expand_lessAPRI WIDGET

Pensiero consapevole e pensiero automatico – La scelta del cambiamento in psicoterapia

Aprirsi alla possibilità di un cambiamento può essere difficile, come emerge anche in psicoterapia, per cui è importante motivare e rassicurare il paziente

Di Antonio Scarinci, Roberto Lorenzini, Marika Ferri, Stefania Borghetti

Pubblicato il 23 Gen. 2020

Aggiornato il 24 Gen. 2020 11:22

La terapia non dovrebbe essere mirata a togliere i comportamenti sintomatici, che comunque sono il modo in cui il paziente è riuscito a cavarsela finora, quanto piuttosto ad un cambiamento che permetta di aggiungere nuove possibilità, nuove strategie in modo che aumentino i gradi di libertà e il paziente non sia costretto a fare solo come ha sempre fatto, ma possa scegliere se farlo o no avendo altre opzioni.

Il presente contributo è il quinto di una serie di articoli sull’argomento. Pubblicheremo i successivi contributi nei prossimi giorni. Nel presente articolo, così come nei prossimi, continueremo ad approfondire le teorie di Daniel Kahneman per meglio comprendere le conseguenze dell’attivazione del pensiero lento e veloce in psicoterapia.

 

Le scelte rischiose

Cambiare è una scelta rischiosa per qualsiasi individuo: ‘Sai da cosa fuggi, ma non sai quello che cerchi’ come sosteneva Lello Arena nel film di Troisi Ricomincio da tre.

E’ vero che ciò che dovrebbe abbandonare il paziente è qualcosa che lo fa soffrire, ma è l’unica cosa che ha, che conosce e che ha sempre fatto. Si ricordi la vecchietta di Siracusa che pregava lunga vita al sanguinario tiranno perché al peggio non c’è mai limite come afferma anche Frankestein Junior ricordando che ‘potrebbe piovere!’.

L’avversione al rischio ci fa scegliere la cosa sicura e inoltre abbiamo una ‘cecità indotta da teoria’, una volta scelta una teoria e utilizzata è difficile scoprirne i difetti (Kahneman, 2013). Siamo confermazionisti per natura e quando ci imbattiamo in un contro esempio, immaginiamo che vi sarà una spiegazione che al momento ci sfugge, ma sicuramente emergerà a una riflessione più approfondita. Il sistema 2 poi si stanca facilmente e la teoria rimane in piedi.

Se poi consideriamo che le perdite sono più dolorose dei guadagni comprendiamo perché è tanto difficile per i pazienti cambiare e perché lo è anche per i terapeuti.

Guadagni e perdite come ci insegna Kahneman, secondo la Prospect Theory sono valutati secondo il punto di riferimento allo stato precedente ai due eventi.

Entrano in gioco tre caratteristiche operative del sistema 1:

  • 1 la valutazione è relativa al punto di riferimento definito ‘livello di adattamento’. Sopra abbiamo guadagni, sotto perdite. Qual è il punto di riferimento del paziente?
  • 2 la diminuzione della sensibilità vale anche per i cambiamenti. Accendere una candela in una stanza buia ha un grande effetto a differenza di accenderla in una stanza illuminata. Come possiamo far sì che il paziente abbia la sensazione che riusciremo ad accendere la candela nella stanza buia che abita?
  • 3 l’avversione alla perdita è evolutivamente funzionale, evitare le minacce è più urgente che cogliere le opportunità per la sopravvivenza e la riproduzione in un ambiente ostile. Le opzioni del paziente e del terapeuta nel setting sono miste, quindi accettare o rifiutare il rischio dipende dalla capacità di fare un bilancio costi/benefici tra perdite e guadagni del cambiamento.

Quando il terapeuta riesce a far sì che il paziente percepisca e ponga attenzione ai guadagni (1,5-2,5 più grandi delle perdite) la motivazione, l’alleanza e il lavoro terapeutico ne traggono grande beneficio.

La guarigione rientra nella categoria dei guadagni ma l’abbandono dello status quo sebbene sintomatico è percepito come una perdita.

Se la posta in gioco è importante, diventa efficace contrapporre una perdita sicura con una perdita più grande in modo da aumentare la propensione al rischio.

Altri due processi devono essere considerati.

Più alta sarà l’aspettativa di guadagno, più dolorosa sarà la delusione per la perdita. Esperienza comune dei terapeuti che trattano pazienti con alte aspettative di cambiamento è la difficoltà di riportarli a confrontarsi con ciò che è fattibile; in altre parole operare nello spazio prossimale senza generare una forte delusione per la mancanza di progressi che si erano illusi di ottenere.

E poi c’è il rammarico per aver fatto una scelta rischiosa non andata a buon fine e aver rinunciato a un buon guadagno. I pazienti spesso di fronte a loro scelte di vita possono provare rammarico e rimanere oltremodo ancorati a queste esperienze che ostacolano il cambiamento.

Le perdite in relazione alle dotazioni

Abbiamo rilevato l’importanza del punto di riferimento per la Prospect Theory.

Le perdite sono naturalmente valutate in relazione al punto di riferimento che determina un ‘effetto dotazione’. Quali saranno i vantaggi e gli svantaggi di un cambiamento?

L’avversione alla perdita ci spinge a essere conservatori e favorisce lo status quo. Le scelte hanno un forte bias a favore del punto di riferimento, quindi è più appropriato operare cambiamenti piccoli.

Le dotazioni, di qualsiasi genere esse siano, non vanno perse. L’avversione alla perdita favorisce la conservazione delle nostre risorse se e solo se possono essere usate.

L’indicazione per la terapia è prospettare al paziente che quella particolare risorsa (piano semi-adattivo) è diventata spesso inefficace, anche se conserva un certo valore per la funzione che ha svolto in passato e che può ancora svolgere, se utilizzata in modo meno pervasivo e inflessibile da non limitare i gradi di libertà, avendo, così, la possibilità di alternare altri piani più funzionali ai diversi contesti da affrontare.

La terapia non dovrebbe essere mirata a togliere i comportamenti sintomatici, che comunque sono il modo in cui il paziente è riuscito a cavarsela finora, quanto piuttosto ad aggiungere nuove possibilità, nuove strategie in modo che aumentino i gradi di libertà e il paziente non sia costretto a fare solo come ha sempre fatto, ma possa scegliere se farlo o no avendo altre opzioni.

La domanda posta correttamente potrebbe essere ‘Quanto desideri mantenerla, rispetto alle alternative che potresti adottare?’

Visione psicologica e biologica

Negatività e fuga dominano su positività e approccio (Kahneman, 2013). Le risposte automatiche del sistema 1 sono state evolutivamente selezionate per rispondere velocemente a un ambiente pieno di minacce.

L’avversione all’idea di non raggiungere un obiettivo è molto più forte della motivazione a raggiungerlo e questo spesso spinge a difendere lo status quo per evitare perdite (better safe than sorry).

Se navigo sul fiume e mi accorgo che la mia imbarcazione ha una falla posso adoperarmi per ripararla o per scaricare l’acqua che entra nell’imbarcazione. E’ possibile che queste due strategie siano entrambe inefficaci e che la navigazione sia sempre più perigliosa ma non abbandonerò la mia barchetta se non quando avrò la possibilità di saltare su un altro mezzo più sicuro.

In terapia è necessario costruire piani esistenziali più adattivi perché il paziente possa rinunciare a quelli che ha sperimentato ormai come disfunzionali.

Giudizi e calcolo probabilistico

I pesi delle decisioni per ottenere un risultato sono diversi dalla probabilità attribuita al risultato (Kahneman, 2013).

Abbiamo tre situazioni al variare delle probabilità di ottenere un risultato:

  • effetto certezza: la probabilità del risultato varia dal 95% al 100% in questo caso vi è un grande potere nelle scelte;
  • effetto miglioramento: la probabilità del risultato varia dal 5% al 10%, in questo caso vi è una valutazione di aver raddoppiato la probabilità;
  • effetto possibilità: la probabilità varia da 0 a 5% in questo caso vi è un grande potere nelle scelte e si sovrastimano i rischi minimi.

Quando un evento diviene presente e al centro della nostra attenzione gli assegniamo più peso di quanto la probabilità che accada non giustifichi. L’effetto possibilità determina preoccupazione e fa crescere la probabilità percepita della minaccia.

Secondo la Prospect Theory alte probabilità di perdita portano maggiore propensione al rischio, mentre alte possibilità di guadagni portano avversione al rischio (effetto certezza). La speranza di guadagni determina la propensione al rischio, mentre la paura di perdite ingenti spinge l’avversione al rischio (effetto possibilità).

La speranza di evitare la perdita e la paura della delusione sono sperimentate con alta probabilità, mentre la speranza d’ingenti guadagni e la paura di perdite ingenti sono sperimentate con l’effetto possibilità.

Dopo millenni di evoluzione gli esseri viventi si sono dati la regola ‘primo non prenderle e soprattutto salvare la pelle’.

Nei pazienti fobici e ossessivi queste valutazioni determinano circoli viziosi di mantenimento che impediscono il cambiamento e nei terapeuti che si trovano in una situazione di rischio suicidario del paziente, il giudizio e il calcolo probabilistico entrano a gamba tesa.

Sovrastima di eventi improbabili e sottostima di quelli probabili

L’effetto disponibilità rende vivida la rappresentazione di un evento anche se improbabile e l’attenzione accentua l’accessibilità e lo stato emotivo che ne deriva. Il sistema 1 non si disattiva, anche se il sistema 2 sa che la probabilità che si verifichi l’evento è bassa.

Tendiamo a sovrastimare la probabilità di eventi rari e questo influenza le nostre decisioni e i nostri comportamenti. I fenomeni sono l’attenzione focalizzata e i bias confermazionistici. La rappresentazione vivida di un’immagine nella mente dovuta al sistema esperienziale 1 (sceglie in base all’esperienza, alla memoria e all’attenzione) condiziona la scelta al di là della probabilità del verificarsi dell’evento.

La bicicletta è enormemente più pericolosa degli aerei come mezzo di locomozione ma alla faccia di tutte le comparazioni statistiche abbiamo più paura dell’aereo.

Pensiamo a un fobico che ha paura dei cani perché da piccolo è stato morso da un pastore maremmano. E’ possibile che il soggetto abbia una forte attivazione ansiosa, non solo nel momento in cui si trova a una certa distanza da un cane, ma anche quando nella penombra vedrà muoversi una massa indefinita di colore bianco. In queste circostanze, memoria e attenzione si attivano per difendere il soggetto dalla minaccia sovrastimata in termini probabilistici che possa ricevere un’aggressione dal cane. Così è possibile che il fobico possa scappare da sua moglie quando quest’ultima, con fare amorevole gli si avvicina indossando una pelliccia sintetica di colore bianco, ma è meglio correre questo rischio che essere sbranati dal cane irritato dalle avances.

Viceversa, è possibile che il terapeuta, per sicumera, non sia attento a calcolare la probabilità congiunta del rischio di abbandono della terapia da parte del paziente, confidando nelle proprie risorse relazionali e trascurando una serie di accadimenti che nel setting indicano una rottura dell’alleanza terapeutica.

 

Nei prossimi articoli saranno analizzati gli ulteriori contributi di Kahneman alla comprensione delle conseguenze di alcune attivazioni del pensiero lento e del pensiero veloce in psicoterapia

 

Altri articoli sull’argomento:

Si parla di:
Categorie
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Pensiero consapevole e pensiero automatico psicoterapia e neuroscienze
Il pensiero consapevole e il pensiero automatico – Il top down e il bottom up in psicoterapia

Per produrre il cambiamento occorre agire sia sul pensiero consavole, i processi alti, sia sul pensiero automatico, i processi bassi, tramite l'integrazione

ARTICOLI CORRELATI
I rischi di una mente veloce: dalle euristiche allo stigma

La psicologia sociale ha studiato come alcune modalità di elaborazione cognitiva, seppur spesso funzionali, possano nascondere dei rischi

La “peak-end rule”: come le emozioni definiscono i nostri ricordi

Secondo la peak-end rule le nostre esperienze vengono giudicate in base ai momenti estremamente positivi o negativi e alla loro conclusione

WordPress Ads
cancel