione, sia a livello psicologico che fisico, di un individuo dalla rete di relazioni sociali che desidera o di cui ha bisogno, rappresentando così una perdita della sua posizione all’interno di un gruppo sociale (Biordi e Nicholson, 2009). Questa perdita può essere interpretata in modo soggettivo, quando riguarda la percezione personale di una carenza nelle proprie risorse sociali, oppure in modo oggettivo, quando si riferisce a una reale mancanza di contatti interpersonali dovuta a circostanze esterne (Cornwell, 2009). Di conseguenza, gli effetti negativi dell’isolamento sociale possono derivare sia da una reale riduzione della rete sociale, sia dall’esperienza soggettiva di sentirsi isolati. In particolare, molti anziani segnalano di trovarsi in situazioni di isolamento sociale, condizione che è stata associata a conseguenze negative significative sulla longevità, nonché sulla salute fisica e mentale (Olsen, 1991).

Una revisione sistematica della letteratura condotta da Choi et al., (2015) ha messo in evidenza che, nella popolazione anziana, l’isolamento sociale aumenta la probabilità di disturbi del sonno, depressione e affaticamento. Inoltre, è stato osservato che l’isolamento percepito soggettivamente ha un impatto più rilevante sui disturbi del sonno e sui sintomi depressivi rispetto all’isolamento oggettivo. Un ulteriore elemento, spesso sottovalutato, è la stigmatizzazione legata alla salute mentale e l’ageismo. Studi recenti mostrano che una larga parte degli anziani percepisce atteggiamenti ageisti nella vita quotidiana, come l’uso di linguaggio paternalistico, la sottovalutazione dei sintomi o l’idea che i disturbi mentali come una “normale conseguenza dell’età”, con un impatto negativo sul benessere emotivo. Una revisione del 2022 conferma una correlazione negativa tra percezione di ageismo e benessere psicologico, mostrando che gli anziani esposti a tali atteggiamenti registrano livelli più elevati di depressione e ansia (Kang et al., 2022). 

I sintomi spesso atipici e mascherati nella terza età

Nei soggetti anziani, i disturbi emotivi si presentano frequentemente in forme atipiche, rendendo complessa la loro identificazione e diagnosi. A differenza delle manifestazioni tipiche osservate nelle fasce di età più giovani, la depressione in età avanzata spesso non si manifesta con la tristezza marcata e la disperazione tipica, bensì attraverso sintomi più sfumati e talvolta fuorvianti. Apatia, irritabilità, disturbi del sonno, perdita di appetito e dolori somatici persistenti sono manifestazioni comuni che possono venire facilmente scambiate per segni di malattie fisiche o semplicemente per le conseguenze dell’invecchiamento (Gruppo Aeva, 2023; Santini et al., 2021). Tale presentazione clinica atipica contribuisce a una frequente sottodiagnosi o a un ritardo nel riconoscimento del disturbo depressivo negli anziani.

Un aspetto particolarmente delicato riguarda la cosiddetta “pseudodemenza depressiva”, una condizione in cui la depressione si manifesta con deficit cognitivi come difficoltà di concentrazione, rallentamento mentale, e problemi di memoria, che possono facilmente essere confusi con l’esordio di una demenza neurodegenerativa, come l’Alzheimer (Herrmann et al., 2020). A differenza della demenza, questi sintomi cognitivi sono generalmente reversibili con un adeguato trattamento antidepressivo, ma la loro presenza complica il quadro diagnostico e richiede una valutazione multidimensionale accurata.

L’ansia negli anziani si manifesta spesso in modo somatico, con sintomi quali tremori, palpitazioni, dispnea, affaticamento e insonnia, piuttosto che attraverso espressioni verbali di preoccupazione o paura. Spesso si osserva un aumento dell’ipervigilanza e della tensione muscolare, che possono sfociare in vere e proprie crisi di panico o in un disagio continuo e invalidante (Wuthrich & Frei, 2022). L’ansia cronica in età avanzata è inoltre associata a un aumento del rischio di cadute, peggioramento delle condizioni cardiovascolari e un generale deterioramento dello stato funzionale. Oltre ai disturbi dell’umore e dell’ansia, la terza età vede un incremento della prevalenza di disturbi da accumulo patologico (hoarding) e di disturbi di personalità, condizioni spesso sottovalutate. Questi disturbi tendono a essere radicati nel tempo, resistenti al trattamento e possono aggravare l’isolamento sociale e la disfunzione quotidiana (Tolin et al., 2020). Studi recenti indicano che circa il 10% degli anziani mostra tratti di personalità disfunzionali, che possono complicare la risposta terapeutica e richiedono interventi specialistici a lungo termine (Penders et al., 2020).

Nei soggetti con fragilità cognitiva o demenza, i disturbi neuropsichiatrici rappresentano una sfida clinica significativa. Sintomi quali agitazione, apatia, allucinazioni e deliri non solo peggiorano la qualità della vita del paziente, ma aumentano anche il carico emotivo e assistenziale dei familiari e degli operatori sanitari (Migliaccio et al., 2022; Alzheimer’s Association, 2023). Questi sintomi comportamentali sono spesso associati a un maggior rischio di ricovero in strutture residenziali e a un aumento della mortalità. La gestione di tali disturbi richiede un approccio multidisciplinare, che combina interventi farmacologici mirati, strategie psicosociali volte a migliorare la comunicazione, l’ambiente e il supporto sociale ed interventi strutturati di psicoterapia. Inoltre, è importante sottolineare come i sintomi atipici e mascherati dei disturbi emotivi in età avanzata contribuiscano a una significativa sottovalutazione delle esigenze psicologiche degli anziani, ritardando interventi efficaci come la psicoterapia e aumentando il rischio di complicanze fisiche e psichiche a lungo termine. La formazione degli operatori sanitari, l’uso di strumenti diagnostici specifici e l’attenzione alla dimensione soggettiva dell’esperienza emotiva sono pertanto elementi fondamentali per migliorare la presa in carico di questa popolazione vulnerabile (Santini et al., 2021; Wuthrich & Frei, 2022).

Disturbi emotivi in età avanzata: riconoscere e intervenire

La salute mentale degli anziani rappresenta una componente fondamentale per il benessere individuale e collettivo che necessita di un’attenzione prioritaria e costante nel corso dell’intera vita. I disturbi emotivi in età avanzata, spesso sottovalutati e mascherati da sintomi atipici, rappresentano una sfida complessa sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico.

La crescente incidenza di depressione, ansia e altri disturbi psichici tra gli over 65, unita alla presenza di fattori biologici e psicosociali specifici dell’invecchiamento, impone un impegno significativo da parte dei professionisti sanitari per un riconoscimento precoce e un trattamento adeguato. Inoltre, è fondamentale superare pregiudizi e stereotipi legati all’ageismo, che contribuiscono a una scarsa considerazione delle problematiche psicologiche degli anziani. Solo attraverso un approccio multidisciplinare, una formazione adeguata e una sensibilizzazione diffusa si potrà garantire una presa in carico efficace, migliorando la qualità della vita di una popolazione sempre più numerosa e vulnerabile. La promozione della salute mentale in età avanzata non è solo una necessità clinica, ma un imperativo etico e sociale imprescindibile per costruire una società inclusiva e attenta al benessere di tutte le sue componenti.

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Riferimenti Bibliografici
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  • Tolin, D. F., Frost, R. O., & Steketee, G. (2020). Hoarding disorder in older adults: Clinical features and treatment challenges. Current Psychiatry Reports, 22(2), 6. 
  • Wuthrich, V. M., & Frei, J. (2022). Anxiety disorders in older adults: Diagnosis and treatment considerations. Clinical Psychology Review, 91, 102130. 
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