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Il piccolo principe: analisi psicologica dei personaggi e delle relazioni

Dalla Volpe alla Rosa, dal Pilota al Re: dietro ogni personaggio e ogni relazione de Il piccolo principe, si nasconde un pezzo della nostra psiche

Di Ilenia Magnani

Pubblicato il 14 Mar. 2017

Aggiornato il 27 Set. 2019 14:36

Tante sono le interpretazioni della metafora della vita de Il Piccolo Principe, ancora oggi forse il messaggio che Antoine de Saint-Exupervy ci voleva lasciare con il suo racconto rimane celato tra le righe di questa favola, per cui “L’essenziale è invisibile agli occhi”.

Ilenia Magnani – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi Modena

 

Il libro ed i suoi protagonisti possono essere letti come un messaggio di tolleranza ed accettazione, ma soprattutto di riscoperta del valore dei sentimenti e dei legami affettivi, motivo per cui questa favola andrebbe riletta più volte nel corso della nostra vita, un promemoria di ciò che per noi è realmente importante ma che per paura di soffrire tendiamo a dimenticare.

Ogni capitolo de Il piccolo principe racconta l’incontro del protagonista con personaggi diversi, ognuna di queste figure bizzarre lascia il Piccolo Principe stupito e sconcertato per la stranezza delle persone adulte.

 

Il pilota ed il Piccolo Principe: l’adulto ed il bambino

Il libro inizia con il ricordo e la sensazione di fallimento sperimentata dal pilota all’età di 6 anni, fallimento che lo fa rinunciare al suo sogno: decide di abbandonare una delle sue più grandi passioni, il disegno. Il pilota è sì adulto ma non ha dimenticato il se stesso bambino, conserva il disegno “per non dimenticare, giustamente, a che punto la mancanza d’immaginazione degli adulti potesse essere grande e scoraggiante”. Il Pilota sa per sua esperienza personale (si è reso ben presto conto che nessuno capisce il suo disegno che, al contrario dei tanti che lo interpretano come un cappello, rappresenta un boa che mangia unelefante) che spesso “I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano di spiegargli tutto ogni volta”, gli adulti non capiscono le fantasie dei bambini e ciò è motivo di forte sofferenza per loro.

Crescendo a volte mettiamo da parte la nostra parte più giocosa e creativa pensando che questa non possa essere utile nel mondo adulto, precludendoci così il piacere di fare le cose che ci rendono felici e che ci alleggeriscono, in questo modo ci troviamo a dover riacquisire i comportamenti che ci facevano stare bene lavorando sulle nostre strategie comportamentali. Il paradosso è trovare difficoltà nel compilare “L’Elenco delle possibili attività piacevoli”, mentre da bambini era la cosa che ci risultava più naturale al mondo, da grandi ci ritroviamo a fare i compiti per quello che ci siamo dimenticati di noi di quando eravamo bambini ed eravamo impegnati a studiare per diventare grandi.

Il pilota, ne Il Piccolo Principe, prova a cercare il bambino in ogni adulto che incontra, ma quando mostra il disegno tutti rispondono “è un cappello” così lui si abbassa al loro livello adulto.

La colpa non è mia, però. Con lo scoraggiamento che hanno dato i grandi, quando avevo 6 anni, alla mia carriera di pittore, non ho mai imparato a disegnare altro che i serpenti boa dal di fuori o serpenti boa dal di dentro.

Nel personaggio del pilota viene mostrato come le nostre prime esperienze possono influenzare il nostro diventare adulti.

Non sapevo bene cosa dirgli. Mi sentivo molto maldestro. Non sapevo come toccarlo, come raggiungerlo … Il paese delle lacrime è così misterioso

Da piccoli, il paese delle lacrime è il paese che conosciamo meglio, il pianto è il primo urlo che facciamo sentire di noi quando veniamo al mondo, la prima nostra forma di comunicazione quando siamo piccoli ma da grandi capita di dimenticarsene e ci rende difficile anche comprendere il pianto altrui.

Il personaggio del Pilota crea con il Piccolo Principe un vero e proprio legame d’amicizia. Questo personaggio mostra di non scoraggiarsi facilmente, si trova nell’immensità del deserto e, pur essendo solo, non si perde mai d’animo e cerca di uscire da quella situazione anche se non è per niente semplice.

Il Piccolo Principe è un misterioso bambino proveniente da un pianeta minuscolo, con tanta voglia di conoscere gli uomini e le loro abitudini. Pur giungendo in una regione disabitata, non appare né smarrito, né tanto meno impaurito, balzano agli occhi la sua semplicità, la sua innocenza. Una delle caratteristiche del Piccolo Principe che viene più volte esaltata nel racconto è la sua capacità di arrossire, residuo dell’infanzia.

 

La Volpe e la Rosa: attaccamento e relazioni

In questo romanzo non si trova solo il rapporto tra l’adulto e il bambino (pilota-piccolo principe), ma c’è anche quello tra pari, come tali possono essere visti il protagonista e la volpe: quest’ultima ha rivelato come “le amicizie possono essere tante ma sempre uniche”, l’incontro tra i due è un trattato sull’importanza dei legami nelle relazioni umane. Un amico non è una persona uguale a tutte le altre.

Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.

La volpe, con queste parole, insegna al Piccolo Prinicipe il valore dell’amicizia, che per lei significa essere addomesticata e per il piccolo principe vuol dire prendersi cura della sua rosa.

Ciò che differenzia per ognuno di noi una persona dall’altra è la relazione che costruiamo con quest’ultima dedicandole tempo e attenzioni, impegnandoci nel conoscerla nei suoi punti di forza e nelle sue fragilità. Essere addomesticata per la volpe vuol dire creare un’affiliazione reciproca dove l’uno poi avrà bisogno dell’altro, creare un legame, questo brano spiega molto bene il senso del libro di Bowlby “Una base sicura”: l’attaccamento si sviluppa come una interazione tra un bambino unico ed i suoi genitori unici e uno degli aspetti più affascinanti del genere umano è proprio quello di creare dei legami unici.

Se tu vieni , per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Con il passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, inizierò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore … ci vogliono i riti

Sembra che la volpe sappia come si crei un legame di attaccamento sicuro: la madre assicura sempre la sua presenza e il bambino si abitua a questo rito.

Il Piccolo Principe si guadagna la fiducia della volpe andandola a trovare tutti i pomeriggi stabilendo un rito, è proprio il ripetersi di questo modello di interazione che fa sì che il bambino cominci a crearsi della aspettative. Si aspetta proprio che quella determinata persona appaia in quel determinato tempo, ed è il continuo verificarsi di tale rito che assicura che esiste lui, esiste l’altro, esiste la relazione. Il legame di attaccamento che si stabilirà fornirà un modello per le relazioni future e per tale motivo le nostre relazioni risentiranno di quella matrice interattiva densa per noi di significati, come ricorda Holmes nel libro “La teoria dell’attaccamento”:

L’attaccamento e la dipendenza, sebbene non più evidenti allo stesso modo che nei bambini piccoli, rimangono attivi lungo il ciclo vitale – l’attaccamento quindi non è limitato all’infanzia ma dura – dalla culla alla tomba.

Ad oggi bisognerebbe discriminare l’utilizzo del termine “dipendenza”, non sempre questa può essere classificata come patologica in quanto in realtà è un desiderio assolutamente legittimo di ogni essere umano, di stare quanto più vicino possibile a chi si vuole bene, a chi in caso di bisogno può prendersi cura di noi. Su questi aspetti odierni di “dipendenza affettiva”, dove ci si fonde con l’altro per la paura e l’incapacità di sentirsi soli, e di “individualismo spietato”, dove si maschera la paura di un legame al quale però realmente si ambisce, si potrebbe aprire un lungo dibattito ma non è questo il contesto.

Il rapporto tra la volpe ed il Piccolo Principe aiuta quest’ultimo a fare chiarezza sul suo rapporto con la rosa. Il Piccolo Principe viene a conoscenza del roseto: la rosa dovrebbe perdere qualsiasi importanza per il principe, ma egli capisce che la rosa non è più speciale perché unica nel suo genere, bensì è speciale perché le vuole bene, perché c’è un legame che si è creato tra di loro.

Ogni persona per noi importante lo è a seguito del rapporto che abbiamo costruito con questa, del tempo che abbiamo investito nel coltivare e nel creare una relazione con lei. I legami che gli esseri umani creano vanno al di là del puramente visibile, diventano pensieri, significati e schemi mentali. La necessità del cucciolo d’uomo di creare dei legami di attaccamento nasce dall’istinto di sopravvivenza, ci dice Bowlby.

Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”, il segreto che la volpe svela al Piccolo Principe. Non è ciò che vediamo delle persone che le rende speciali ai nostri occhi, ma ciò che sentiamo per loro, un sentimento impercettibile per l’occhio umano ma talmente forte da condizionare la nostra vita.

Tale frase riprende anche il disegno della pecora che non si vede perché è dentro alla scatola, si vede la scatola se la si guarda con gli occhi, la pecora se la si guarda con il cuore. Solo la nostra sensibilità percepisce la singolarità dell’individuo, le persone sono rinchiuse nelle apparenze e solo “addomesticandole” si potrà rivelare ed apprezzare la loro singolarità, per cui anche la nullità del deserto può essere bella.

Volpe: “Ah … piangerò”

Piccolo Principe: “La colpa è tua”, disse il piccolo principe, “io non ti volevo far male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi”

La volpe facendosi addomesticare vuol far si che il Piccolo Principe si ricordi di lei anche quando non saranno più insieme, la conoscenza ed il legame con una persona implicano in sé la possibilità che poi si sperimenti la sofferenza, ad esempio quella del distacco, ma varrà la pena soffrire se poi in cambio si guadagnerà “il colore del grano”, cioè un legame affettivo, il calore di un’altra persona che non toglie nulla a ciò che siamo ma ci arricchisce permettendoci anche una maggior conoscenza di noi stessi:

I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai i capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano

Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato: questo ad oggi nei legami e nelle relazioni è ciò che più spaventa: la responsabilità del rispetto dell’altro all’interno della relazione e la paura che questa responsabilità limiti la nostra libertà, quando siamo noi in realtà a limitarla a causa delle nostre paure più nascoste.

Ogni adulto dovrebbe limitare il distanziamento emotivo da se stesso perché è solo ascoltandosi che si riesce ad ascoltare, è solo percependosi come “persona” con una identità ben precisa che si riesce a vedere l’altro, nella sua alterità e non come un prolungamento di sé.

La rosa che vive sull’asteroide B612 (paese in cui vive il Piccolo Principe) è delicata e molto esigente, le cure e la protezione del Piccolo Principe sono quelle che le permettono di sopravvivere e di splendere della sua bellezza. Il Piccolo Principe quindi era responsabile della rosa e della sua vita, questo era ciò che la rendeva così importante per lui, ma era anche il motivo per cui alle volte “avrebbe voluto dimenticarla, ma in quel momento si rammentava di essere tutto per la rosa e se ne occupava di nuovo.

Il nostro bisogno iniziale quando nasciamo è quello di sicurezza, motivazione per la quale fin da subito siamo predisposti alla creazione di legami, il nostro bisogno di sicurezza può aiutarci a comprendere meglio il dolore e la sofferenza legate al senso di perdita emergenti anche nell’adulto abbandonato. Inoltre il riconoscere da subito quel legame con la figura di attaccamento privilegiata rispetto agli altri è la conferma che sin dai primi mesi di vita il nostro principale obbiettivo è quello di assicurarsi di non essere soli, e oltre al cibo per andare avanti nella vita abbiamo bisogno di garanzie e certezze che ci vengono assicurate solo se abbiamo la possibilità di sperimentare che quello che ci accade intorno ha una continuità.

Era per alleviare la solitudine della rosa, che continuava a pensare a lei, anche da lontano

A ognuno di noi serve pensare ad una persona, ci fa sentire essere importanti essere pensati da qualcuno, perché noi non siamo un’isola, esistiamo in relazione agli altri. Accettando questa realtà e non remando contro la nostra natura potremo finalmente essere liberi nel non sentirci vincolati da una mancata ed assoluta indipendenza fortemente esalata nella quotidianità odierna, perché come dice Vittorino Andreoli (ex direttore del dipartimento di Psichiatria di Verona, membro della New York Academy of Sciences e presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association) in un’intervista pubblicata nel 2013:

L’individualismo spietato. E badi che ci tengo a questo aggettivo. Perché un certo individualismo è normale, uno deve avere la sua identità a cui si attacca la stima. Ma quando diventa spietato…

Questo è ciò che accade nei rapporti con le persone alle quali vogliamo bene: ci piace sentirci indispensabili e responsabili per l’altro, è questo che rende così importante l’altro e la relazione ma allo stesso tempo tutto questo sembra avere un costo per la nostra libertà fino a quando non ci accorgiamo che la vera libertà è quella di vivere le emozioni ed i sentimenti che sentiamo.

Se qualcuno ama un fiore, di cui esiste un solo esemplare in milioni e milioni di stelle, questo basta a farlo felice quando lo guarda

La vanità della rosa è la causa della rottura del rapporto con il Piccolo Principe, è così che il protagonista, perde il proprio punto di riferimento e soffre per la rottura di questo rapporto, ma proprio questa rottura, questo dolore, questo senso di solitudine è ciò che poi lo spinge a esplorare nuovi pianeti, metafora per spiegarci quanto la rottura di un rapporto possa avere due facce. perdita/opportunità, entrambe reali. Elaborata la perdita possiamo andare verso opportunità che prima ci precludevamo.

La separazione, per quanto dolorosa, è necessaria, come ricorda la Telfener in “Le forme dell’addio”, molti passaggi da una fase all’altra del vivere si svolgono proprio all’insegna della separazione: nascere, svezzarsi, cambiare contesto lavorativo, dire addio a ideali-speranze e progetti rimasti irrealizzati, la perdita di un genitore, fino alla nostra morte, che è l’ultima separazione, quella dalla vita. Il processo di separazione porta alla differenziazione tra sé e gli altri, alla nascita del mondo delle rappresentazioni mentali, fa parte di un processo di individuazione (diventare individui con particolari caratteristiche) e differenziazione (percepirsi differenti, distinti da tutti gli altri). Ci sono infatti interpretazioni nelle quali la rosa viene vista come la metafora della “madre” dalla quale ognuno di noi per crescere deve separarsi, per poi ritrovarla da adulto in una relazione differente, basata su altri bisogni.

Il Piccolo Principe mostra di avere una “base sicura” per sentirsi libero di andare ad esplorare il mondo e poi tornare: come il bambino, quando viene lasciato all’asilo, che piange e si dispera ma poi inizia a giocare e accoglie felice la mamma quando va a riprenderlo.

Il Piccolo Principe cede e si fa mordere dal serpente “quando il desiderio della rosa è diventato troppo forte per potervi resistere ancora”, a volte per coltivare l’attaccamento bisogna sperimentare la perdita a piccole dosi: la lontananza dalla rosa ha permesso al Piccolo Principe di capirne l’importanza e di dare un valore al loro legame.

Un altro insegnamento che perviene da questo rapporto è l’importanza di ciò che le persone fanno piuttosto che la loro valutazione in base a ciò che dicono e raccontano:

Avrei dovuto giudicarlo dagli atti, non dalle parole. Mi profumava, mi illuminava. Non avrei dovuto venirmene via! Avrei dovuto indovinare la sua tenerezza dietro le piccole astuzie … ma ero troppo giovane per saperlo amare.

 

Analisi degli altri personaggi de Il Piccolo Principe

Il Re monarca assoluto che pensa di dominare l’interno universo in un pianeta dove vive solo lui, ordina quello che sa già che accadrà e mantiene così l’illusione che l’universo gli obbedisca. Regna su un tutto che alla fine si rivela essere un niente. Vuole che la sua autorità sia rispettata e perché avvenga non dà ordini che poi non vengano eseguiti, questo personaggio intimidisce il Piccolo Principe.

Il Re è la rappresentazione del bisogno degli uomini di avere l’illusione del potere e del controllo, senza le quali alcune personalità si sentono fragili ed esposte al pericolo. Si parla di illusione perché il controllo sugli altri non può esistere per definizione, il Re infatti non potendo controllare l’altro controlla se stesso, formulando ordini che possano essere eseguibili dalla persona che ha di fronte a sé.

L’Uomo vanitoso vuole solo essere ammirato e per questo risulta noioso, si accorge degli altri solo nel momento in cui loro lo ammirano “Ti ammiro”, disse il piccolo principe, alzando un poco le spalle, “ma tu che te ne fai?”.

Probabilmente l’Uomo vanitoso ha l’illusione di riempire il vuoto che sente dentro di sé colmandolo con le parole di ammirazione, rappresentazione di personalità istrioniche che puntano la loro sicurezza sull’apparire e sul mostrarsi.

L’Ubriacone che beve per la vergogna di bere, in questo personaggio sono rappresentati i circoli viziosi delle nostre fragilità, cercando di mascherarle invece di accettarle ed imparare a gestirle inneschiamo un circolo vizioso che le amplifica e le evidenzia, rendendo la nostra fragilità ancor più evidente. Questo personaggio lascia nel protagonista una sensazione di malinconia.

L’Uomo d’affari pensava che contando le stelle diventassero sue, non saluta neanche il protagonista perché troppo impegnato. Ha avuto la brillante idea di possedere le stelle e dice che sono sue solo perché nessuno ci aveva mai pensato prima. Possedendo le stelle si sente ricco anche se alla fine, alla domanda del Piccolo Principe di che cosa se ne fa di tutte le stelle, non sa rispondere, rimanendo di stucco.

Il desiderio di possesso dell’altro per il bisogno di percepire di avere un valore, stessa motivazione per la quale accumuliamo cose delle quali non abbiamo bisogno ma che ci servono per sentire che valiamo. Possedere cose e persone ma senza dedicare tempo per coltivare i rapporti… Alla fine le 856 amicizie su Facebook a cosa ci servono?

L’Uomo che accende e spegne il lampione è l’unico a non sembrare ridicolo per il Piccolo PrincipeForse perché si occupa di altro che non di se stesso”, fa il suo dovere senza metterlo in discussione e senza cercare soluzioni alternative, il protagonista gli da un consiglio, ma lui vorrebbe solo dormire.

Il Geografo fa un lavoro che al Piccolo Principe sembra molto interessante ma poi rimane deluso quando scopre che non ci sono esploratori nel suo pianeta, quindi il geografo in realtà non conosce il suo pianeta. Questo personaggio svela al protagonista che i fiori sono effimeri, per questo il Piccolo Principe si dispiace di aver abbandonato la sua rosa.

Il Serpente, simbolo della morte, in questo racconto ha un’accezione positiva, come l’inizio di un viaggio. Spiega come a volte ciò che sembra un male serva a fare del bene, come il dolore per la separazione da un affetto possa in realtà permetterci di fare nuove esperienze.

Il Controllore è addetto allo smistamento delle persone, anche lui ammette che gli uomini non sono mai contenti dove stanno e che vorrebbero sempre raggiungere un posto nuovo, ma non sanno neanche loro qual è questo posto. Ammette che la mente dei bambini è piena di buoni pensieri e questi vivono tranquilli “con il naso appiccicato ai vetri”.  Rappresentazione dell’ affaccendarsi degli uomini insensato ed immotivato e della costante insoddisfazione mai legata ad una vera e propria presa di coscienza su cosa possa migliorare la nostra vita, necessità costante di lamentarsi senza mai attivamente trovare soluzioni alternative.

Il Mercante pur di risparmiare tempo assume pillole per calmare la sete, ma anche qui alla domanda del Piccolo Principe su cosa poi ci farà con il tempo guadagnato rimane basito realizzando di non sapere cosa farsene. Questo personaggio rappresenta la nostra quotidiana corsa contro il tempo, la frenesia e la mancanza di capacità di riuscire a godere dei piccoli piaceri quotidiani, spinti poi a cercare piaceri estremi per evadere dalle frustrazioni accumulate.

 

Conclusioni: lo sguardo da bambino de Il Piccolo Principe

Il Piccolo Principe è uno sguardo infantile sul mondo, ognuno di noi è stato bambino ma poi crescendo alcuni lo dimenticano e questo fa reprimere la nostra spontaneità, limita la nostra curiosità ed appiattisce le nostre emozioni facendoci iniziare a pensare che la “leggerezza” della vita non ci sia più concessa, che i sogni, le risate ed i giochi con gli amici siano sostituiti dall’esigenza e necessità di essere persone performanti in ogni momento della giornata ed in tutti gli ambiti della nostra vita e senza tempo libero a disposizione.

Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercati le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercati di amici, gli uomini non hanno più amici.

Nell’incontro con i vari personaggi è evidente come ogni persona abbia bisogno della presenza dell’altro per definirsi, noi esistiamo in relazione agli altri, il geografo non può fare il suo lavoro senza gli esploratori, il vanitoso non può essere tale senza nessuno che lo ammiri, stessa cosa per il re senza sudditi. L’importanza delle relazioni e dei legami rappresenta il filo conduttore di questo racconto.

L’autore evidenzia l’ingenuità e la fantasia dell’infanzia in contrapposizione alla rigidità dell’uomo giù maturo “ … i grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano di spigargli tutto ogni volta …”. Viene messo in luce come gli adulti con le loro “bizzarrie” siano totalmente presi dai loro affari e non riescano a cogliere il senso della realtà e della reale utilità delle loro azioni, senza badare agli interrogativi posti dal Piccolo Principe.

Questo libro è il dialogo tra un adulto ed un bambino, all’interno del quale entrambe affrontano un processo di crescita e di conoscenza e ne escono arricchiti; l’autore parla al cuore degli adulti a cui nel mondo odierno sembra interessare null’altro che il proprio tornaconto personale.

Ci sono cose dei bambini che gli adulti non capiscono e queste incomprensioni sono motivo di sofferenza per un bambino ma ancor di più per il bambino che abbiamo dimenticato vivere ancora dentro di noi, il quale vorrebbe realizzassimo i nostri sogni di diventare pittori, piloti o qualsiasi altra professione sia nei nostri desideri senza che arrivi la società adulta a distruggerci i sogni all’età di 6 anni!

La figura del Piccolo Principe permette all’autore di riavvicinarsi alla sua parte bambina e di riuscire a leggere la realtà con gli occhi dell’infanzia, il protagonista si fa morsicare dal serpente per tornare sulla Terra perché l’autore-narratore non ha più bisogno di lui, il Piccolo Principe è riuscito nel suo intento di far riscoprire all’adulto il bambino che è ancora in lui.

Questa favola scritta durante l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, ad oggi rimane molto attuale.

 

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