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Quando la depressione non trova parole: i disturbi psicosomatici nell’infanzia

I disturbi psicosomatici nei bambini sono spesso legati a carenze nei processi di regolazione emotiva e mentalizzazione delle emozioni

Di Ilaria Contini

Pubblicato il 24 Giu. 2019

Quando viene a mancare lo sviluppo di un’adeguata capacità di elaborazione mentale delle emozioni, a causa di un ambiente non accudente, possono emergere disturbi psicosomatici nei bambini 

 

Le capacità dell’individuo di regolare le proprie emozioni in modo adattivo, capacità che emergono attraverso gli scambi fisici e preverbali nella relazione madre-bambino, sono strettamente in relazione al benessere e alle prestazioni in vari ambiti dello sviluppo.

Infatti, un individuo in grado di regolare le proprie emozioni avrà a disposizione più risorse per affrontare le situazioni positive e conflittuali e sarà un individuo capace di comprendere le emozioni proprie e altrui e quindi sarà capace di usufruire del supporto sociale. Quest’ultimo è considerato una forma di regolazione emozionale che consente all’individuo di consolidare i contatti sociali e di conseguenza, di favorire la progressiva formazione di un’identità sociale. Infatti, la condivisione delle emozioni favorisce l’empatia, l’intimità e i comportamenti reciproci di attaccamento (Renzetti, Tripicchio, 2010; Bonfiglioli, Ricci Bitti, 2013).

Cosa determina i disturbi psicosomatici nei bambini

Quando però al bambino non è permesso di sviluppare un’adeguata capacità di elaborazione mentale delle emozioni, a causa di un ambiente non accudente, possono emergere i disturbi psicosomatici (Sasso, Sborlini, Cerratti, 2006).

La clinica psicosomatica riguarda le malattie fisiche nelle quali intervengono, nel determinarle, fattori psichici o conflittuali (Candelori, Mancone, 2001). Il processo principale alla base dei disturbi psicosomatici nei bambini (e non solo) è la somatizzazione, ovvero la tendenza ad esperire e comunicare i problemi psicologici attraverso il disagio fisico.

In particolare, nei bambini, le manifestazioni somatiche vanno considerate come strettamente connesse con i processi di sviluppo, tenendo presente che in questi il corpo assume un ruolo privilegiato come mezzo di comunicazione, in quanto si costituisce come primo mezzo con cui il bambino entra in relazione con le figure significative, divenendo il veicolo principale della strutturazione del sé (Candelori, Mancone, 2001). I conflitti interni o esterni possono minacciare l’equilibrio psichico del bambino tanto che quest’ultimo, attraverso la rimozione, riesce ad “evacuare” questi vissuti interiori solo attraverso il linguaggio più arcaico ovvero quello preverbale del corpo (Brunelli, Balzani, Briganti, 2006). La scissione mente-corpo che si verifica è la conseguenza di un ambiente insufficiente che porta il bambino a sviluppare un’organizzazione difensiva della personalità, definita falso sé, che ha la funzione di proteggere il vero sé dalla depressione, costituendosi come difesa maniacale. Tali dinamiche impediscono al bambino di appropriarsi psicologicamente del proprio corpo e lo rendono incapace di autentiche esperienze emotive, favorendo l’instaurarsi di disturbi fisici (Baldoni, 2002).

L’importanza della regolazione emotiva e della mentalizzazione nei bambini

Questi bambini si mostrano molto compiacenti ed essendo incapaci di veri e propri processi di identificazione, imitano gli adulti seguendo rigidamente le loro regole e risultano incapaci di socializzare e comunicare con i coetanei, a causa proprio della loro rigidità. Tutto ciò espone il bambino a disturbi comportamentali (insonnia, irrequietezza, disturbi alimentari), fisici (dermatologici, gastrointestinali, respiratori, allergici) e psichici, in particolare alla depressione (Baldoni, 2002).

Oltre alla dinamica del falso sé, alla base dei processi di somatizzazione si rintraccia l’assenza o il deficit di una capacità importante per l’integrazione di stati mentali e fisici, ovvero la mentalizzazione, causata da un’incapacità della madre di svolgere l’importante funzione del rispecchiamento. Si determinano così acting out comportamentali, conseguenti al mancato controllo degli impulsi, sindromi dissociative e le emozioni non vengono quindi elaborate dalla neocorteccia, non raggiungendo la consapevolezza e l’integrazione (Baldoni, 2014).

La mancanza della capacità di mentalizzare, unita alla compromissione o inibizione dei processi di regolazione emotiva, porta alla formazione di una relazione con sé e con il mondo esterno che esclude ogni riferimento agli stati emotivi, strutturandosi il quadro del costrutto definito alessitimia, caratterizzata da: difficoltà nell’identificare le emozioni e nel distinguerle dalle sensazioni corporee che accompagnano le emozioni; difficoltà nel descrivere i propri sentimenti agli altri; limitati processi immaginativi che comportano una forte povertà delle fantasie; stile cognitivo orientato all’esterno e guidato dallo stimolo (Renzetti, Tripicchio, 2010; Bonfiglioli, Ricci Bitti, 2013). L’alessitimia rappresenta una predisposizione aspecifica verso disturbi somatici e psichici che si caratterizzano per la presenza di disregolazione emotiva (Porcelli, 2004). I soggetti alessitimici però, non sono in realtà incapaci di provare emozioni ma esperiscono stati affettivi indifferenziati, scarsamente regolati (Bonfiglioli, Ricci Bitti, 2013).

In età evolutiva, l’alessitimia presenta caratteristiche diverse da quelle riscontrate in età adulta, infatti è stata elaborata una versione semplificata della Toronto Alessitimia Scale (TAS) per adulti, l’Alessitimia Questionnaire for Children (AQC), ovvero un questionario che mantiene la presenza dei tre fattori su cui si basa la TAS (Difficoltà a identificare i sentimenti, difficoltà ad esprimere i sentimenti e pensiero orientato all’esterno), ma aggiunge un quarto fattore denominato “Confusione delle sensazioni fisiche”. La presenza di tale fattore evidenzia come, in età evolutiva, le percezioni corporee assumano un ruolo cardine nella definizione del contatto con le emozioni (Artoni, Atti, Giaroli, Paterlini, 2015). Nell’eziologia dell’alessitimia entrano in gioco diversi fattori tra i quali si riscontrano le variabili socioculturali, i deficit neurobiologici, le variazioni nell’organizzazione cerebrale ma, il ruolo più rilevante è assunto dall’influenza significativa delle prime esperienze relazionali di attaccamento. Infatti, sono le prime relazioni a svolgere un ruolo di grande importanza nello sviluppo degli affetti e la regolazione emotiva è determinata dalle esperienze di rispecchiamento e condivisione delle emozioni con i caregivers. Ma se la funzione contenitiva e di regolazione dei genitori fallisce, le emozioni del bambino non riescono ad essere trasformate in rappresentazioni mentali e oggetti di pensiero, rimanendo a livello di percezioni e sensazioni ed esponendo quindi ad un alto rischio di sviluppare disturbi psicosomatici nei bambini (Fabbri, 2012). In particolare, secondo Crittenden, i problemi di inibizione e disregolazione emotiva nascono da stili di attaccamento insicuri che portano alla formazione di modelli interni di rappresentazione caratterizzata da una mancanza di integrazione delle informazioni affettive e cognitive (Artoni et al, 2015). Connesse alla disregolazione emotiva, risultano quindi le difficoltà nell’apprendimento nei bambini; infatti da uno studio condotto da Bauminger e Kimhi-Kind (2008) è emerso che i bambini con difficoltà di apprendimento presentano scarse capacità di regolazione emotiva, una minore sicurezza nella relazione di attaccamento con la madre e difficoltà nel processamento delle informazioni (Renzetti, Tripicchio, 2010).

L’analisi del costrutto alessitimico, offre un’importante opportunità per comprendere il peso che questo assume nelle situazioni traumatiche, nei disturbi psicosomatici nei bambini e nei disturbi psicopatologici come la depressione in età evolutiva. Infatti, Rieffe e colleghi (2005) hanno riscontrato una correlazione positiva, in soggetti tra i 6 e i 15 anni, tra alessitimia e presenza di umore negativo e sintomi somatici; infatti le emozioni non trasformate dalle rappresentazioni mentali simboliche e dall’espressione verbale, vengono scaricate lungo i percorsi autonomici, verificandosi uno “scollamento della componente fisiologica dell’attivazione emotiva del sentimento soggettivo” e dall’elaborazione cognitiva dell’esperienza” (Taylor & al., pag 67; Artoni et al, 2015).

Il corpo del bambino diventa così il mezzo attraverso cui esprimere la sofferenza e i disagi vissuti nell’ambiente familiare e/o nell’ambiente scolastico, portando all’insorgenza di disturbi, senza cause organiche, a carico dell’apparato gastrointestinale, dell’apparato respiratorio, del sistema muscolo scheletrico e del sistema cutaneo. La teoria dell’attaccamento, offrendo una chiave di lettura per la comprensione del sintomo somatico, considera il sintomo come la strategia che il bambino usa per regolare lo stato di relazione con le figure di attaccamento e allo stesso tempo per mantenere lo stato di sé (Artoni et al, 2015).

Diturbi psicosomatici nei bambini: i più frequenti

I disturbi psicosomatici nei bambini si intrecciano frequentemente con la depressione infantile proprio perché, come già affermato, il corpo si costituisce come principale mezzo di comunicazione. Infatti, caratteristici sintomi nel bambino depresso sono l’affaticamento, il sentirsi senza energie, le variazioni dell’appetito e/o del peso, cefalee, dolori allo stomaco, alla schiena e alle gambe senza una ragione oggettiva per il dolore (Mocini, Faresin, 2013). La presenza di tali sintomi fisici è frequente, tanto che si può comunemente riscontrare un quadro psicopatologico denominato “depressione mascherata” in cui prevalgono i sintomi somatici e rispetto alla tristezza e all’anedonia, prevalgono il dolore e il malessere fisico (Di Fiorino, Massei, Pacciardi, 2010).

All’interno dei disturbi psicosomatici nei bambini si riscontrano diverse dinamiche psicologiche e ambientali. Nel caso dell’alopecia, questa sembra presentarsi in caso di carenza affettiva e in seguito alla perdita di figure significative d’attaccamento, alle quali ha fatto seguito una forte sofferenza che però il bambino non risulta in grado di manifestare a causa di un ambiente non facilitante (Artoni et al, 2015).

Anche l’asma, una malattia pediatrica molto comune, può presentarsi a causa di fattori di ordine psicologico e ambientale infatti, oltre alla possibilità della presenza di un’allergia o infezione, anche forti emozioni come la paura e la tensione nervosa, svolgono un ruolo importante nell’insorgenza delle crisi asmatiche. Secondo la comprensione psicodinamica, il bambino asmatico presenta una relazione oggettuale caratterizzata da un sovraccarico del rapporto duale, causata da una presenza materna eccessiva che ostacola i processi di individuazione-separazione e acquisizione di una propria autonomia. La madre inoltre risulta non essere in grado di promuovere nel bambino le funzioni psichiche di rappresentazione, di regolazione delle emozioni e lo sviluppo di un sé corporeo, come mezzo di comunicazione interpersonale e sociale. I bambini asmatici presentano così un’ipersensibilità affettiva, un’intolleranza alle situazioni conflittuali e un bisogno estremo di attaccamento e tali dinamiche vengono però mascherate da un comportamento dolce e remissivo (Candelori, Mancone, 2001).

Il corpo diventa quindi il terreno su cui possono emergere problematiche nella relazione e conseguentemente nella regolazione emotiva e nelle capacità che permettono di costruire il benessere individuale e, allo stesso tempo, si propone come mezzo di espressione di tali dinamiche patologiche. Numerose ricerche in ambito clinico hanno messo in relazione la disregolazione emotiva con diverse forme di psicopatologia nei bambini. Infatti, una eccessiva inibizione nella regolazione delle emozioni è correlata a problemi di internalizzazione, connessi ad ansia, depressione, vergogna, bassa autostima, paura e tristezza mentre una scarsa regolazione delle emozioni è risultata essere associata a problemi esternalizzanti (Renzetti, Tripicchio, 2010).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Artoni G., Atti M., Giaroli E., Paterlini S. (2015), Alessitimia e psicopatologia: un’analisi evolutiva. L’alessitimia in età evolutiva.
  • Baldoni F. (2002), Autenticità, emozioni e salute: un sottile filo conduttore. Quaderni di Psicoanalisi e Psicodramma analitico, 1-2, 57-78.
  • Baldoni F. (2014), Mentalizzazione e integrazione psicosomatica del Sé.
  • Bauminger N., Kimhi-Kind I. (2008), Social information processing, security of attachment and emotion regulation in children with learning disabilities,
  • Bonfiglioli L., Ricci Bitti P.E. (2013), Emozioni, regolazione emozionale e salute.
  • Brunelli P., Balzani L., Briganti L. (2006), Il disagio psicologico e la somatizzazione in età evolutiva. Una esperienza in una UO di Pediatria generale. Quaderni acp, 13, 76-82.
  • Candelori C., Mancone A. (2001), Genitorialità: situazioni a rischio e psicopatologiche.
  • Mocini S., Feresin C. (2013), Il ruolo di supporto emotivo dell’insegnante nel trattamento dei disturbi dell’umore in età prescolare e scolare.
  • Renzetti B., Tripicchio G. (2010), Emozioni in gioco: regolazione emotiva e tecniche di intervento nell’infanzia. Psicoterapeuti in-formazione, 5, 3-30.
  • Sasso S., Sborlini I., Cerratti P. (2006), “Il mal di scuola”. Indagine sulla somatizzazione della depressione in età evolutiva. Nuove Prospettive in Psicologia, 1, 1-3.
  • Taylor, G. J., Bagby, R. M., Parker, J. D.A. (1997). Disorders of affect regulation. Alexithy- mia in medical and psychiatric illness. Cambridge University: Cambridge. (tr.it. I disturbi della regolazione affettiva. L’alessitimia nelle malattie mediche e psichiatriche. Fioriti: Roma, 2000), in Fabbri P. (2012), Alessitimia, attaccamento e psicopatologia.
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