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La teoria della mente nei sex offender

Valutando la natura dei loro reati sessuali, si potrebbe ipotizzare che i sex offender soffrano di problemi di prospettiva e di empatia

Di fluIDsex, Greta Riboli, Giulia Colombo, Rosita Borlimi

Pubblicato il 14 Set. 2022

Aggiornato il 15 Set. 2022 14:08

Eventuali deficit della teoria della mente possono causare menomazione nell’impiego dei normali processi empatici che governano la generazione di una risposta affettiva ed empatica, che potrebbe in parte spiegare il comportamento dei sex offender.

 

I reati a sfondo sessuale e i sex offender

 Nel corso della storia dell’umanità, ogni società ha sviluppato la differenza tra i comportamenti sessuali accettabili e i comportamenti sessuali inaccettabili, o meglio definiti “devianti”. Essendo ogni società e cultura unica nel suo genere, il concetto di “comportamento deviante” può differire notevolmente (Saleh et al., 2021).

Per quanto concerne i reati a sfondo sessuale, il “comportamento deviante” messo in atto da un soggetto verso la propria vittima, corrisponde per quest’ultima alla percezione soggettiva di sentirsi invasa nella propria intimità. Da qui la definizione di sex offender inteso come colui che intraprende un’azione o un comportamento a sfondo sessuale ai danni di una persona non consenziente (Petruccelli, 2017).

Questi soggetti hanno delle fantasie sessuali devianti che muovono la messa in atto dei loro comportamenti, che possono essere istintivi o premeditati. All’interno della macrocategoria dei sex offender, vi sono delle sottocategorie che dipendono da più fattori: dalla tipologia di parafilia, dalla tipologia di vittima che suscita il desiderio sessuale, dalla tipologia di comportamento adottato o strategia prescelta.

La letteratura suggerisce che i criminali sessuali hanno difficoltà a stabilire relazioni intime adulte soddisfacenti, non sono in grado di gestire in modo funzionale le relazioni interpersonali, non riescono a far fronte a eventi stressanti e hanno anche problemi di regolazione emotiva. Questa disregolazione emotiva emerge particolarmente durante l’atto, dove il soggetto dimostra verso la vittima una serie di caratteristiche standardizzate, come il disimpegno morale e scarse capacità empatiche (Saleh et al., 2021). Queste caratteristiche sono tipiche anche della condotta antisociale, che tuttavia mostra livelli di disimpegno morale legati a livelli psicopatici; mentre i sex offender risultano essere maggiormente egoisti, insensibili e con un livello di rimorso e senso di colpa molto inferiore nei confronti delle loro vittime (Petruccelli, 2017).

Dunque, valutando la natura dei loro reati sessuali, si potrebbe ipotizzare che i sex offender soffrano di problemi di prospettiva e di empatia. Sulla base di uno sviluppo errato della prospettiva, che impedisce ai soggetti di comprendere l’intenzionalità delle loro vittime, e di un mancato potenziamento delle capacità empatiche, si potrebbe risalire a una compromissione della teoria della Mente (Theory of Mind [ToM]; Varker et al., 2008).

La teoria della mente nei sex offender

La teoria della mente è la capacità di riconoscere gli stati mentali e di comprenderne la natura soggettiva. Questa abilità si sviluppa in maniera stadiale durante l’infanzia. Quindi non è una capacità innata, ma si sviluppa nel corso della crescita dell’individuo, per continuare la sua definizione anche in età adolescenziale e in età adulta (Nolen-Hoeksema et al., 2017). La compromissione della teoria della mente può derivare sia da fattori fisiologici (genetici o organici), quali il ritardo mentale, oppure da fattori ambientali. Questi ultimi possono essere causati dallo sviluppo di un attaccamento insicuro, da un ambiente famigliare o sociale compromesso o inappropriato, o esperienze traumatiche legate a violenze o abusi (Keenan e Ward, 2000). Oltre all’ipotizzata influenza diretta dei deficit sociali sul comportamento criminale, una mancanza di intimità derivante da scarse abilità sociali può causare alti livelli di stress, che a loro volta possono aumentare la probabilità recidiva del sex offender (Elsegood e Duff, 2010). Un ritardo nello sviluppo della teoria della mente, o un suo sviluppo non idoneo, comporta la compromissione della funzione riflessiva della mentalizzazione, ovvero una compromissione nello sviluppo della capacità di rappresentare gli stati psicologici.

 Per stato psicologico si intende l’acquisizione evolutiva che permette al soggetto di comprendere il comportamento degli altri e quindi rispondere in modo adatto; ma riguarda anche la sua percezione dei loro sentimenti, credenze, speranze e aspettative, ecc. (Lecce et al., 2010). Quindi eventuali deficit della teoria della mente possono causare anche menomazione nell’impiego dei normali processi empatici che governano la generazione di una risposta affettiva ed empatica: vi è quindi una menomazione nel comprendere gli stati mentali altrui (Keenan e Ward, 2000). Queste menomazioni possono essere meglio definite come “distorsioni cognitive”.

La distorsione cognitiva viene definita come i processi interni, come ad esempio le giustificazioni, le percezioni o i giudizi, che i criminali a sfondo sessuale utilizzano per razionalizzare i loro comportamenti nei confronti delle vittime. La funzione di queste distorsioni è quindi quella di giustificare l’abuso senza sentirsi paralizzati dal senso di colpa, dall’ansia o dall’abbassamento di autostima, che potrebbe accadere nel momento in cui avviene il riconoscimento di aver violato le norme sociali (Abel et al.,1987).

Risulta che le distorsioni cognitive vadano a dare un contributo significativo al processo offensivo che caratterizza una molestia sessuale, permettendo al colpevole di percepire l’abuso come consensuale o innocuo (Ward e Keenan, 1999) e rifiutare le informazioni o i comportamenti che potrebbero contraddire la loro percezione. Inoltre, queste distorsioni possono permettere di confondere i segnali di affetto o cortesia con segnali di interesse sessuale (Elsegood e Duff,2010).

Prospettive future

In letteratura non c’è una chiara evidenza di una correlazione tra il deficit delle abilità della ToM e la criminalità. Per questa ragione, i deficit della ToM nei sex offender non possono spiegare né la genesi né il mantenimento dell’abuso sessuale stesso e di tutti gli elementi che lo determinano: tuttavia, per gli aggressori possono essere dei bisogni criminogeni, che possono contribuire al loro rischio di commettere il reato (Elsegood e Duff, 2010).

Sono quindi necessarie ulteriori ricerche sulle abilità della teoria della mente dei sex offender. In particolar modo sarebbe utile individuare quali deficit siano specifici dei crimini sessuali, piuttosto che essere caratteristici per tutti i criminali (Castellino et al., 2011).

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Abel, G. G., Becker, J. V., Mittelman, M., Cunningham-Rathner, J., Rouleau, J. L., & Murphy, W. D. (1987). Self-Reported Sex Crimes of Nonincarcerated Paraphiliacs. Journal of Interpersonal Violence, 2(1), 3–25.
  • Castellino, N., Bosco, F. M., Marshall, W. L., Marshall, L. E., & Veglia, F. (2011). Mindreading abilities in sexual offenders: An analysis of theory of mind processes. Consciousness and Cognition, 20(4), 1612–1624.
  • Elsegood, K. J., & Duff, S. C. (2010). Theory of Mind in Men Who Have Sexually Offended Against Children: A U.K. Comparison Study Between Child Sex Offenders and Nonoffender Controls. Sexual Abuse, 22(1), 112–131.
  • Keenan, T., & Ward, T. (2000). A Theory of Mind Perspective on Cognitive, Affective, and Intimacy Deficits in Child Sexual Offenders. Sexual Abuse, 12(1), 49–60.
  • Lecce, S., Cavallini, E. e Pagnin, A. (2010). La teoria della mente nell’arco della vita. Bologna: il Mulino.
  • Nolen-Hoeksema, S., Fredrickson, B.L., Loftus, G.R e Lutz, C. (2017). Atkinson & Hilgard’s Introduzione alla psicologia.
  • Petruccelli, I. (2017). Elementi di psicologia giuridica e criminologica. Franco Angeli.
  • Saleh, F.M., Bradford, J.M. e Brodsky, D.J. (2021). Sex Offenders: Identification, Risk Assessment, Treatment, and Legal Issues. New York, NY, US: Oxford University Press.
  • Varker, T., Devilly, G.J., Ward, T., Beech, A.R. (2008). Empathy and adolescent sexual offenders: A review of the literature.
  • Ward, T., & Casey, A. (2010). Extending the mind into the world: A new theory of cognitive distortions in sex offenders. Aggression and Violent Behavior, 15(1), 49–58.
  • Ward, T, Keenant, T. (1999). Child Molesters' Implicit Theories. Journal of Interpersonal Violence, 14(8), 821–838.
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