
La Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS) è un disturbo psicosomatico gastrointestinale basato sulla connessione diretta fra cervello e intestino. In che modo la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT) si è rivelata efficace?
Una recente revisione della letteratura (Sugaya et al., 2021) ha sistematizzato i meccanismi e le procedure specifiche attraverso cui la terapia cognitivo comportamentale (CBT) otterrebbe un effetto positivo sul trattamento della sindrome dell’intestino irritabile (IBS).
Che cos’è la Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS)
La Sindrome dell’Intestino Irritabile (IBS) è uno dei disturbi funzionali gastrointestinali più comuni, al punto che le ricerche ne stimano la prevalenza al 5-10% nella popolazione generale (Palsson et al., 2016). Per darne una definizione diagnostica (Drossman, 2016), si tratta di un ricorrente dolore addominale che, in media, si verifica per almeno un giorno a settimana nel corso degli ultimi tre mesi e che, in associazione, presenta almeno due delle seguenti tre anomalie:
- Legate alla defecazione;
- Cambiamento nella frequenza della defecazione;
- Cambiamento nell’aspetto delle feci.
A livello patogenetico e fisiopatologico, i fattori alla base dell’origine e del processo di questo disturbo sono molteplici e di varia natura:
- Anomalie nella motilità gastrointestinale;
- Abbassamento della soglia sensoriale gastrointestinale;
- Alterazioni psicologiche, come ansia o depressione.
Ognuno di essi costituisce un’alterazione nella funzionale relazione tra cervello e intestino. Poiché la sindrome dell’intestino irritabile è un disturbo psicosomatico gastrointestinale che spesso si sviluppa con lo stress, è importante trattarlo sia dal punto di vista fisico che mentale (Fukudo et al., 2021). Le linee guida, infatti, suggeriscono l’utilizzo di terapie psicologiche per i pazienti che non rispondono alla terapia farmacologica standard (Hookway et al., 2015). Anche se molteplici sono gli interventi psicologici rivelatisi efficaci nella cura dell’IBS (esercizi di rilassamento, ipnosi, psicoterapia psicodinamica; Ford et al., 2019), quello cognitivo-comportamentale (CBT) è stato quello più studiato per il trattamento di questa patologia (Sugaya et al., 2021).
Il protocollo cognitivo-comportamentale
Dal momento in cui gli studi riportano che i pensieri e i comportamenti associati ai sintomi dell’IBS sono legati a emozioni negative, prime fra tutte ansia e depressione (Sugaya et al., 2012; Windgassen et al., 2019), la CBT è stata più volte testata rispetto alla capacità duplice di accertare i target comportamentali e di ristrutturare le basi cognitive associate ai sintomi. Come enucleato da Toner (et al., 1998), il principale obiettivo della CBT nel trattamento dell’IBS è quello di intervenire sul modo in cui il paziente vede il suo disturbo attraverso un processo a tre fasi:
- Riformulare la sua visione dell’IBS da una prospettiva impotente e senza speranza ad una fiduciosa e agente, dove il paziente sente di avere il controllo sui sintomi;
- Identificare la relazione tra pensieri, sentimenti, comportamenti e sintomi, al fine di comprendere come le cognizioni abbiano un ruolo determinante nel causare le reazioni emotive e comportamentali tipiche dell’IBS;
- Individuare e implementare strategie di coping più efficaci per migliorare la qualità di vita.
Messaggio pubblicitario A giustificare l’utilità clinica di queste procedure è il fatto che, come evidenziato da una recente meta-analisi (Sarter et al., 2021), le caratteristiche cognitivo-emotive dei pazienti con IBS prima del trattamento (come comorbidità con disturbi dell’umore o disturbi d’ansia, catastrofizzazione dei sintomi, rimuginio, tendenza ad amplificare le percezioni somato-sensoriali, scarsa accettazione dei sintomi e basso senso di autoefficacia) sono in grado di predire gli esiti terapeutici negativi dei pazienti con IBS. Pertanto, accertare e riformulare il funzionamento psicologico che fa da fattore di vulnerabilità e di mantenimento alla cronicità della sintomatologia IBS è fondamentale. Per far ciò, la CBT utilizza un ampio armamentario di tecniche terapeutiche (Lackner et al., 2019).
Tecniche cognitive
La psicoeducazione informerebbe il paziente circa i meccanismi di interazione cervello-intestino e le strategie per la prevenzione delle ricadute. Parallelamente, il controllo della preoccupazione e del rimuginio sarebbero utili a sfidare e confutare i modelli di pensiero distorti che li sorreggono
Esposizione
Le tecniche di esposizione si sono rivelate particolarmente adatte ai pazienti che presentano alti livelli di evitamento comportamentale associato ai sintomi IBS (Hesser et al., 2021). L’esposizione enterocettiva consiste nell’invitare il paziente a esporsi ai fastidiosi sintomi addominali che lui stesso ha indotto (ad esempio, stringendo i muscoli addominali o assumendo cibi che andrebbero evitati). Questa tecnica sembra si sia dimostrata efficace nel ridurre l’ansia in risposta al disagio addominale comune nell’IBS (Craske et al., 2011; Kawanishi et al., 2017). Attraverso questa procedura, infatti, il paziente da un lato scoprirebbe di avere il controllo sui sintomi temuti, perché può crearli da solo, dall’altro comprenderebbe che tali sintomi non portano per forza alle conseguenze catastrofiche immaginate.
Gestione dello stress
La CBT utilizza strategie di problem solving flessibile che aiutano il paziente a sviluppare modalità più efficaci per gestire i fattori di stress in modo realistico e non catastrofizzante. In questa direzione, l’auto-monitoraggio gastrointestinale può essere utile nella fase iniziale per accertare razionalmente i sintomi, i loro antecedenti (triggers) e le loro conseguenze emotive e comportamentali.
Mindfulness
Praticare esercizi di mindfulness insegnerebbe al paziente ad accettare le emozioni negative che conseguono l’insorgenza dei sintomi gastrointestinali, senza cercare di eliminarle in maniera evitante e controproducente (Billones e Saligan, 2020).
Conclusioni
Le considerazioni formulate rinnovano la comprovata efficacia della CBT nel trattamento dell’IBS. Recenti studi, affermando che la CBT avrebbe un effetto diretto sui sintomi gastrointestinali dell’IBS, in modo indipendente dall’effetto sortito sul disagio psicologico del paziente, suggeriscono che è la riduzione della sintomatologia IBS a migliorare il malessere psicologico, piuttosto che viceversa (Lackner et al., 2007). Allo stesso modo, i risultati di una recente meta-analisi a proposito degli effetti della CBT sul trattamento IBS hanno ugualmente riportato una maggiore efficacia della psicoterapia sui sintomi addominali rispetto a quelli psicologici (Radu et al., 2018). In questo senso, è interessante notare come l’intervento cognitivo e comportamentale nel funzionamento della patologia IBS promosso dalla CBT possa contribuire al miglioramento dei sintomi addominali attraverso il coinvolgimento diretto nel processo di correlazione cervello-intestino alla base dell’IBS, alleviando così il disagio psicologico ansioso e depressivo (Sugaya et al., 2021).
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