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Applicazioni della Schema Therapy per pazienti forensi: nuove frontiere della cura

Le ricerche sono favorevoli all'utilizzo della Schema Therapy nella gestione terapeutica dei pazienti forensi, spesso definiti incurabili

Di Guido Conti

Pubblicato il 10 Giu. 2024

Nuovi orizzonti nell’applicazione della Schema Therapy

Da molti anni studiosi e clinici della Schema Therapy stanno adattando il modello originario della Schema Focused Therapy di Jeffrey Young al trattamento dei gravi disturbi della personalità in ambito forense. La terapia ideata da Young tra gli anni ’80 e ’90 mirava infatti già dagli esordi a un trattamento integrato per i disturbi cronici e della personalità, sviluppato dall’integrazione tra la prospettiva cognitivo comportamentale con la teoria dell’attaccamento, il costruttivismo, la scuola della Gestalt e la teoria psicodinamica, in particolare delle relazioni oggettuali. Dall’origine del modello di Young si è assistito a un ampliamento della terapia verso il trattamento specifico dei pazienti forensi. Nel corso degli anni, infatti, essa è stata implementata in diversi Paesi quali Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Paesi Bassi (Rijkeboer, 2005; Tunnissen & Muste, 2002; Young et al., 2003). Tali sviluppi hanno permesso la stesura di modelli teorici e linee guida cliniche per il trattamento di questa tipologia di pazienti (Arntz, Bernstein, de Vos, 2007).

Popolazione forense e disturbi di personalità

Come noto, i disturbi di personalità sono fortemente rappresentati nella popolazione forense (de Ruiter, & Greeven, 2000; Hildebrand & de Ruiter, 2004; Leue, Borchard, & Hoyer, 2004; Rasmussen, Storsaeter, & Levander, 1999; Timmerman & Emmelkamp, 2001), in particolare il disturbo antisociale, narcisistico, borderline e paranoide. Dagli studi di settore sappiamo che tali disturbi presentano un importante rischio di ricadute e condotte violente (Hemphill, Hare, & Wong, 1998; Hiscoke, Langstrom, Ottosson, & Grann, 2003, Jamieson & Taylor, 2004; Putkonen, Komulainen, Virkkunen, Eronen, & Lonnqvist, 2003; Rosenfeld, 2003; Salekin, Rogers, & Sewell, 1996). Uno studio Britannico del 2004 di Jamieson & Taylor ha mostrato, infatti, come i pazienti forensi con disturbi di personalità avevano sette volte più probabilità di compiere successivamente un reato grave dopo la dimissione da un ospedale di alta sicurezza, rispetto a pazienti con altri problemi psichiatrici.

Effetti della Schema Therapy sui pazienti forensi

Già da recenti studi clinici multicentrici randomizzati si è assistito a una prospettiva ottimistica di trattamento di gravi disturbi di personalità, come i risultati proposti nel trattamento del disturbo borderline di personalità: tra pazienti randomizzati che avevano ricevuto un trattamento basato sulla Schema Therapy, il 50% di essi veniva valutato in remissione e il 70% mostrava un mantenimento di miglioramenti clinici dopo tre anni di terapia e i successi follow up annuali (Giesen – Bloo et al., 2006 ). Questi dati sorprendenti hanno ispirato studiosi come il Dr. Arnoud Arntz e il Dr. David Bernstein nell’adattamento del modello Schema Therapy ai pazienti forensi (Bernstein, Arntz and de Vos, 2007). Il modello proposto dagli autori è stato testato in trial clinici randomizzati multicentrici in sette differenti ospedali forensi presenti in Olanda. Dai risultati emergenti si rilevava che più dell’80% dei pazienti venivano dimessi per reinserimento in comunità sotto supervisione, rispetto al 60% dei trattamenti forensi classici.

Definizione degli schemi maladattivi precoci in Schema Therapy

Il modello originario teorizzato da Young, allievo di Aaron Beck, era indirizzato primariamente alla modificazione di schemi maladattivi precoci insorti in infanzia e durante l’adolescenza, a seguito dell’interazione tra componenti temperamentali e ruolo dei caregiver nel mancato soddisfacimento dei bisogni emotivi, nella messa in atto di comportamenti traumatizzanti, eccessiva indulgenza o sovraccarico di temi adulti (come nel caso di disturbi psichiatrici, malattie o abuso di sostanze dei caregiver).

Nello sviluppo della terapia cognitiva, Beck (1967) ha utilizzato il concetto di “schema” fin dai suoi primi scritti. In psicologia, in genere si definisce uno schema come una struttura mentale attraverso cui un individuo interpreta e classifica le esperienze vissute. Secondo Young (1990, 1999) la definizione di “Schema Maladattivo Precoce” diviene una struttura emotiva e cognitiva di tipo disfunzionale che si origina precocemente nello sviluppo e resta per tutta la vita, composta da memorie, emozioni, pensieri, immagini e sensazioni somatiche.

Schemi maladattivi precoci e stili di coping in Schema Therapy

Young (2003) introduce inoltre il concetto di modalità di coping maladattive, o stili di coping, definiti come comportamenti di “Resa”, “Evitamento” e “Ipercompensazione”.

Nel primo caso avviene un’accettazione incondizionata di uno schema e del dolore che esso provoca, rinforzando lo schema stesso e mantenendolo attivo. Il coping di evitamento, al contrario, porta a organizzare la vita in modo da impedire l’attivazione dello schema, sottraendosi a pensieri e immagini a esso associate o cercando di distrarsi e respingerlo. In questo stile di coping il soffocamento delle sensazioni connesse allo schema si manifesta generalmente con l’utilizzo di sostanze/alcol, sessualità promiscua, iper-lavoro o evitamento di relazioni intime.

Nell’ultimo stile di coping, l’ipercompensazione, ci si allontana al polo opposto dalla direzione dello schema; si riscontra questo meccanismo in chi riceve costante disapprovazione nella sua infanzia e, in età adulta, vive alla ricerca della perfezione, ma anche in chi era sottomesso e diviene ora egli stesso violento, prevaricando gli altri.

Schema Therapy e Mode nella cura di pazienti forensi

Notando l’attivazione contemporanea di numerosi schemi nei disturbi di personalità e le minori capacità metacognitive di integrazione, venne sviluppato da Young un modello maggiormente fruibile basato sui mode, particolarmente utile per gestire gli shift emotivi e il susseguirsi di stati mentali non integrati/dissociati nella coscienza (chiamato “Flip” dei mode). La concezione originaria di mode proposta dall’autore venne definita come l’insieme degli schemi o delle manifestazioni adattive o disadattive di essi, che si attivano in un individuo in un determinato momento, pertanto gestibili in diretta all’interno della seduta da parte del terapeuta.

Il modello prevedeva 11 diversi mode, divisi in categorie quali mode bambino, mode di coping disfunzionale, mode di genitore interiorizzato disfunzionale (critico, punitivo ed esigente) e mode di adulto sano e funzionale, capace di integrare i mode dissociati presenti nella persona.

Nello sviluppo del modello applicato a pazienti più gravi, come ad esempio nei pazienti forensi con disturbo antisociale e nella psicopatia, si inserivano numerosi mode di coping quali ad esempio il “protettore distaccato”, “protettore arrabbiato”, “auto-consolatore distaccato e auto-stimolatore”, “prepotente e violento”, “ipercontrollante paranoico”, “auto-esaltatore”, “manipolatore/truffaldino” e “predatore”, emersi nel corso della storia di vita degli individui come soluzioni di difesa rispetto a tematiche traumatiche e abbandoniche e agli stati emotivi associati a tali esperienze. Dalle storie di vita dei pazienti si evidenziavano infatti eventi fortemente traumatici, ricorrenti episodi di umiliazione, violenza e abuso, che si associavano a mode bambini quali il bambino vulnerabile abusato, abbandonato e umiliato, bambino arrabbiato/furioso e mode genitoriali interiorizzati critici e punitivi.

Il trattamento dei pazienti forensi propone, come nel modello originale di Young, differenti tecniche cognitive, comportamentali, immaginative ed esperienziali, abbinate ai mode e improntando l’intervento alla riduzione dei mode di coping disfunzionale, alla gestione della rabbia e all’accrescimento di quella parte adulta sana dell’individuo capace di reintegrare i mode dissociati nella personalità. Oltre al lavoro esperienziale, come da presupposto della Schema Therapy, si mettono a fuoco interventi mirati all’interno di una forte relazione terapeutica per offrire esperienze emozionali correttive, riscrivere il significato degli eventi passati, fornire un reparenting limitato e un confronto empatico.

Sebbene le ricerche siano ancora in fase preliminare, i risultati appaiono promettenti nella gestione terapeutica e nella diminuzione del tasso di recidiva dei pazienti forensi. Un programma sviluppato dal SafePath Institute, fondato nel 2011 da David Bernstein, ha proposto infatti l’ampliamento del modello rivolto ai team di cura in relazione a tali pazienti, attraverso supervisione e trattamento di gruppo. La crescita degli studi di settore si sta espandendo nel panorama forense, al fine di garantire protocolli evidence based e linee guida cliniche efficaci per il trattamento di casi in precedenza definiti come incurabili.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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