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I bambini che frequentano classi multietniche sono più bravi a comprendere la mente altrui

Che impatto ha trovarsi in ambienti educativi etnicamente diversificati sulla teoria della mente? La ricerca ha tentato di rispondere a questa domanda

Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Michela Di Gesù, Martina Gori, Giulia Onida, Matteo Zambianchi

Pubblicato il 16 Mag. 2024

La teoria della mente: come connettersi con gli stati mentali propri e altrui

La teoria della mente (ToM) è la capacità che ci permette di comprendere cosa pensa o prova un’altra persona (Premack & Woodruff, 1978); va da sé che questa abilità ci aiuta a spiegare e a prevedere i comportamenti altrui, consentendoci di gestire al meglio le interazioni sociali. Non a caso, i bambini con una buona teoria della mente sono considerati più socialmente abili dai propri insegnanti e vengono più frequentemente accettati dai pari (Devine & Apperly, 2022; Slaughter et al., 2015).

Teoria della mente e diversità etnica

Ad oggi, le conoscenze sulla teoria della mente provengono da studi che hanno indagato come essa emerge e si sviluppa nella prima infanzia e nelle relazioni precoci con la famiglia. Tuttavia, solo nell’ultimo decennio il focus si è spostato ad altre esperienze sociali tipiche dell’ambiente scolastico, con lo scopo di indagare come queste ultime contribuiscono a far sviluppare la teoria della mente nella seconda infanzia e adolescenza.

Il crescente interesse per la teoria della mente in associazione ad altri contesti potrebbe essere dato dal fatto che oggigiorno le classi scolastiche sono sempre più costituite da bambini appartenenti a etnie diverse. Ciò ha portato gli studiosi a prendere in considerazione la possibilità che entrare in contatto, fin da piccoli, con persone dai background e prospettive culturali differenti possa giocare un ruolo importante nello sviluppo della teoria della mente.

Alcune evidenze preliminari mostrano che entrare in contatto con persone appartenenti a un altro gruppo sociale riduce i pregiudizi e aumenta gli atteggiamenti positivi nei confronti dei membri di quello stesso gruppo (Allport, 1958) e di altri gruppi sociali (Pettigrew, 2009). Il contatto tra compagni di classe di etnie diverse potrebbe dunque influenzare positivamente come essi considerano altri gruppi sociali e come si comportano nei loro confronti (Hodson et al., 2018), in quanto permette loro di conoscere nuove prospettive (Pettigrew, 1998). Ad esempio, un interessante studio ha dimostrato che i bambini che frequentano classi inclusive, ovvero costituite anche da persone con disabilità, presentano livelli più elevati di teoria della mente (Smogorzewska et al., 2020).

Inoltre, la teoria della mente potrebbe svilupparsi anche grazie alle amicizie multietniche: essa sembra infatti essere fondamentale per generare e sostenere rapporti di amicizia e, a sua volta, l’amicizia consente di mettere in pratica questa capacità di lettura della mente altrui (Fink et al., 2015). Si è dunque ipotizzato che un’amicizia tra persone di gruppi etnici diversi, portando a interfacciarsi con esperienze e prospettive differenti dalle proprie, possa generare benefici cognitivi e sociali (Hodson et al., 2018); difatti, i bambini che stringono amicizie multietniche vengono generalmente definiti dalle insegnanti e dai pari come aventi maggiori competenze sociali (Kawabata & Crick, 2008; 2011).

Lo studio di Devine e colleghi: Un esempio concreto

Basandosi su teorie e studi precedentemente illustrati, una recente ricerca svolta in collaborazione tra l’Università di Birmingham e l’Università di Pavia (Devine et al., 2024) si è posta l’obiettivo di indagare se le interazioni sociali con altri compagni aventi background e prospettive culturali differenti possano giovare alla capacità dei bambini di comprendere i pensieri e le emozioni altrui.

Lo studio ha raccolto 730 bambini inglesi di età compresa tra gli 8 e i 13 anni, e ha previsto per loro una serie di compiti che generalmente servono per misurare le abilità di teoria della mente, come il Silent Film Task (Devine & Hughes, 2013), lo Strange Stories Task (Happé, 1994) e il Triangles Task (Castelli et al., 2000). Inoltre, gli insegnanti hanno compilato un questionario per ciascun bambino per fornire dati sulle dinamiche della classe.

I risultati hanno rivelato ciò che i ricercatori si aspettavano: i bambini che frequentano classi più eterogenee dal punto di vista etnico, o che hanno almeno un amico di origine “diversa”, hanno dimostrato capacità di teoria della mente superiori rispetto ai loro coetanei che frequentano ambienti meno vari. Questo effetto è stato osservato per gruppi di diversi genere, età ed etnia. Inoltre, lo studio ha verificato che l’interazione sociale con compagni “diversi” non conferisce benefici cognitivi a livello generale (es. abilità linguistiche, attentive o di flessibilità di pensiero), ma favorisce in modo specifico lo sviluppo delle abilità di teoria della mente.

Riassumendo, la ricerca di Devine et al. (2024) suggerisce che la varietà di prospettive offerte da un ambiente scolastico diversificato può essere una potente risorsa per migliorare lo sviluppo cognitivo e sociale dei bambini. 

I limiti dello studio: una spinta per la ricerca futura

Lo studio presenta alcuni limiti: innanzitutto, è stato utilizzato un disegno di ricerca cross-sectional, il quale prevede una sola misurazione delle variabili di interesse (e non più misurazioni nel tempo), motivo per cui non è possibile avere certezze sulla direzionalità della relazione osservata tra amicizie multietniche e teoria della mente. In altre parole, stringere amicizie con coetanei di un’etnia diversa dalla propria affina la capacità di ragionare sui pensieri e sui sentimenti altrui oppure, viceversa, i bambini con una teoria della mente più sviluppata tendono a instaurare amicizie multiculturali poiché meno influenzati da stereotipi razzisti? Studi futuri che si avvalgano di un disegno di ricerca longitudinale (il quale prevede più misurazioni delle variabili di interesse, in modo da osservarne l’andamento nel tempo) sono quindi necessari per fare luce su questi primi importanti risultati.

In secondo luogo, questo studio ha adottato delle categorie etniche solitamente utilizzate nelle indagini censuarie, le quali sono molto ampie e potrebbero “oscurare” i meccanismi attraverso cui le differenze tra i bambini promuovono lo sviluppo della loro teoria della mente: i bambini, infatti, possono differire gli uni dagli altri in più dimensioni (cultura, lingua madre, appartenenza religiosa), che potrebbero ricoprire un ruolo più o meno rilevante nel promuovere la considerazione dei pensieri e dei sentimenti altrui. Una stimolante prospettiva futura è dunque quella di adottare strumenti volti a cogliere le differenze etniche tra i bambini in modo più sfaccettato, così da esplorare se vi siano alcune caratteristiche che, più di altre, offrono ai bambini l’opportunità di riconoscere che le persone possono avere tanti punti di vista diversi sulla stessa realtà.

In conclusione, questo studio è stato il primo a esplorare la relazione tra diversità etnica all’interno delle classi, amicizie multietniche e sviluppo della teoria della mente. I suoi risultati, seppur preliminari, aprono nuove interessanti prospettive per la ricerca futura ed evidenziano l’utilità di un ambiente educativo inclusivo ed eterogeneo per favorire lo sviluppo cognitivo e sociale dei bambini.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Allport, G. W. (1958). The Nature of Prejudice. Doubleday Anchor Books.
  • Castelli, F., Happé, F., Frith, U., & Frith, C. (2000). Movement and mind: A functional imaging study of perception and interpretation of complex intentional movement patterns. NeuroImage, 12, 314–325. https://doi.org/10.1006/nimg.2000.0612
  • Devine, R. T., & Apperly, I. A. (2022). Willing and able? Theory of mind, social motivation, and social competence in middle childhood and early adolescence. Developmental Science, 25(1), e13137. https://doi.org/10.1111/desc.13137
  • Devine, R. T., & Hughes, C. (2013). Silent films and strange stories: Theory of mind, gender, and social experiences in middle childhood. Child Development, 84, 989–1003. https://doi.org/10.1111/cdev.12017
  • Devine, R. T., Traynor, I. G., Ronchi, L., & Lecce, S. (2024). Children in ethnically diverse classrooms and those with cross-ethnic friendships excel at understanding others’ minds. Child Development, 00, 1–15. https://doi.org/10.1111/cdev.14085
  • Fink, E., Begeer, S., Peterson, C. C., Slaughter, V., & de Rosnay, M. (2015). Friendlessness and theory of mind: A prospective longitudinal study. British Journal of Developmental Psychology, 33(1), 1–17. https://doi.org/10.1111/bjdp.12060
  • Happé, F. G. E. (1994). An advanced test of theory of mind: Understanding of story characters’ thoughts and feelings by able autistic, mentally handicapped, and normal children and adults. Journal of Autism and Developmental Disorders, 24, 129–154. https://doi.org/10.1007/BF02172093
  • Hodson, G., Crisp, R. J., Meleady, R., & Earle, M. (2018). Intergroup Contact as an Agent of Cognitive Liberalization. Perspectives on Psychological Science, 13(5), 523–548. https://doi.org/10.1177/1745691617752324
  • Pettigrew, T. F. (1998). Intergroup contact theory. Annual Review of Psychology, 49, 65–85. https://doi.org/10.1146/annurev.psych.49.1.65
  • Pettigrew, T. F. (2009). Secondary Transfer Effect of Contact. Social Psychology, 40(2), 55–65. https://doi.org/10.1027/1864-9335.40.2.55
  • Premack, D., & Woodruff, G. (1978). Does the chimpanzee have a theory of mind? The Behavioral and Brain Sciences, 1(4), 515–526.
  • Slaughter, V., Imuta, K., Peterson, C. C., & Henry, J. D. (2015). Meta-Analysis of Theory of Mind and Peer Popularity in the Preschool and Early School Years. Child Development, 86(4), 1159–1174. https://doi.org/10.1111/cdev.12372
  • Smogorzewska, J., Szumski, G., & Grygiel, P. (2020). Theory of mind goes to school: Does educational environment influence the development of theory of mind in middle childhood? PLOS ONE, 15(8), e0237524. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0237524
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