L’Islanda è una terra primordiale, dove elementi opposti si attraggono, coesistono e si abbracciano in modo naturale, diremmo noi emotivo. Alcuni teorici sosterrebbero si tratti di un processo automatico, preconsapevole, sorto da una strana mescolanza di temperamento e di storia evolutiva. Così, l’Islanda, la terra del ghiaccio e del fuoco, ha un temperamento favorevole a questo naturale equilibrio emotivo: la presenza di forti contrasti termici nell’aria e nell’acqua, l’energia geotermica e la sovrapposizione con una frattura geologica, i venti freddi della Groenlandia e quelli tiepidi provenienti dall’Europa. Poi c’è la storia evolutiva, contraddistinta da una lontananza dalla civiltà fino all’epoca moderna, il ritardo nel progresso, l’esigua popolazione umana. Insomma, per molto tempo le infrastrutture portate dall’uomo non hanno intaccato, con le loro barriere architettoniche (che noi diremmo cognitive), l’emotivo equilibrio islandese. Questa è la mia prima sensazione dell’Islanda, sensazione plasmata sia dalla magia che dalla psicologia del luogo (e chi mi conosce sa che psicologia e “magia” sono due mie passioni) e che voglio condividere con voi. Vedremo come fiorirà questa sensazione nel corso del Congresso dell’European Association of Behavioural and Cognitive Therapy (EABCT). In attesa dalla mia camera d’albergo mi dondolo tra qualche curiosità e diverse perplessità. I precedenti due congressi europei (Dubrovnik e Milano), non lo nascondo, hanno lasciato un po’ di amaro in bocca. All’epicità dei grandi scontri di Helsinki 2008, ai dibattiti teorici e metodologici tra Steven Hayes, Lars-Goran Ost e Paul Salkovskis, sembra essere seguito un periodo di calma e leggero appiattimento. E ora mi chiedo se quest’anno assaporerò la stessa sensazione o se mi attende qualcosa di nuovo. Quali sono le variabili che possono avere un peso in una direzione o nell’altra? Almeno tre. Punto primo: l’Islanda è stata scelta, come è politica di anni recenti, per dare spazio ad associazioni nazionali più piccole e meno in vista. L’obiettivo è diffondere la scienza psicoterapeutica nei cosiddetti “paesi emergenti”. Questo è un punto di forza politico, poiché porta con sé conoscenze in paesi ove le opportunità di formazione e aggiornamento sono ridotte. Ci sono però anche dei rischi. L’Islanda per molti, per quasi tutti a dire il vero, non è particolarmente comoda e accessibile. Inoltre una giovane e piccola associazione come quella islandese potrebbe faticare a gestire un congresso di questa portata e a rappresentare una notevole attrattiva per grandi nomi e quindi anche per numerosi colleghi. Tuttavia, proprio per la stessa ragione, potremmo riuscire a sentire qualcosa di nuovo e originale. Punto secondo: l’EABCT per chi non lo sapesse è un associazione internazionale composta da associazioni nazionali, un organo istituzionale di ordine superiore. Per questo rappresenta il campo sui cui si gioca e si definisce la politica internazionale per lo sviluppo delle terapie cognitive e cognitivo-comportamentali . Quindi c’è il rischio che il valore e il rilievo politico possano oscurare quello clinico; rischio che pare evidenziato dal sempre maggiore interesse che riscuote un altro circuito di congressi, quello che fa capo all’ICCP, un associazione internazionale di singoli professionisti. Punto terzo: questo è stato l’anno in cui un altro famoso teorico contemporaneo, Adrian Wells, ha deciso di fondare un suo circolo scientifico che raccolga gli studi sull’approccio terapeutico metacognitivo di cui è fondatore. Al contrario di Steven Hayes, Wells non sembra intenzionato a portare la sua Terapia Metacognitiva (MCT) fuori dal circuito EABCT, tuttavia resta da vedere quale impatto il congresso di Manchester avrà sulle presenze e sui contenuti di Reykjavik 2011. Forse è proprio questa la ragione per cui, a una prima occhiata, il programma scientifico profuma così tanto di cognitivismo standard con contorno di mindfulness. Insomma, potrebbe attenderci una versione più povera e canonica dei precedenti congressi, quasi esclusivamente politica; oppure potremmo vedere finalmente contributi liberi da soliti schemi e personaggi, con spazi per idee nuove finora coperte dal mainstream della diatriba tra ondate di terapia cognitiva. Vi terremo aggiornati.
EABCT 2011: promesse e preoccupazioni
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