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La tossicodipendenza in Requiem for a dream (2001)

La tossicodipendenza è il tema centrale affrontato in Requiem for a dream, in cui la sostanza viene utilizzata per affievolire le emozioni dolorose

Di Nicole Tornato

Pubblicato il 13 Gen. 2017

Requiem for a dream (2001) è la drammatica vicenda di Harry, Marion, Tyrone e Sara, tre giovani adulti e una signora anziana affetti da tossicodipendenza: il film dipinge un esempio di tale condizione attraverso i sintomi predominanti, tra cui i crimini effettuati e l’ingente quantità di tempo per procurarsi la sostanza, il consumo nonostante il peggioramento delle condizioni psicofisiche, i deliri e le allucinazioni indotte dall’uso.

 

La trama di Requiem for a dream

Dal punto di vista psicologico la solitudine e l’egoismo sembrano gli elementi preponderanti in ciascun personaggio costretto ad affrontare isolatamente la sofferenza derivata dalla dipendenza e dai traumi pregressi. Partendo dalla coppia madre-figlio, entrambi i protagonisti giocano a recitare una farsa l’uno in presenza dell’altra, fingono un benessere che non possiedono, negano la realtà, si illudono di poter cambiare la propria e altrui situazione, senza affrontare, di fatto il problema principale che li affligge: la morte del terzo membro della triade famigliare, il padre di Harry, nonché marito di Sara.

Il figlio promette ma non mantiene, millanta una vita che non ha e non riesce a costruire a causa della dipendenza, vorrebbe curarsi della madre, ma si affretta a procurarsi l’eroina per non sentire le emozioni disturbanti: oltre a questo, intuisce la necessità di un aiuto esterno, ma anche l’impossibilità di rivolgersi a qualcuno di affidabile; il padre non c’è, la madre finisce anch’essa sotto l’effetto di stupefacenti, il suo migliore amico è continuamente nei guai con la giustizia e la sua ragazza sembra più interessata alla sostanza che all’amore. Non possedendo le risorse per sostenere la rabbia, il vuoto e la disperazione, e in assenza di figure intime e supportive e di interessi alternativi, Harry si inietta una dose dietro l’altra, ricorrendo ad una strategia che garantisce una gratificazione immediata, ma un malessere repentino e implacabile.

Anche Sara si ritrova sola ad affrontare l’incapacità di gestire l’aggressività del figlio presente per derubarla e vantarsi di una vita perfetta e assente per perseguire i suoi scopi antisociali: senza il marito e circondata dalle amiche frivole e invidiose, ingerisce le amfetamine in quantità sempre più elevate con gravi risvolti psicotici: la percezione di sé, degli altri e del mondo ruota attorno alla trasmissione televisiva che assume significati abnormi e distorti, il tema del giudizio è pervasivo, le idee di riferimento e persecutorie ne costituiscono un esempio lampante, mentre l’estetica diventa il solo strumento di approvazione e riscatto per prevenire la delusione esterna e interna.

Diminuire e cambiare le porzioni alimentari è un’impresa ardua che implica uno sforzo eccessivo, non compaiono altre passioni a parte quel programma televisivo e le relazioni sono intrise di superficialità e insoddisfazione: con il passare del tempo la sostanza non basta più a sortire un beneficio imminente e l’aumento delle quantità porta rapidamente agli effetti indesiderati, così l’euforia, l’irritabilità, i deliri e le allucinazioni prendono il sopravvento senza che la donna si accorga della gravità della condizione.

Verso il finale, la trama delirante aggiunge un elemento prezioso sulla relazione madre-figlio: all’interno dello show, oltre alla Sara curata e apprezzata, compare un Harry mai visto, un adulto che ha superato i problemi di dipendenza e si è costruito una quotidianità fatta di lavoro e famiglia, un quadro che ricorda la negazione della realtà percepita come intollerabile e disturbante nella quale il giovane è sull’orlo del precipizio a causa dell’eroina, ricoverato in fin di vita in attesa del ritorno in carcere, solo e abbandonato dalla madre attanagliata dal crollo psicotico e dalla fidanzata ormai sulla via della prostituzione a causa del bisogno impellente delle dosi. La rappresentazione irreale di Harry è significativa del senso di fallimento di Sara che in quel momento non conosce la condizione attuale del figlio, ma ne immagina le conseguenze: inconsciamente la donna avverte la pericolosità della dipendenza da eroina e i suoi potenziali effetti, ma non riesce a fornire l’aiuto necessario.

La lettura psicologica di Requiem for a dream

Relazioni disfunzionali, vissuti di abbandono e la sostanza come gratificazione immediata

Le disfunzioni relazionali si manifestano anche nella coppia sentimentale Harry-Marion: la scena emblematica che definisce i ruoli interni è il sogno ricorrente di Harry intento a rincorrere Marion distratta e sfuggente. Harry, infatti, cerca spesso un contatto emotivo con la partner apparentemente poco coinvolta nel rapporto che assume una veste conflittuale quando manca il denaro per procurarsi la sostanza. In quegli attimi, Marion non gestisce più l’astinenza e diventa aggressiva nei confronti di Harry, fino ad allontanarsi e a mentire sulla prostituzione, che affronta con disperazione e in solitudine: anche lei vive il dramma di una famiglia che l’ha abbandonata in un costoso appartamento e ha delegato al terapeuta il compito di curarla dalla dipendenza, una situazione che lascia intendere la paura del pregiudizio in una famiglia in cui la visibilità ha un valore imprescindibile e la tossicodipendenza si pone come un problema da scacciare con il distacco e i “regali”, più che da avvicinare e affrontare con il sostegno e l’unione tra i membri.

Da un lato Harry sembra intenzionato a sostenere la partner, ma dall’altro ne comprende l’impossibilità di occuparsene: in un letto di ospedale con il braccio amputato, il giovane sprofonda nello sconforto, realizzando di non avere nessun al mondo, nemmeno Marion, con cui condividere il dolore lacerante. In questo attimo di profondo strazio sembra trasparire una concezione della partner, e segretamente della madre, come inaffidabile, che non l’ha protetto, né comparirà mai in suo soccorso, forse perché intuisce di patire una condizione analoga, oppure un senso di colpa per essere finito nei guai e non aver mantenuto la promessa di aiuto.

E infine anche Tyrone si trova ad attraversare l’abbandono e la solitudine, ma a differenza degli altri, il suo caso appare meno definito. Il ricordo d’infanzia di una madre accudente e responsiva si pone come una barriera protettiva nelle situazioni dove prevale la tristezza, un’immagine che “medica” insieme alle sostanze le emozioni disturbanti. Non si comprende la storia di Tyrone, ciò nonostante tale ambiguità può rivelare alcune informazioni sui significati personali: si conosce la madre attraverso un episodio preservato nella mente e non raccontato, nella quale la figura di attaccamento è cristallizzata in una cornice idealizzante. L’unica rappresentazione, per giunta positiva e incontaminata dalla narrazione, suggerisce una tendenza a proteggere il genitore attribuendogli una funzione esclusivamente protettiva: i lati negativi non compaiono, non si dispone pertanto di una visione integrata di questa mamma che non si sa bene che fine abbia fatto, ma resta vivida nei ricordi infantili e culla ancora il suo bambino, ormai cresciuto e con problemi ben più gravi. Il silenzio di Tyrone rivela una possibile percezione degli altri come inaffidabili, da qui il senso di solitudine da cui si difende appigliandosi a quell’inconfessabile immagine per ricostruire in modo allucinatorio l’unica situazione di amore e contenimento verosimile custodita interiormente.

La tossicodipendenza nell’adolescenza

Come si deduce dal film, la tossicodipendenza interferisce con i pensieri, la percezione, le emozioni e più in generale i rapporti interpersonali, impedendo un’elaborazione costruttiva del trauma. Il consumo delle sostanze si rivela in tal senso una strategia di risoluzione dei problemi che garantisce una gratificazione nel qui ed ora, ma con effetti pericolosi per il benessere psicofisico. È necessario ricordare la frequenza di eventi traumatici irrisolti, passati e recenti, medicati con le sostanze: spesso l’esordio e le ricadute avvengono in concomitanza di alcune circostanze che il paziente interpreta come particolarmente rilevanti, connessi prevalentemente alle dinamiche relazionali che concernono le figure primarie o secondarie di attaccamento.

Nel film, ad esempio, si intravedono tematiche di lutto e abbandono da parte dei caregivers, ma anche strategie educative permissive, in cui manca una compresenza di normatività e sostegno emotivo, particolarmente importante nella fase adolescenziale in cui sono cruciali la separazione-individuazione, la costruzione dell’identità, nonché l’interiorizzazione delle norme e dei comportamenti da attuare per non incorrere nelle condotte a rischio per la salute psicofisica.

Le sostanze in adolescenza possono assumere un significato legato alla sperimentazione, tuttavia è fondamentale tenere presente il rischio di esacerbazione o di incursione in una patologia di abuso o dipendenza in età adulta. In questo senso, un’adeguata presenza famigliare, costituita dall’autorevolezza in primis, è necessaria per supervisionare l’andamento delle condotte e fornire il supporto adeguato, mentre la scuola, con l’aiuto dello psicologo, potrebbe svolgere un ruolo importante nella prevenzione e, per di più, nella promozione di comportamenti creativi e costruttivi che sostituiscano i comportamenti pericolosi.

Per tale ragione è imprescindibile l’analisi dei bisogni, pensieri ed emozioni correlati all’uso, nonché dei contesti in cui il giovane sperimenta prevalentemente la sostanza (solitudine o in compagnia) per aiutarlo ad auto-osservare e a circoscrivere l’esperienza in termini emotivi, cognitivi e comportamentali. I significati e i temi frequenti della personalità costituiscono un aiuto per la valutazione delle risorse e dei nodi problematici; ad esempio, in un’organizzazione di significato personale di tipo DEP (Depressiva), nella quale predominano il senso di solitudine, impotenza e  fallimento, la sostanza è assunta in modalità decisamente più distruttive e talvolta suicidarie, rispetto ad un’organizzazione di tipo DAP (Disturbi Alimentari Psicogeni) in cui il consumo è ponderato e connesso al tema della definizione di sé (Guidano, 1988).

I bisogni implicati nell’abuso e nella dipendenza si ricollegano sovente ai compiti di sviluppo principali che concernono, come si è detto, la costruzione di un’identità propria, la separazione-individuazione dalla famiglia e dai pari, nonché la capacità di integrare diverse visioni di sé, dell’altro e della realtà, o ancora, il primo confronto con la sfera dei rapporti sentimentali e l’integrazione di varie tipologie di relazioni. D’altra parte non è raro riscontrare problemi legati alle sostanze o frequenti episodi di abusi e maltrattamenti nelle storie famigliari: laddove sia possibile, è fondamentale allargare l’intervento alla famiglia e ridurre il rischio di intensificazione e aggravamento dei danni psicologici derivati.

Per quanto riguarda i rapporti secondari di attaccamento, nei casi di tossicodipendenza si verifica di frequente, già a partire dall’adolescenza, l’aggregazione a compagnie o a legami sentimentali superficiali, nei quali la sostanza diventa il principale interesse in comune: le difficoltà interpersonali, come le separazioni o i litigi, sorgono così quando alcuni membri decidono di sottoporsi ad un trattamento di disintossicazione e quindi di allontanare la quotidianità precedente.

Nelle ricadute, ad esempio, si evidenzia un riavvicinamento a conoscenze coltivate in vista degli stupefacenti e un allontanamento da quelle che ne disapprovano l’utilizzo: i pari costituiscono una risorsa essenziale in adolescenza e un importante fattore protettivo è proprio la qualità di questi legami che per essere adeguata dovrebbe supporre un’interazione basata sulla reciprocità, il dialogo e l’ascolto, una condivisione di attività piacevoli e strutturate come lo sport, il teatro, la danza o il cinema, in grado di stimolare un impegno e un interesse produttivo. La coltivazione di passioni alternative alla sostanza potrebbe costituire un’importante risorsa psicologica per le sfide evolutive: non bisogna dimenticare che l’insorgenza di una patologia legata alle sostanze si dispiega attraverso l’interazione di vari fattori di rischio e protezione. Di conseguenza, le situazioni più critiche non sono necessariamente costituite da una predominanza di elementi pericolosi, bensì da determinati dati particolarmente salienti per il soggetto che riguardano in misura maggiore i rapporti  interpersonali significativi e le risorse psicologiche nelle gestione delle situazioni emotivamente impattanti: per queste motivazioni, è necessario esaminare la relazione tra rischio e protezione in uno specifico individuo, tendendo conto dell’interpretazione soggettiva degli eventi e del  significato attribuito.

Infine, quando compaiono le manifestazioni psicotiche, è importante comprendere la provenienza del disturbo: nel caso sia indotto dalle sostanze, gli episodi si verificano esclusivamente nelle fasi di intossicazione e disintossicazione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • American Psychiatric Association. (1994). DSM-IV, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Masson, Milano, 1996.
  • Bara, B. (2005). Nuovo manuale di psicoterapia cognitiva. Bollati Boringhieri, Torino.
  • Cattelino, E. (2010). Rischi in adolescenza. Comportamenti problematici e disturbi emotivi. Carocci, Roma.
  • Guidano, V. (1988). La complessità del sé. Bollati Boringhieri, Torino.
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