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Gioco d’azzardo patologico, comorbilità e meta-cognizione

Qual è il ruolo della metacognizione e del pensiero desiderante nel gioco d'azzardo patologico e nelle sue comorbilità?

Di Francesco Loffredo

Pubblicato il 07 Set. 2023

Gioco d’azzardo patologico

Il gioco d’azzardo patologico (GAP) è un disturbo progressivo e cronico, categorizzato nel DSM 5 nella sezione “Disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction”. È caratterizzato da compromissione clinicamente significativa in termini di bisogno di quantità crescenti di denaro, irrequietezza e irritabilità, ripetuti sforzi infruttuosi per controllare, ridurre o smettere di giocare, preoccupazione per il gioco e pensieri persistenti, gioco come strategia di coping per senso di colpa o ansia, rincorrere le perdite giocando ancora, comportamenti ingannevoli per nascondere le perdite, difficoltà relazionali, lavorative o scolastiche.

Dagli anni 2000 in poi, grazie a pionieri come Kimberly Young (1999), si è molto parlato delle cosiddette “nuove addiction”, riferendosi con questo termine a tutte quelle forme di dipendenza legate a comportamenti più che a sostanze, come le dipendenze relazionali, da internet o da gaming, solo per citarne alcune. Nonostante le numerose recenti ricerche rispetto alle nuove addiction, il gioco d’azzardo patologico è l’unica dipendenza non correlata a sostanze ad oggi ufficialmente riconosciuta all’interno del manuale dell’American Psychiatric Association (APA, 2014). Nel manuale si è fatto riferimento anche al Gaming Disorder, ma solo nella sezione “Condizioni che necessitano di ulteriori studi”.

Il costo socioeconomico del gioco d’azzardo patologico è legato alla salute fisica e mentale dei giocatori e dei loro familiari, a problemi legali e finanziari (bancarotta, prestiti, atti illegali,..) e a problemi interpersonali, tra cui violenza domestica, trascuratezza (Mansueto et al., 2016).

Gioco d’azzardo e comorbilità

Il gioco d’azzardo patologico si manifesta con un’alta percentuale di comorbilità, soprattutto con depressione, disturbi d’ansia, disturbo bipolare, disturbi di personalità, abuso di alcol, sostanze e nicotina (Petry, 2005). Recentemente, diversi studi riportano come la prevalenza del gioco d’azzardo patologico tra i pazienti dei reparti di psichiatria tenda ad aggirarsi tra il 6,7 e il 12% (Johansson et al., 2009; Raylu e Oei, 2002). Mansueto e colleghi (2016), inoltre, hanno mostrato una relazione tra gravità del gioco d’azzardo patologico e comorbilità. Pare, infatti, che un maggior livello di comorbilità dei disturbi mentali, soprattutto depressione e disturbi d’ansia, sia correlato ad una maggiore gravità dei sintomi da gioco d’azzardo.

La metacognizione nel gioco d’azzardo patologico

Nonostante gli evidenti costi socioeconomici del gioco d’azzardo patologico e i dati riportati nel paragrafo precedente, esiste ancora poca letteratura sul trattamento più efficace per i giocatori d’azzardo con comorbilità.

Sappiamo, tuttavia, che la terapia metacognitiva (MCT) sviluppata da Wells costituisce un approccio promettente alla terapia dei giocatori d’azzardo, in quanto sembra che i malfunzionamenti nella metacognizione siano associati a numerosi problemi psicologici, come depressione, disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, dipendenza da alcol e nicotina, e PTSD.

La metacognizione viene definita come l’insieme di credenze nei confronti della cognizione e le relative strategie di controllo della stessa (Caselli et al., 2018) e rappresenta il nucleo centrale del modello metacognitivo della psicopatologia (Wells e Matthews, 1994; 1996).

Il costrutto della metacognizione comprende due tipi di metacredenze: positive (MCP) e negative (MCN).

Le prime riguardano le credenze circa i vantaggi nell’attuare alcuni comportamenti. Nel caso del gioco d’azzardo, un esempio di metacredenza positiva è: “Giocare mi permette di non pensare ai miei problemi”; in questo caso, la metacredenza positiva consiste nel considerare il gioco come comportamento vantaggioso per la regolazione emotiva.

Le metacredenze negative, invece, si suddividono a loro volta in due tipologie: metacredenze negative di incontrollabilità e metacredenze negative di pericolosità dei propri pensieri. Possono essere esemplificate, rispettivamente, in questo modo: “Non è possibile per me smettere di pensare di giocare” e “Se continuo a pensare al gioco e/o a giocare in questo modo impazzirò”. In particolare, relativamente al gioco d’azzardo, si è visto come siano principalmente le metacredenze negative di incontrollabilità/pericolo e le credenze sul bisogno di controllare i propri pensieri a predire i comportamenti di gioco d’azzardo in modo indipendente da ansia e depressione (Mansueto et al., 2016; Caselli et al., 2018). In un lavoro di Caselli e colleghi (2018) si notava come la severità dei sintomi da gambling addiction (ovvero GAP) correlasse positivamente con la presenza di metacredenze negative.

È interessante notare che la relazione tra fattori metacognitivi e gioco d’azzardo patologico è stata spiegata dai disturbi psicologici concomitanti: alti livelli di distorsioni metacognitive sarebbero associati ad un aumento dei disturbi mentali in comorbidità che, a loro volta, sono predittori di alti livelli di gioco d’azzardo patologico (Mansueto et al., 2016).

Pensiero desiderante e flessibilità psicologica: altri due costrutti importanti nel gioco d’azzardo patologico

Altro costrutto interessante che potrebbe influire sul gioco d’azzardo patologico è il pensiero desiderante, definito come un processo cognitivo volontario che consiste in una elaborazione verbale ed immaginativa di un target (o esperienza) desiderato. Sembra, infatti, che il pensiero desiderante influisca sull’incremento e la persistenza del craving, ovvero del desiderio impulsivo del comportamento da dipendenza, rappresentato in questo caso dal gioco d’azzardo (Green, Rogers, & Elliman, 2000; Kavanagh et al., 2009; Tiffany, 1990).

Mansueto, Sassaroli e colleghi (2019) hanno analizzato l’associazione tra il pensiero desiderante (DT, Desire Thinking) e svariate forme di addiction, tra cui utilizzo di alcol e nicotina, gioco d’azzardo, uso problematico di Internet. Questo studio, non solo ha dimostrato la possibile correlazione tra pensiero desiderante e dipendenze, ma ha permesso anche di ipotizzare che interventi mirati a ridurre il pensiero desiderante possano fornire un valido aiuto nel trattamento delle dipendenze.

Il modello ACT (Acceptance and Commitment Therapy), da cui è stato sviluppato il concetto di flessibilità psicologica, sottolinea la necessità di essere flessibili di fronte agli eventi esterni ed interni, indipendentemente dalla loro natura piacevole, spiacevole o neutra. La flessibilità psicologica può essere quindi definita come l’abilità di mantenersi pienamente in contatto con il momento presente, con i pensieri e le emozioni implicate senza difese o evitamenti, e conseguentemente mantenere o modificare il proprio comportamento al fine di perseguire i propri obiettivi e valori. Al contrario, l’inflessibilità psicologica implica la pura reazione comportamentale dominata da pensieri rigidi ed evitamento esperienziale (Hayes et al., 2006).

Ecco il collegamento tra questo secondo costrutto e il gioco d’azzardo patologico: l’evitamento costituisce il nucleo centrale di un largo spettro di problematiche psicologiche, tra cui le dipendenze. La letteratura ci mostra come l’uso di una sostanza tenda ad essere evocato da stressor psicologici, soprattutto per chi utilizza l’evitamento delle emozioni come strategia di coping e si aspetta che la sostanza diminuisca l’emozione negativa (Cooper, Russell, Skinner, Frone, & Mudar, 1992). Pertanto, una delle ipotesi del presente studio è che anche il gioco d’azzardo patologico (nonostante si tratti di una dipendenza senza sostanze) possa avere dei legami con i livelli di flessibilità psicologica della persona.

La ricerca

Ipotesi

Visti i risultati degli studi di cui sopra, l’obiettivo dello studio presentato al Forum della Ricerca in Psicoterapia (Studi Cognitivi – Riccione, 2021) è stato quello di esplorare il ruolo della metacognizione e del pensiero desiderante sull’azzardo patologico e sulle comorbilità psicologiche precedentemente citate.

In particolare, si ipotizzava che i giocatori patologici mostrassero maggiori sintomi psicopatologici, livelli più alti di distorsioni metacognitive ed una maggiore tendenza al pensiero desiderante e all’inflessibilità psicologica rispetto alla popolazione generale.

Materiali e metodi

Sono stati reclutati in totale 103 soggetti maggiorenni (età compresa tra 21 e 74 anni, età media = 46,76 anni), senza patologie neurologiche pregresse, che sono stati divisi in due campioni, uno clinico ed uno di controllo. Sono stati raccolti i dati per 39 soggetti con gioco d’azzardo patologico e dai 64 soggetti appartenenti alla popolazione generale sono stati selezionati 39 soggetti appaiabili ai 39 gamblers per un confronto a coppie.

I giocatori d’azzardo patologici erano afferenti ai servizi pubblici per l’intervento sulle dipendenze del Nord Italia.

Per misurare tipologia e gravità del gioco d’azzardo patologico è stato utilizzato il South Oaks Gambling Scale (SOGS), mentre comorbilità con disturbi psicopatologici e distorsioni metacognitive sono state indagate, rispettivamente, tramite SCL-90-R e Metacognition Questionnaire – 30 (MCQ-30); infine, per flessibilità psicologica e pensiero desiderante sono stati impiegati l’Acceptance and Action Questionnaire – II (AAQ-II) e Desire Thinking Questionnaire.

Risultati

Sintomi psicopatologici

Da un primo confronto tra gruppo clinico e di controllo rispetto ai punteggi dei singoli test e delle loro sottoscale, si nota come il gruppo di giocatori d’azzardo mostri una sintomatologia generale più elevata (GSI p<.05). In particolare, i giocatori d’azzardo mostrano maggiori sintomi di tipo ossessivo-compulsivo (O-C p<.05), di sensibilità interpersonale (INT p<.05), depressione (DEP p<.05) e ansia (ANX p<.05), nonché psicoticismo (PSY p<.05) e disturbi del sonno (SLEEP p<.05). Altro dato importante da sottolineare: nella popolazione generale le medie dei punteggi in tutte le sottoscale dell’SCL-90 sono maggiori di 1.

Distorsioni meta-cognitive

Nei punteggi del test MCQ30 emergono differenze significative tra i due gruppi nelle sottoscale “fiducia nelle proprie capacità cognitive” (CC p<.05) e “bisogno di controllo dei pensieri” (NC p<.05) ma non nelle altre sottoscale. È da notare come, anche in questo caso, le medie del campione di popolazione generale siano globalmente alte, andando spesso a sovrapporsi con i cut-off delle stesse sottoscale.

Flessibilità psicololgica e pensiero desiderante

Al test Acceptance and Action Questionnaire-II, che misura l’inflessibilità psicologica, i punteggi dei giocatori d’azzardo risultano significativamente più elevati rispetto a quelli della popolazione generale (AAQ p<.05).

Al Desire Thinking Questionnaire i punteggi medi delle tre sottoscale risultano significativamente più alti nei giocatori d’azzardo rispetto alla popolazione generale (DTQ-VP, DTQ-IP, DTQ-TOT p<.05).

Gamblers “più gravi” VS Gamblers “meno gravi”

Come ci si poteva aspettare, i due gruppi differiscono significativamente nel punteggio al SOGS, che misura appunto la presenza e la gravità di comportamenti da gioco d’azzardo. Per analizzare più a fondo le caratteristiche del campione di giocatori, si è scelto di sfruttare il secondo indice misurato dal questionario, ossia quello della gravità: in base ai punteggi del SOGS è stato possibile distinguere il campione clinico in due sottogruppi, denominati rispettivamente gamblers “più gravi” (Pt. SOGS 10-11) e “meno gravi” (Pt. SOGS 0-9). Dal confronto effettuato in base all’indice di gravità della sintomatologia è emerso quanto segue:

  • In primo luogo, troviamo differenze significative in svariate sottoscale dell’SCL-90, tra cui sensibilità interpersonale (INT p<.05), ideazione paranoide (PAR p<.05), psicoticismo (PSY p<.05) e disturbi del sonno (SLEEP p<.05);
  • Inoltre, i punteggi del Desire Thinking Questionnaire sono significativamente differenti sia nell’indice generale (DTQ-TOT p<.05), sia per quanto riguarda la sottoscala “Prefigurazione immaginativa” (DTQ-IP p<.05).

Sembrerebbe quindi che, all’interno del gruppo di giocatori d’azzardo, la maggior gravità del disturbo sia collegata a maggiori problemi interpersonali, maggiori disturbi del pensiero come ideazione paranoide e psicoticismo, maggiori problematiche del sonno, maggiore tendenza all’immaginazione di situazioni di gioco d’azzardo e maggior livello di pensiero desiderante rispetto ai giocatori d’azzardo con minor gravità sintomatologica.

Discussione

I risultati della ricerca sembrano suggerire, in linea con la letteratura e in particolare con il lavoro di Mansueto e colleghi (2016), che i giocatori d’azzardo patologici si distinguano dalla popolazione generale per maggiore presenza di disturbi psicologici in comorbilità, quali ansia, depressione, sintomi ossessivo-compulsivi, difficoltà interpersonali, psicoticismo e disturbi del sonno.

Per quanto riguarda le variabili psicologiche prese in considerazione, i soggetti con gioco d’azzardo patologico mostrano una minor fiducia nelle proprie capacità cognitive, un maggior bisogno di controllo dei pensieri, nonché un maggior livello di inflessibilità cognitiva e di pensiero desiderante sia di tipo verbale che di tipo immaginativo.

I risultati del confronto tra giocatori d’azzardo in base alla gravità della sintomatologia possono essere così sintetizzati: più grave è la sintomatologia del gambling, maggiori sono i sintomi cognitivi e relazionali per i pazienti. Questo porterebbe ad ipotizzare che la gravità di una dipendenza da gioco d’azzardo sia correlata ad un aggravamento più che altro di sintomi di tipo cognitivo. In sostanza, la gravità del disturbo implicherebbe disturbi del pensiero più gravi.

Senza dubbio uno dei risultati che stupisce maggiormente, e che più si discosta dai risultati di lavori precedenti di Mansueto (2016), Caselli (2018) e colleghi, è l’assenza di differenze significative per quanto riguarda i livelli di meta-credenze positive e negative non solo tra gruppo clinico e gruppo di controllo, ma anche tra i due sottogruppi di giocatori “più gravi” e “meno gravi”.

Questi punteggi potrebbero essere spiegati attraverso due ipotesi principali:

  • La ricerca è stata condotta in un momento storico caratterizzato dall’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19. Un recente studio del 2020 di Tian e colleghi ha esaminato la sintomatologia psicologica nella popolazione cinese nella prima fase di lockdown generale tra gennaio e febbraio 2020, proprio con il test SCL-90, trovando che dei 1060 partecipanti, più del 70%, presentava livelli di sintomi psicologici da moderati ad alti, tra cui in particolare sintomi ossessivo-compulsivi, sensibilità interpersonale, ansia fobica e psicoticismo; in linea con quanto emerso in questo studio, i punteggi del gruppo di controllo nel test SCL-90 (punteggi medi superiori ad 1 in tutte le sottoscale, incluso l’indice globale) sembrano evidenziare la presenza di un elevato livello di sintomatologia psicologica anche nel nostro campione non clinico, cosa che potrebbe spiegare, almeno in parte, l’assenza di differenze significative tra gruppo di controllo e gruppo clinico per quanto riguarda i punteggi relativi alle metacredenze positive e negative; a sostegno di questa ipotesi, in letteratura è stato rilevato un collegamento tra sintomi psicopatologici (quali depressione, disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo) e credenze metacognitive disfunzionali (Wells, 2009).
  • La seconda ipotesi che potrebbe spiegare la mancanza di differenze significative nei punteggi relativi a metacredenze positive e metacredenze negative tra i due campioni è che i soggetti gioco d’azzardo patologico del campione clinico fossero soggetti già afferenti a servizi per le dipendenze in un periodo storico caratterizzato da restrizioni e chiusure dovute alla pandemia di Covid-19, in cui molti servizi per il gambling hanno visto una grave riduzione di accessi. È indubbio che l’emergenza Covid abbia allontanato molti giocatori dai servizi, pertanto è plausibile che quelli rimasti agganciati alle strutture fossero persone con percorsi già avviati da tempo e molto motivati al cambiamento; non è da escludere, quindi, che pazienti di questo tipo avessero già in parte lavorato nella direzione di una modifica delle proprie credenze metacognitive disfunzionali. Sarebbe sicuramente interessante un approfondimento della letteratura per argomentare o confutare questa ipotesi.

Conclusioni

Criticità della ricerca

La presente ricerca riporta alcune criticità. Prima di tutto, l’ampiezza dei campioni risulta limitata, soprattutto per quanto riguarda il gruppo di controllo. Un ampliamento del numero dei soggetti presi dalla popolazione generale avrebbe permesso di ottenere un miglior appaiamento tra soggetti per età e scolarità.

Inoltre, è probabile che il periodo storico (Covid-19) abbia influito sia sul reclutamento dei giocatori sia sulle caratteristiche dei soggetti della popolazione generale. Le restrizioni della pandemia, infatti, hanno con ogni probabilità non solo diminuito gli accessi ai SerD pubblici, (con ovvie conseguenze sull’accessibilità dei soggetti per il reclutamento), ma anche aumentato la sintomatologia psicologica nella popolazione generale.

Prospettive future

In prospettiva futura sarebbe auspicabile un ampliamento non solo del gruppo non clinico, ma anche del campione di giocatori d’azzardo, reclutando soggetti anche ad un primo accesso ai servizi e confrontandoli con quelli che hanno iniziato un percorso già da qualche mese. Inoltre, potrebbe essere utile anche chiedere maggiori informazioni anagrafiche come lo stato civile, la cittadinanza o la modalità di accesso ai servizi per analizzare meglio l’influenza di questi fattori su gravità dei sintomi e caratteristiche psicologiche metacognitive.

Sarebbe inoltre interessante approfondire l’eventuale influenza della situazione pandemica sugli aspetti sintomatologici ed anche sul funzionamento metacognitivo sia della popolazione generale sia della popolazione clinica con gioco d’azzardo patologico, ed eventualmente ripetere questa indagine in un periodo storico diverso da quello della pandemia.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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