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Cosa ci dà più fastidio dell’aspettare in coda? Spoiler: non è la durata

Nell'aspettare in coda numerosi fattori possono generare stress, tra questi la percezione soggettiva ricopre un ruolo fondamentale

Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Michela Di Gesù, Martina Gori, Giulia Onida, Matteo Zambianchi

Pubblicato il 12 Lug. 2024

Cosa ci fa arrabbiare dell’aspettare in coda?

Attendere il proprio turno all’ufficio postale, essere in fila alla cassa del supermercato, ritrovarsi imbottigliati nel traffico all’ora di punta… le occasioni in cui dobbiamo aspettare in coda per fare qualcosa sono davvero numerose. Ci potrebbe sembrare che più è lunga l’attesa, peggio è, ma la ricerca mostra che non è così semplice. 

Lo studio dell’attesa in coda: al di là della semplice durata

Richard Larson – celebre ricercatore presso il Massachusetts Institute of Technology – ha stimato che le persone trascorrono in media uno o due anni della loro vita in coda. Il modo in cui un’azienda gestisce le file per accedere ai propri servizi ha notevoli implicazioni economiche, in quanto un’attesa lunga e sgradevole potrebbe danneggiare l’immagine che i clienti hanno di servizi offerti e dell’azienda, traducendosi potenzialmente in ingenti perdite economiche. 

Per questo motivo, esiste una branca della psicologia dedicata esclusivamente allo studio dell’attesa in coda, la cui interessante origine risale agli anni Cinquanta. Alcuni impiegati che lavoravano negli uffici di un grattacielo di Manhattan si lamentavano delle lunghe attese necessarie prima di poter accedere agli ascensori: gli ingegneri non trovarono alcuna soluzione per velocizzare il servizio, ma un membro del personale suggerì di installare degli specchi vicino agli ascensori, così che le persone potessero ingannare l’attesa osservando se stesse e gli altri. La soluzione fu adottata, e le lamentele si ridussero significativamente (Larson & Pinker, 2000). Non è chiaro se questa storia sia reale o semplicemente un racconto; tuttavia, essa evidenzia che il modo in cui percepiamo l’attesa è influenzato da fattori che vanno ben oltre la semplice durata.

Numerose aziende, infatti, oltre a proporre soluzioni per avanzare più velocemente nelle code o per saltarle (come ad esempio, l’imbarco prioritario), hanno elaborato anche altre strategie per migliorare l’esperienza dei clienti durante l’attesa, prima tra tutte la distrazione. Come suggeriscono diversi studi, il modo in cui gli individui si sentono quando aspettano in coda spesso conta di più della durata dell’attesa (Cameron et al., 2003): Disneyland sembra avere ben chiaro questo concetto, progettando file che riescano a intrattenere i clienti grazie a murales giganti e personaggi che interagiscono con le persone mentre attendono il loro turno. Un’altra tecnica molto efficace consiste nel gestire le aspettative, ad esempio fornendo una stima del tempo di attesa o informando i clienti di quante persone sono davanti a loro: ciò contribuisce a ridurre l’ansia, l’impazienza e l’incertezza durante l’attesa (Nie, 2000), specialmente quando non è possibile monitorare l’avanzamento della fila (come quando si telefona a un servizio clienti).

I diversi tipi di coda: qual è migliore?

Forse non ci si fa troppo caso, ma esistono due tipi di coda che si possono formare: in alcuni luoghi si formano tante file parallele più corte – è il caso delle code ai caselli autostradali – in altri una singola coda a serpentina più lunga. Questo potrebbe sembrare un dettaglio trascurabile, ma le aziende al giorno d’oggi sanno benissimo quanto sia importante tenere conto del tipo di coda che i clienti andranno a creare. Le ricerche ci mostrano come il tempo medio speso in coda nell’uno e nell’altro tipo di fila siano sostanzialmente paragonabili; tuttavia, la percezione che i clienti ne hanno, così come il livello di ansia e stress provati non sono gli stessi, soprattutto nel caso delle file parallele che risultano più imprevedibili (il tempo di attesa, in questi casi, è molto variabile).

Le lunghe code a serpentina sembrano quindi più vantaggiose rispetto alle parallele, anche perchè danno l’idea di essere più socialmente eque: chi prima arriva, prima viene servito. Le code parallele, invece, mettono fin da subito la persona davanti a degli enigmi – Quale fila scelgo? E se scelgo la fila più corta cosa mi garantisce che non si blocchi? – che causano in qualche misura stress e ansia. Il risultato è che in queste situazioni spesso molte persone saltano da una fila all’altra, ottenendo in realtà ben pochi benefici e causando frustrazione negli altri clienti. Molte aziende decidono quindi di creare una singola fila a serpentina di modo da rendere l’esperienza ai clienti meno stressante. Questa soluzione non è però attuabile in tutti i contesti: per creare una singola fila è necessario un grande spazio, che spesso molti esercizi commerciali non hanno. Negli Stati Uniti, ad esempio, il negozio Trader Joe’s propone in molti suoi punti vendita entrambi i tipi di coda.

Percezione soggettiva dell’aspettare in coda

Una ricerca ha evidenziato come, a prescindere dalla tipologia di coda, l’esperienza della stessa risente del rapporto tra il tempo di attesa effettiva e la ricompensa positiva data dal vedere avanzare fila in modo continuo e dinamico, senza che vi siano esperienze negative di lungaggini e intoppi soprattutto verso la fine della coda (Kahneman & Tversky, 2000; Kahneman et al., 1993 ). In altre parole, una coda che scorre con frequenza costante per fermarsi a lungo alla fine peggiorerebbe la percezione complessiva del cliente.

Per concludere, i contributi forniti dagli studiosi della psicologia delle code lasciano intendere quanto questo fenomeno sia strettamente legato alla percezione soggettiva e che, per quanto di fatto il tempo di un’attesa sia immodificabile nella sua natura, vi è invece un ampio ventaglio di possibilità in termini di condizionamento e percezione soggettiva dell’esperienza stessa che, nella forma di semplici accorgimenti, possono compensare le sensazioni di noia e frustrazione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Cameron, M., Baker, J., Peterson, M., & Braunsberger, K. (2003). The effects of music, wait-length evaluation, and mood on a low-cost wait experience. Journal of Business Research, 56, 421–430. 
  • Kahneman, D., Fredrickson, B. L., Schreiber, C. A., & Redelmeier, D. A. (1993). When more pain is preferred to less: adding a better end. Psychological Science, 4(6), 401–405. 
  • Kahneman, D., & Tversky, A. (2000). Choices, values, and frames. Cambridge University Press.
  • Larson, R. C., & Pinker, E. J. (2000). Staffing Challenges in Financial Services. In E. L. Melnick, P. R. Nayyar, M. L. Pinedo, & S. Seshadri (A c. Di), Creating Value in Financial Services: Strategies, Operations and Technologies (pp. 327–356). Springer US.
  • Nie, W. (2000). Waiting: Integrating social and psychological perspectives in operations management. Omega, 28(6), 611–629.
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