I bambini reagiscono in modo diversificato all’abuso, in quanto alcuni di essi non mostrano effetti negativi, mentre altri sviluppano gravi sintomi psichiatrici.
Messi Francesca e Miotto Cristina – OPEN SCHOOL Psicoterapia Cognitiva e Ricerca, Mestre
Cosa si intende per abuso infantile?
Per abuso nell’infanzia si intende ogni atto rivolto al minore che può attentare “alla sua integrità corporea, al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino”.
L’argomento dell’abuso nell’infanzia è sicuramente un tema che negli ultimi anni viene altamente trattato e discusso, sia perché si pone una maggiore attenzione nel prevenire i maltrattamenti e le violenze sui bambini sia perché si sta cercando di arginare l’aumento delle false denunce di abusi sessuali sui minori, che portano a conseguenze devastanti, anche dal punto di vista psicologico, nella persona accusata di tali reati.
Nella maggior parte dei casi, l’abuso infantile avviene all’interno delle mura domestiche, e può caratterizzarsi da maltrattamenti fisici, maltrattamenti psicologici, incurie o ipercurie (come la sindrome di Münchausen), e abusi sessuali. Quest’ultimo tipo di abuso infantile può essere a sua volta suddiviso in intra o extrafamiliare, a seconda che l’abusante sia un familiare oppure una persona estranea, e manifesto o mascherato, a seconda che riguardi comportamenti di contatto oppure pratiche genitali inconsuete. Ciò che ha aumentato inoltre l’attenzione su questo argomento, è il crescente aumento degli abusi sessuali di gruppo, volti a minori, soprattutto di sesso femminile, perpetuati solitamente dai coetanei.
Un certo numero di psicologi clinici spesso utilizzano tecniche come l’ipnosi, l’immaginazione guidata o l’interpretazione dei “ricordi del corpo” per aiutare i propri pazienti a recuperare nella memoria i casi sospetti di abuso sessuale infantile. Sebbene queste tecniche abbiano lo scopo di aiutare i propri pazienti, molto spesso vengono creati dei ricordi illusori o false credenze di abuso sessuale.
Quali sono gli effetti dell’abuso sessuale sui minori?
Diverse ricerche suggeriscono che i bambini reagiscono in modo diversificato all’abuso, in quanto alcuni di essi non mostrano effetti negativi, mentre altri sviluppano gravi sintomi psichiatrici (Kendall-Tackett, Williams e Finkelhor, 1993). Inoltre, non è necessariamente detto che i bambini che nell’infanzia non sviluppano una sintomatologia, poi non sviluppino un disturbo psichiatrico in età adulta (Fergusson, Horwood & Lynskey, 1996; Glaser, 1991; Mullen, Martin, Anderson, Romans & Herbison, 1996; Saunders, Kilpatrick, Hansen, Resnick e Walker, 1999; Silverman, Reinherz e Giaconia, 1996; Wido, 1999).
Come per ogni esperienza traumatica, gli effetti sul bambino possono essere mediati dal suo livello di vulnerabilità e di resilienza, oltre che dal suo temperamento, dal suo stile di attaccamento, dal funzionamento dei propri genitori e dalla possibilità di avere o meno le risorse economiche adeguate per poter avviare un trattamento psicoterapeutico. Si può quindi ipotizzare la presenza di 4 diversi gruppi di bambini: quelli che non hanno difficoltà rilevabili a livello di comportamento e non presentano sintomatologia; bambini che presentano alcuni sintomi come disagio emotivo, ansia e bassa autostima; bambini con gravi sintomi psichiatrici come depressione (Shapiro, Leifer, Martone e Kassere, 1990), ansia (Kolko, Moser e Weldy, 1988), comportamento sessualizzato (Friedrich et al., 1992), aggressività (Friedrich, Beilke e Urquiza, 1987), abuso di sostanze (Hibbard, Ingersoll e Orr, 1990), disturbi o distorsioni cognitive (Wolfe et al., 1989); infine bambini che soddisfano i criteri del PTSD, della depressione maggiore, dell’ansia eccessiva e dei disturbi del sonno (McLeer et al., 1992).
L’utilizzo della CBT nell’abuso infantile
Obiettivo della ricerca odierna è di comprendere quale sia la forma di trattamento più efficace nei bambini. Tuttavia, per questa categoria di pazienti è molto complesso comprendere effettivamente se un trattamento risulta efficace o meno in quanto non sono sempre affidabili su quanto viene riportato rispetto ai propri stati mentali. Inoltre, sono in una fase della propria vita in cui le abilità metacognitive sono ancora in fase di sviluppo.
Dalle diverse ricerche è emerso come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) sembri essere la terapia più efficace, in seguito ad esperienze di abuso, nel trattamento dell’ansia e della depressione infantile e nel supporto alla genitorialità, in caso di problemi di aggressività, tramite l’utilizzo del problem solving. Nel 1996 Cohen e Mannarino hanno sviluppato una terapia CBT specifica sul trauma infantile, che si occupa di quattro dinamiche principali: il trauma sessuale, la stigmatizzazione, il sentimento di impotenza e il senso di tradimento. L’intervento con il bambino consiste nell’utilizzo di tecniche di coping, nell’elaborazione di ricordi traumatici e nell’utilizzo della psicoeducazione sull’abuso infantile, la sessualizzazione sana e la sicurezza del corpo. A ciò si aggiungono tecniche cognitivo-comportamentali standard come l’esposizione graduale, la desensibilizzazione sistematica, training di rilassamento e la ristrutturazione cognitiva. L’efficacia di questo approccio specifico viene evidenziata nuovamente rispetto al trattamento dell’ansia, della depressione e dei problemi comportamentali. Inoltre, da uno studio di Deblinger (Deblinger et al., 1996), viene sottolineato come l’intervento cognitivo-comportamentale è ancora più efficace se viene rivolto anche ai familiari e alla comunità.
Il trattamento con Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR)
Molte ricerche empiriche riportano che nel lavoro con i minori vittime di abuso, oltre al trattamento di tipo cognitivo-comportamentale, vi sono altri approcci che risultano efficaci, tra cui l’EMDR (Adler Tapia & Settle 2012, Bisson & Andrew 2007, Bradley et al. 2005, Shapiro 2014, Ribchester et al. 2010, Tarquinio et al. 2012). La terapia EMDR segue un protocollo di otto fasi (Shapiro 2001, 2002, Hasa noviü 2014). Le prime due consistono nel raccogliere la storia del paziente e porre le basi per il trattamento, cercando di creare una buona relazione e definendo gli obiettivi. La terza fase si concentra sui ricordi legati al trauma che sono alla base delle risposte disfunzionali della persona maltratta. Per rendere la terapia maggiormente efficace, il terapeuta deve, innanzitutto, identificare l’evento traumatico che ha posto le basi per la sintomatologia. Il ricordo bersaglio può essere costituito da un’immagine che rappresenta l’esperienza più disturbante, cognizioni negative sul sé attuali (es. “Io sono debole”, “È stata colpa mia”), cognizioni positive desiderate (es. “Sono forte”, “Posso farcela”), emozioni (tipicamente di paura, rabbia e tristezza) e sensazioni fisiche (es. nausea, stanchezza, tensione, che possono accompagnare quel determinato ricordo). Conclusa la fase di assessment, si procede con la quarta fase di elaborazione attiva del trauma (desensibilizzazione), condotta con una serie di movimenti oculari rapidi bilaterali. La quinta fase consiste nell’associare l’immagine del ricordo traumatico, le emozioni e le sensazioni fisiche con lo stato cognitivo positivo desiderato (installazione); segue la fase di consapevolezza delle sensazioni corporee (body scan). Nella settima fase si cerca di eliminare eventuali sofferenze residue, e non appena esse non vengono più segnalate, si conclude il protocollo, stabilizzando il paziente. Al termine, si ripropone una valutazione di follow-up volta ad indagare l’effettivo risultato terapeutico.
Per il trattamento di bambini vittime di traumi complessi il protocollo EMDR (Adler-Tapia & Settle, 2017) è stato lievemente modificato. Per ottenere la remissione dei sintomi e dei disturbi, il trattamento si focalizza sui problemi o sulle preoccupazioni presentate dal bambino, evitando quindi l’elaborazione diretta dei ricordi dell’abuso, in quanto si presuppone che alla base vi siano le sofferenze legate all’evento in sé. Durante il protocollo con i bambini, si propongono diversi disegni e giochi, volti anche alla valutazione del trattamento stesso. Nella fase di preparazione, ad esempio, si chiede al bambino di raffigurare un luogo per lui sicuro. Tale esercizio viene poi utilizzato all’inizio e alla fine di ogni sessione. Di fondamentale importanza è l’alleanza e il coinvolgimento dei genitori, con i quali spesso è opportuno effettuare un lavoro in parallelo. La storia di vita del bambino viene raccolta dal racconto dei genitori, mentre al bambino si chiede di disegnare una linea temporale della sua vita (sotto forma di arcobaleno, sentiero e binario ferroviario), in cui gli viene chiesto di inserire i suoi compleanni, le esperienze di vita più salienti, gli eventi spiacevoli e le esperienze che pensa possano accadere in futuro. Prima di iniziare la fase di desensibilizzazione è importante stabilire con il paziente un segnale di arresto per mettere in pausa i movimenti bilaterali. La valutazione di follow-up consiste nel chiedere al bambino e ai genitori se ci sono stati dei miglioramenti nella sintomatologia rispetto alla seduta precedente.
In letteratura sono state riscontrate differenze significative a favore della terapia EMDR rispetto a quella cognitivo-comportamentale nel migliorare la sintomatologia legata al trauma (Arabia et al. 2011, de Roos et al. 2011, Ironson et al. al. 2002, Jaberghader et al. 2004, Karatzias et al. 2007, Nijdam et al. 2012, Potenza et al. 2002).
L’utilizzo dell’approccio psicodinamico
La psicoterapia di tipo psicoanalitica e psicodinamica ha origini nell’opera di Freud (1856-1939); per l’infanzia e l’adolescenza, questo approccio deriva dall’interesse di Anna Freud e Melanie Klein. Secondo questo approccio, le persone cercano aiuto quando sono in conflitto su aspetti riguardo a se stessi o alle loro relazioni. Generalmente i conflitti derivano da difficoltà relazionali o legate ad esperienze passate (ad esempio, l’abuso sessuale), i quali possono causare ansia o dolore psichico e venire poi esclusi dalla coscienza attraverso l’uso di meccanismi di difesa (Bateman, Brown e Pedder, 2000). La psicoterapia psicoanalitica/psicodinamica tenta di esplorare attraverso il dialogo, il gioco (con bambini più piccoli) e la relazione terapeutica, come le esperienze precedenti vadano ad influenzare pensieri, sentimenti, comportamenti e relazioni attuali (McQueen, Kennedy, Sinason e Maxted,2008). Questa terapia, quindi, mira ad aiutare le persone ad avere una migliore comprensione delle proprie difficoltà inconsce e questo dovrebbe consentire la risoluzione dei loro problemi. L’insight (comprensione consapevole) dei conflitti inconsci è considerato particolarmente importante (Traux e Wittmer, 1973); questa intuizione è acquisita attraverso le interpretazioni del terapeuta sulla base di ciò che racconta e fa il paziente. Questo approccio ritiene che il paziente si comporti inconsciamente con il terapeuta allo stesso modo con cui ha sperimentato alcune sue relazioni (ad esempio, con un genitore o un abusante). Il trasferimento dei sentimenti al terapeuta (transfer) permette a quest’ultimo di ipotizzare quali siano i conflitti inconsci e i meccanismi di difesa messi in atto dal paziente, in modo da aiutarlo a raggiungere una buona consapevolezza degli stessi.
Anche la terapia psicoanalitica/psicodinamica con i minori prevede un lavoro in parallelo con i genitori. Il bambino si esprime attraverso il gioco e il disegno, comunicando attraverso di essi i suoi conflitti inconsci e fornendo al terapeuta una finestra per comprendere ansie, conflitti e difese. In tal senso, sono molto utilizzati i programmi basati sullo psicodramma (MacKay, Gold,e Gold, 1987) e sulla terapia del gioco (Scott, Burlingame, Starling, Porter e Lilly, 2003).
Fino ad oggi, non c’è stata una revisione sistematica di prove di alta qualità (studi controllati randomizzati) sulla psicoterapia psicoanalitica/psicodinamica per bambini e adolescenti che hanno subito abusi sessuali. Questo è in contrasto con una maggiore disponibilità di ricerche relative all’efficacia di altre psicoterapie (soprattutto CBT). Tuttavia, è importante ricordare che negli ultimi anni sono presenti un maggior numero di sperimentazioni, molte delle quali ancora in corso, volte a verificare l’efficacia della psicoterapia psicoanalitica/psicodinamica nel trattamento di bambini e adolescenti (ad es. Goodyer et al., 2011) e adulti che hanno subito abusi sessuali in età evolutiva.
Conclusioni
Gli studi empirici evidenziano una maggiore efficacia della CBT rispetto alle terapie non comportamentali (Kazdin & Weisz, 1998), tuttavia ciò non significa che siano sempre le migliori per tutti i tipi di bambini. È importante sottolineare che le terapie come la psicodinamica, la terapia familiare o i trattamenti di gruppo spesso non godono dello stesso supporto empirico della CBT. Detto ciò, l’efficacia della terapia CBT nell’abuso infantile riguarda soprattutto il trattamento di sintomi di tipo ansioso, depressivo o comportamentali di aggressività. L’esito a lungo termine non è stato ad oggi ancora molto studiato, pertanto non si conosce esattamente il ruolo del trattamento nella prevenzione delle ricadute e nella prevenzione dei sintomi in età adulta. Ciò che emerge dalle ricerche riguarda l’importanza di includere negli studi fin da subito tutti i bambini che hanno sperimentato un abuso nell’infanzia, soprattutto coloro che non presentano sintomatologia. In questo modo si potrebbe determinare se l’intervento precoce, attraverso la psicoeducazione e lo sviluppo di strategie di coping adattive, possa prevenire l’insorgenza di disturbi psichiatrici in età adulta.
Infine, dagli studi in letteratura emerge che le terapie che utilizzano un approccio cognitivo-comportamentale incentrato sul trauma in combinazione con terapie di supporto ed elementi psicodinamici, mostrano i risultati più efficaci nel tempo.