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Cosa ci piace così tanto dei social network – Psicologia Digitale

Ogni giorno miliardi di persone si connettono a social network. Oltre alle tante funzionalità, quali sono le motivazioni che ci spingono ad utilizzarli?

Di Chiara Cilardo

Pubblicato il 05 Nov. 2021

Il rapporto tra noi ed i social network non è a senso unico: non solo le nostre caratteristiche ma anche le loro specificità ci influenzano.

PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 24) Cosa ci piace così tanto dei social network

 

Perché le persone utilizzano i social network

 Per avere una stima di quanto siano diffusi i social network basta un numero: ad oggi gli utenti attivi sulle piattaforme social superano i 4 miliardi (report We are social, 2021).

Da quando Myspace, Facebook e poi via via tutti gli altri sono approdati sui nostri computer prima e sui nostri smartphone dopo, sono passati più di 10 anni. Nel tempo i social network sono cambiati per aspetto, opzioni, funzionalità, e con tutto questo è mutato anche come li usiamo e perché.

Inizialmente si riteneva che le persone li usassero per rientrare in contatto con vecchi amici, parenti, conoscenti e per trovare possibili partner (per esempio: Gülnar et al., 2010; Nadkarni & Hofmann, 2012); adesso fa sorridere pensarla così, ma se torniamo indietro nel tempo (per chi c’era e può ricordarlo!) possiamo ritrovarci in questa visione.

Mantenere i contatti con amici e familiari però non è bastato. Si è fatta largo la voglia di esprimere opinioni e socializzare con persone nuove con i nostri stessi interessi: dalle ricette alla politica, dalla musica allo sport, condividere punti di vista su specifici argomenti è diventata una funzione importante dei social network.

Bisogni e motivazioni dei social network

Perché li usiamo, quali sono le motivazioni e i bisogni cui i social network assolvono e in definitiva perché i social network ci piacciono così tanto?

In linea generale l’uso dei social network è modulato da differenze individuali e da uno spettro di motivazioni.

Le prime ricerche a riguardo (per esempio: Gülnar et al., 2010; Nadkarni & Hofmann, 2012) suggerivano che l’uso (in particolare di Facebook) è motivato da alcuni bisogni primari: bisogno di appartenenza, di espressione di sé, desiderio di essere parte di una comunità e necessità di estendere la rete delle amicizie. Questi bisogni sono influenzati da fattori demografici e culturali oltre che personali, come timidezza e autostima.

Più recentemente, applicando il modello dei Big Five, è stato indagato come specifici tratti di personalità siano correlati all’uso dei social network (Kircaburun et al., 2020). Come intuibile, persone con tratti di estroversione usano i social media per lo più per mantenere le loro relazioni; chi ha mostrato bassi livelli di coscenziosità tende a volersi esprimere e presentarsi in un certo modo per ottenere più popolarità. Alti tratti di nevroticismo invece sono legati alla visione dei social network come passatempo ed infine alti livelli di apertura all’esperienza sono predittivi di chi li vede come strumento per mantenere relazioni, informarsi e imparare cose nuove.

Alcuni contributi arrivano anche dalle neuroscienze. Diversi autori si sono interessati alla comprensione di quali strutture e processi neurali sono implicati nell’elaborazione degli stimoli presenti nei social network.

Per esempio, il “like”, funzione presente in tutti i social media con piccole variazioni, sarebbe associato al circuito neurale delle ricompense: le specifiche aree cerebrali che rispondono a ricompense primarie e secondarie sarebbero coinvolte anche nell’elaborazione di questi stimoli/feedback che modellano l’apprendimento per rinforzo (Sherman et al., 2018).

Ci sono anche delle differenze tra i diversi social: Instagram e YouTube sono più legati a tempo libero, intrattenimento, una rappresentazione di sé più popolare, Facebook e Twitter al tenersi aggiornati e mostrarsi informati, mentre Whatsapp al mantenimento dei rapporti con le persone che conosciamo (Kircaburun et al., 2020).

Che sia per esprimere le proprie opinioni, tenersi aggiornati o per mantenere i rapporti con i nostri amici, bisogni e motivazioni influenzano la scelta su come e quali social utilizziamo.

Ma il rapporto tra noi ed i social network non è a senso unico: non solo le nostre caratteristiche ma anche le loro specificità ci influenzano. Infatti, il nostro comportamento, i bisogni e le motivazioni sono condizionati dalle digital affordance.

Il modello NAF e le affordance digitali

Le digital affordance possono essere definite come “possibilità di azione offerte dalla tecnologia agli utenti, o le affordance sono ciò che un utente può potenzialmente fare attraverso l’uso della tecnologia” (Karahanna et al., 2018). Analogamente a quelle teorizzate da Gibson nel 1977, anche nel mondo virtuale sono presenti delle affordance, cioè delle proprietà, qualità o funzioni che ci suggeriscono delle azioni: cliccare su “condividi” o su “mi piace” sono delle affordance perché indicano all’utente cosa può fare. Per esempio, le paralinguistic digital affordances (PDA), le affordances digitali paralinguistiche, sono tutti quei simboli e segnali che permettono agli utenti di interagire ed esprimersi in maniera non verbale, come i “like” su Facebook (Hayes et al., 2016). Altre digital affordance sono “iscrivi”, “commenta”, “cerca”, un bottone, un link, insomma qualsiasi elemento che guidi ad una azione; alcune sono comuni a quasi tutti i social (come il “commenta”), altre sono più specifiche (come il pin su Pinterest).

Secondo il modello NAF (need-affordance-features) di Karahanna e colleghi (2018) il motivo fondamentale per cui ci piacciono così tanto i social network è che sono pieni di affordance che soddisfano uno o più bisogni. I bisogni considerati particolarmente rilevanti quando si tratta di social network sono: autonomia, far qualcosa perché si sceglie liberamente di farlo e non per obblighi (sociali, normativi); competenza, sentirsi competenti ed efficaci; il bisogno di ‘avere un posto’, cioè il desiderio di avere un ambiente personale che viene sentito come “proprio”; relazione, il bisogno di sviluppare relazioni interpersonali; il senso di identità che si riferisce all’avere un chiaro e definito senso di sé ed, infine, il bisogno di continuità dell’identità, cioè di avere un senso di sé stabile nel tempo.

Per tradurre tutto questo in un esempio pratico, pubblichiamo quello che ci va quando ci va (autonomia), perché sappiamo usare il mezzo (competenza), sul nostro profilo che possiamo personalizzare come vogliamo (avere un posto), abbiamo un network di contatti (relazione), esprimiamo noi stessi (identità) attraverso contenuti che rimangono nel tempo sul nostro profilo (continuità).

Quindi siamo motivati ad utilizzare le opzioni e le funzioni che ci forniscono affordance che soddisfano questi bisogni.

Non tutti i bisogni sono sempre soddisfatti e non tutte le affordance li soddisfano tutti. Per esempio, si può pubblicare ciò che si vuole nei limiti di ciò che è consentito all’interno del sito; pubblicare contenuti può rispondere al bisogno di esprimere la propria identità ma non a quello di relazione.

In generale, inquadrare meccanismi, bisogni e motivazioni che influenzano gli utenti sui social network è utile per comprendere quali sono le leve che spingono le persone a comportarsi online in un certo modo. Ricordandoci, però, che i social, come qualsiasi strumento, non sono in sé buoni o cattivi: come per tutti i mezzi, dipende dall’uso che se ne fa.

 

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