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Cambiamenti stagionali e psicologia umana

Scopriamo insieme i principali fenomeni psicologici e le aree del funzionamento umano influenzati dall’alternarsi delle stagioni

Di Anna Boccaccio

Pubblicato il 22 Mar. 2024

I cambiamenti stagionali

Così come molti mammiferi che popolano le latitudini più alte del nostro pianeta si affidano ai cicli stagionali per regolare i propri comportamenti e il proprio metabolismo, ad esempio migrando o andando in letargo, anche l’essere umano, nel corso dei millenni, ha sviluppato un costante adattamento rispetto all’alternarsi delle stagioni. Un adattamento fatto di cambiamenti stagionali non soltanto nella sua fisiologia, ma soprattutto nel suo modo di pensare, sentire e comportarsi (Han et al., 2000). 

I fenomeni psicologici influenzati dall’alternarsi delle stagioni

Una recente ricerca dell’Università dell’Arizona (Hohm, Wormley, Varnum, 2023) ha delineato una panoramica dei principali fenomeni psicologici influenzati dall’alternarsi delle stagioni: ad essere interessate sarebbero ben sette aree del funzionamento psicologico umano. Scopriamole insieme:

1. Umore e cambiamenti stagionali

Ben noto è il fenomeno del winter blues, un abbassamento del tono dell’umore strettamente collegato alla minore esposizione alla luce solare e al conseguente minor rilascio nel nostro cervello di serotonina, il cosiddetto “ormone della felicità”. Si tratta di un fenomeno più diffuso di quanto pensiamo, che non interessa solo le regioni del nord Europa (Dam, Jakobsen, Mellerup, 1998). Un’indagine su Twitter condotta attraverso l’analisi di 509 milioni di tweet, ha rivelato che in ben 84 Paesi la minore durata delle ore di luce era associata a tweet dal contenuto emotivo negativo e pessimistico (Golder, Macy, 2011). Il winter blues può persino trasformarsi in Disturbo Depressivo: l’American Psychiatric Association (2014) lo definisce SAD, acronimo di Disturbo Affettivo Stagionale (per coincidenza, in inglese la parola SAD significa per l’appunto “triste”). I sintomi negli esseri umani sarebbero analoghi, per certi versi, a quelli mostrati dagli animali durante il letargo: aumento delle ore di sonno e dell’appetito, minore livello di attività, a cui si aggiungono profondi sentimenti di tristezza, perdita di interesse e piacere per attività solitamente gradite, sentimenti di autosvalutazione e colpa, difficoltà nel pensare e concentrarsi. Questi sintomi riguarderebbero i periodi più freddi dell’anno, per poi sfumare e addirittura risolversi in primavera (APA, 2014). Se il Disturbo Affettivo Stagionale rappresenta tuttavia una condizione psicopatologica, anche nella popolazione non depressa i picchi di “felicità” percepita sono stati riscontrati proprio nella stagione primaverile (Smith, 1979).

2. Aggressività

Varie ricerche hanno evidenziato lo stretto rapporto esistente tra aumento della temperatura atmosferica e incremento di condotte aggressive individuali e di gruppo (Carlsmith, Anderson, 1979; Craig et al., 2016). I cambiamenti stagionali riguardanti la temperatura ambientale sembrano favorire, infatti, l’irritabilità dell’umore e comportamenti aggressivi, che si tratti di suonare ripetutamente il clacson, generare rivolte contro le ingiustizie sociali, commettere falli in sport di contatto, perpetrare abusi sessuali o crimini violenti (Lauritsen, White, 2014; Craig et al., 2016; Schinasi, Hamra, 2017; Miles-Novelo, Anderson, 2022). In ogni caso, sarebbero le alte temperature ad innescare autentiche escalation antisociali: la calura induce un’emotività ostile (rabbia) a cui fanno seguito pensieri aggressivi, atteggiamenti e piccoli comportamenti “preparatori” (ad esempio, serrare i pugni); da una banale provocazione si può quindi passare all’attacco (Hohm, Wormley, Varnum, 2023).

3. Attività sessuale

Anch’essa mostra un certo grado di stagionalità. Negli USA per esempio, le festività natalizie e l’inizio dell’estate sono i periodi in cui le vendite di profilattici, così come le “prime volte” e le ricerche su Google di materiale pornografico subiscono delle vere impennate (Levin et al., 2002; Markey & Markey, 2013; Wellings et al., 1999). Come si può facilmente immaginare, a tali picchi stagionali ne seguono altri, e di ben altro tipo: aumento delle diagnosi di malattie sessualmente trasmissibili e dei tassi di aborto proprio nei mesi successivi al Natale o al termine dell’estate (Herold et al., 1993; Schroeder et al., 2001). È stato rilevato che persino il tasso di natalità è soggetto a fluttuazioni stagionali: nel Nord del mondo i bebé vengono alla luce prevalentemente in estate, mentre al Sud in autunno. Questi dati suggeriscono che, nei Paesi dell’emisfero australe, i concepimenti siano avvenuti più probabilmente in autunno e inverno (Martinez-Bakker et al., 2014).

4-5. Comportamento alimentare ed esercizio fisico

È noto che l’aumento ponderale sia un “frutto di stagione” tipicamente invernale: nei mesi più freddi, infatti, aumentano le calorie ingerite e diminuisce il coinvolgimento in attività fisiche e sportive (Crane et al., 2019). Come rileva uno studio condotto su Twitter, la primavera rappresenta per molti il periodo migliore per perdere peso: al termine della stagione fredda, il sentimento di insoddisfazione per la propria immagine corporea motiva un’abbondante fetta di popolazione mondiale (circa 206 milioni di persone, principalmente maschi in sovrappeso) a seguire una dieta e praticare attività fisica (Griffiths et al., 2021; 2022). Alcuni meccanismi biologici sembrano essere alla base di questo tipo di comportamenti: la calura estiva faciliterebbe la percezione di sazietà nei pasti, mentre più elevati tassi di umidità la ritarderebbero (Okada, 2018). Altri studi considerano le variazioni stagionali nel comportamento alimentare come esito di un adattamento ancestrale all’ambiente: la minore disponibilità di cibo in inverno, unita all’impatto di un climi piuttosto rigidi, induceva i nostri antenati a ritirarsi in luoghi più “vivibili”, riducendo l’attività fisica e aumentando le calorie ingerite (Hohm, Wormley, Varnum, 2023).

6. Comportamenti altruistici

Si tratta di aspetti del funzionamento psicologico umano legati non a variazioni stagionali in senso meteorologico, ma a pratiche e rituali tipici di alcune stagioni. Un esempio? Il cosiddetto “effetto Natale”. Le festività natalizie enfatizzano per tradizione valori di solidarietà, perdono, condivisione e vicinanza, anche grazie all’azione di martellanti campagne pubblicitarie. Il risultato? Un aumento delle donazioni caritatevoli del 14% nel solo mese di Dicembre e un incremento delle mance destinate ai camerieri di circa il 4% (Ekström, 2018; Greenberg, 2014). Non solo, il malessere cagionato dalla calura sembra attivare stati d’animo negativi (stress, irritabilità, rabbia) in grado di dissuadere gli individui dalla messa in atto di comportamenti di aiuto (Belkin, Kouchaki, 2017).

7. Prestazioni cognitive

Le capacità di attenzione, concentrazione e memoria a breve termine sembrano brillare nei mesi invernali più che in quelli primaverili. I solstizi invernale ed estivo si rivelano i periodi dell’anno in cui si raggiungono picchi massimi di prestazioni cognitive, soprattutto nella popolazione under 30 (Meyer et al., 2016). Se non più intelligenti, dunque, alcuni di noi possono sperare di risultare per lo meno più efficienti in alcuni mesi dell’anno.

Cosa ci dicono i cambiamenti stagionali

In conclusione, le stagioni costituiscono una fondamentale fonte di variabilità nel modo in cui le persone pensano, sentono e agiscono (Hohm, Wormley, Varnum, 2023).

Esse rappresentano per gli esseri umani molto più di semplici fatti meteorologici: sin dalle epoche ancestrali, apportano mutamenti nell’ambiente, nella cultura, nella genetica, nel nostro modo di agire e percepire la realtà. Anno dopo anno, il loro silenzioso e lento ritorno ci ricorda che siamo fatti di corpo, psiche e natura.

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Anna Boccaccio
Anna Boccaccio

Redattrice di State of Mind

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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