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Il potere della chain analysis: comprendere i nostri comportamenti problematici può generare cambiamenti e migliorarci la vita

La chain analysis aiuta a comprendere a fondo i comportamenti problematici, ricostruendo i processi che li precedono e li mantengono nel tempo

Di Anna Boccaccio

Pubblicato il 12 Giu. 2025

Quando il sollievo diventa trappola: i comportamenti disadattivi che alimentano il disagio

Alcuni comportamenti che mettiamo in atto possono rivelarsi particolarmente problematici e disadattivi, una spina nel fianco insomma, soprattutto quando producono in noi disagio e compromettono la capacità di adattamento e partecipazione alle attività quotidiane. Sviluppati per aiutarci a regolare le nostre emozioni e gestire stati di ansia, depressione, stress o panico, possono alleviare temporaneamente la percezione soggettiva di disagio; tuttavia, rischiano di diventare risposte abituali e, non affrontando direttamente la causa della nostra sofferenza, di contribuire paradossalmente a mantenerla nel tempo (Swerdlow et al., 2020).

Comportamenti problematici e disadattivi

Esistono vari gradi e tipologie di comportamenti problematici. Alcuni possono apparire generalmente innocui (ad esempio, mangiarsi le unghie e restare svegli fino a tardi la sera), altri possono compromettere il funzionamento e lo stato di salute psicofisica dell’individuo. Tra questi, vi sono: uso di sostanze, autolesionismo, alimentazione disregolata, aggressività incontrollata, procrastinazione, sognare ad occhi aperti in modo intenso e prolungato (Soffer-Dudek & Somer, 2018; Pietkiewicz et al., 2018) e comportamenti di evitamento, come evitare situazioni e/o stimoli percepiti come potenzialmente minacciosi (ad esempio, ritiro sociale). 

Tali comportamenti possono emergere anche in concomitanza con particolari condizioni di salute mentale, diventandone i sintomi, come nei disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi alimentari, disturbo da stress post traumatico e disturbi della personalità (Rudaz et al., 2017; Hofmann & Hay, 2018; Lampe & Malhi, 2018; Hernando et al., 2019; Choi et al., 2015). 

Affrontare i comportamenti problematici con la chain analysis

Smettere di agire i comportamenti problematici può costituire una sfida in quanto, nonostante percepiamo il loro carattere disadattivo e disfunzionale, tendiamo comunque a riproporli. 

Affrontare un comportamento problematico significa innanzitutto comprendere perché si verifica. Una chain analysis, detta anche analisi delle catene comportamentali o analisi funzionale, può aiutarci a identificare i diversi fattori che contribuiscono a quel comportamento. La chain analysis è una tecnica distintiva della terapia dialettico comportamentale (DBT) ed è utilizzata per esplorare in profondità i comportamenti problematici. Si tratta di uno strumento che può essere adottato sia con l’aiuto di un terapeuta nel corso di una psicoterapia cognitivo comportamentale o dialettico comportamentale, sia di auto-aiuto. Per svolgerlo, si possono utilizzare un foglio e una penna.

L’analisi delle catene comportamentali implica la scomposizione di uno specifico comportamento problematico nei suoi componenti più piccoli. Questa scomposizione aiuta a identificare non solo il comportamento in sé, ma anche l’evento scatenante, i pensieri e le emozioni che hanno portato al comportamento e le conseguenze del comportamento stesso. Il processo è simile a una moviola, che esamina ogni passaggio che ha condotto l’individuo alla messa in atto del comportamento disadattivo, cercando al contempo soluzioni al problema in diversi punti della catena (Rizvi & Ritschel, 2014).

Come sviluppare una chain analysis

Per effettuare un’analisi funzionale, un individuo identifica la particolare situazione in cui si trovava, i pensieri che stava provando e i sentimenti che provava appena prima di adottare un comportamento problematico.

In tal modo, è possibile aumentare la propria consapevolezza dei fattori che potrebbero mettere a rischio di comportamento problematico e acquisire maggiore capacità di intervenire precocemente per prevenire quel comportamento in futuro.

Scegliere un comportamento target

Il primo passo è identificare il comportamento che intendiamo cambiare. Qual è il nostro obiettivo? Smettere di abbuffarci? Smettere di procrastinare? Si identifica un comportamento che sta causando problemi e disagio nella propria vita. Può essere utile iniziare una chain analysis subito dopo aver intrapreso il comportamento problematico, in modo che l’esperienza recente possa fornire maggiori dettagli e informazioni sui fattori che hanno condotto al comportamento in questione.

Identificare l’evento scatenante

Occorre mettere a fuoco l’evento o la situazione specifica che innesca la catena di eventi che porta al comportamento target, il punto di partenza del comportamento problema. Alcune domande guida potrebbero rivelarsi utili:

  • Qual è stato l’evento esatto che ha portato a quel comportamento?
  • Quando è iniziato il problema?
  • Cosa stava succedendo quando è iniziato?
  • Cosa stavo facendo? In quale luogo? Ero con qualcuno?

Annotare i fattori di vulnerabilità

Identificare i propri fattori di vulnerabilità, ovvero fattori preesistenti che rendono una persona più suscettibile a reagire a un evento scatenante. Possono includere malattie fisiche, stress emotivo, fattori di stress ambientali o mancanza di sonno.

Individuare i collegamenti della catena

Dopo aver scritto l’evento scatenante iniziale, occorre focalizzarsi su cosa è successo in seguito: 

  • Pensieri e convinzioni: identificare i tipi di pensiero e i processi cognitivi interni, verificatisi in risposta all’evento scatenante (Come ho valutato la situazione, me stesso o gli altri in quella situazione?)
  • Emozioni: cosa ho provato in quella situazione scatenante?
  • Sensazioni corporee: come ha reagito il tuo corpo alla situazione? Annotare le sensazioni fisiche (accelerazione della frequenza cardiaca, capogiri, iperventilazione, rossore del viso ecc.), in quanto possono essere cruciali per comprendere le risposte emotive
  • Azioni: quali comportamenti o azioni specifiche ho intrapreso in risposta a quei pensieri e a quelle emozioni? Ho sentito il bisogno di mettere in atto il mio comportamento problematico?
  • Conseguenze: quali effetti immediati e a medio/lungo termine ha avuto il mio comportamento su me stesso e sull’ambiente intorno? Queste conseguenze possono, in futuro, rafforzare o scoraggiare il mio comportamento?

Rivedere la catena degli eventi e generare soluzioni

Completati i collegamenti della catena, è possibile ritornare su ciascun passaggio e individuare strategie alternative possibili da adottare in ogni fase: cosa avresti potuto fare di diverso in ogni anello della catena di eventi, per evitare il comportamento problematico? Alcuni spunti operativi potrebbero essere i seguenti (Linehan, 2018): 

  • descrivere nel dettaglio una strategia preventiva per ridurre i fattori di vulnerabilità (es. distribuire meglio gli impegni di lavoro, riposare di più ecc.);
  • individuare un piano alternativo per affrontare l’evento scatenante, nel caso si ripeta nuovamente;
  • considerare le conseguenze del comportamento, mettendo a fuoco cosa (o chi) è stato danneggiato, in modo da capire cosa riparare o correggere;
  • descrivere cosa fare per riparare le conseguenze più significative del comportamento problematico.

Mettendo a punto diverse soluzioni o alternative nelle varie fasi della chain analysis, è possibile generare cambiamenti. Come suggerisce Jenny Taitz (2025), psicologa clinica e assistant professor presso l’Università della California a Los Angeles, un cambiamento duraturo dipende da una riflessione e da uno sforzo di consapevolezza ripetuto nel tempo, elementi su cui tutti possiamo lavorare, indipendentemente da quante volte abbiamo agito i nostri comportamenti problematici. 

Il percorso del cambiamento può essere lungo, complesso e può richiedere pertanto un supporto psicologico professionale. Eppure, come ha evidenziato uno studio sulla cessazione del fumo (Hymowitz et al., 1997), una storia di tentativi di smettere e di ricadute può migliorare la probabilità di smettere definitivamente. Rialzarsi ripetutamente e persistere sono fattori essenziali per la crescita e il cambiamento.

Comprendere i nostri pensieri, le nostre emozioni e i nostri comportamenti a livello “micro”, può aiutarci a fare meglio la prossima volta e a crescere (Taitz, 2025).

Riferimenti Bibliografici
  • Choi KW, Sikkema KJ, Velloza J, et al. (2015). Maladaptive coping mediates the influence of childhood trauma on depression and PTSD among pregnant women in South Africa. Arch Womens Ment Health.;18(5):731-738. 
  • Hernando A, Pallás R, Cebolla A, García-Campayo J, Hoogendoorn CJ, Roy JF. (2019). Mindfulness, rumination, and coping skills in young women with eating disorders: A comparative study with healthy controls. PLoS One.;14(3):e0213985. 
  • Hofmann SG, Hay AC. (2018). Rethinking avoidance: Toward a balanced approach to avoidance in treating anxiety disorders. J Anxiety Disord.;55:14-21. 
  • Hymowitz N, Cummings KM, Hyland A, Lynn WR, Pechacek TF, Hartwell TD. (1997). Predictors of smoking cessation in a cohort of adult smokers followed for five years. Tob Control.;6 Suppl 2(Suppl 2):S57-62. doi: 10.1136/tc.6.suppl_2.s57. PMID: 9583654; PMCID: PMC1766209.
  • Lampe L, Malhi GS. (2018). Avoidant personality disorder: current insights. Psychol Res Behav Manag.;11:55-66. doi:10.2147/PRBM.S12107
  • Linehan, M.M. (2018) Cognitive-Behavioral Treatment of Borderline Personality Disorder. Guilford Publications, New York.
  • Pietkiewicz IJ, Nęcki S, Bańbura A, Tomalski R. (2018). Maladaptive daydreaming as a new form of behavioral addiction. J Behav Addict.;7(3):838-843.
  • Rizvi SL, Ritschel LA. (2014). Mastering the art of chain analysis in dialectical behavior therapy. Cognitive and Behavioral Practice.;21(3):335-349. 
  • Rudaz M, Ledermann T, Margraf J, Becker ES, Craske MG. (2017). The moderating role of avoidance behavior on anxiety over time: Is there a difference between social anxiety disorder and specific phobia?. PLoS One.;12(7):e0180298. 
  • Soffer-Dudek N, Somer E. (2018). Trapped in a daydream: daily elevations in maladaptive daydreaming are associated with daily psychopathological symptoms. Front Psychiatry.;9:194. 
  • Swerdlow BA, Pearlstein JG, Sandel DB, Mauss IB, Johnson SL. (2020). Maladaptive behavior and affect regulation: a functionalist perspective. Emotion.;20(1):75-79. 
  • Taitz, J. (2025). Change can be hard. Improve your chances of success with a chain analysis. The Washington Post
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