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La technoference in ambito familiare

A volte i dispositivi digitali possono interferire con le interazioni e le connessioni relazionali in famiglia: si parla di technoference

Di Lorenza Foglia, Lucia Candria, Roberta Sciore

Pubblicato il 23 Nov. 2023

Aggiornato il 24 Nov. 2023 20:37

La technoference

Nella società attuale la tecnologia appare sempre più in espansione, con la maggior parte della popolazione che dispone di strumenti digitali. L’uso di questi è riscontrabile in molti ambiti della nostra vita, tra i quali quello familiare. Viene dunque da chiedersi in che modo il loro frequente utilizzo possa influire sulle relazioni. A volte, alcuni dispositivi possono rappresentare momenti di condivisione tra i membri familiari, ad esempio quando si guarda insieme la TV o si gioca ai videogame (Padilla-Walker et al., 2012). Altre volte, invece, possono interferire con le interazioni ed interrompere le connessioni relazionali tra le persone. Tale interferenza è stata definita “technoference” (McDaniel, 2015; McDaniel & Coyne, 2016; McDaniel & Radesky, 2018), particolarmente rilevante nella relazione genitori-figli.

Una revisione del 2019 condotta da McDaniel ha evidenziato una serie di motivazioni che spiegano l’utilizzo dello smartphone durante i momenti di condivisione tra genitori e figli. Innanzitutto, bisogna riconoscere che i cellulari fanno parte della nostra vita quotidiana e sotto alcuni aspetti sono diventati indispensabili, rappresentando quasi un’estensione di noi stessi. Inoltre, le varie applicazioni e i giochi, ma anche i dispositivi stessi, sono progettati per catturare l’attenzione, intrattenendoci tra un impegno e un altro (Eyal, 2014).

Nella revisione è stato attenzionato inoltre come l’interazione digitale venga ricercata dai genitori come strategia di gestione della noia esperita (McDaniel, 2019). In un interessante lavoro sull’argomento Radesky e colleghi (2016) hanno condotto delle interviste semistrutturate su un campione di 35 caregiver di bambini fino agli 8 anni di età, dalle quali è stato individuato che l’utilizzo di dispositivi ha una funzione di regolazione. Gli autori definiscono tali vissuti emotivi e valutazioni cognitive “tensioni interne”, suddivise in tre temi principali.

Il primo tema riguarda le tensioni esperite a livello cognitivo. Dato il largo utilizzo a scopo lavorativo di vari dispositivi tecnologici, gli intervistati hanno riferito di sentirsi sovraccaricati dalla quantità di informazioni alla quale sono esposti e di provare una forte pressione a essere performanti sul piano lavorativo e allo stesso tempo a dedicare le proprie energie alla cura dei figli.

Il secondo tema evidenzia le tensioni a livello emotivo, rilevando una tendenza ad usare lo smartphone per evadere dallo stress o dalla noia e per sentirsi gratificati dal punto di vista relazionale, data la facilità di connessione con le altre persone. Alcuni soggetti, tuttavia, hanno riferito di sentirsi risucchiati dalla quantità di informazioni a cui hanno accesso, sperimentando livelli di stress più elevati durante l’utilizzo dello smartphone.

Infine, nell’ultimo tema sono emerse delle tensioni nella relazione caregiver-bambino: alcuni soggetti hanno riferito di sentirsi maggiormente presenti nella relazione con il bambino quando mettono da parte il proprio cellulare, riuscendo a focalizzarsi meglio sui suoi bisogni; altri, al contrario, hanno evidenziato l’efficacia dei dispositivi digitali nel garantire momenti di tranquillità in famiglia, ad esempio intrattenendo il bambino con un DVD mentre il caregiver naviga sui social (Radesky et al., 2016).

In particolare, l’uso dello smartphone in presenza dei figli risulta correlato al grado di stress percepito in relazione al ruolo genitoriale, con un uso più frequente in presenza di livelli di stress genitoriali più elevati (McDaniel & Radesky, 2018b). Infatti, secondo uno studio di Radesky e colleghi (2018), le madri che percepivano il proprio figlio come difficile erano più propense a usare il cellulare durante il momento del pasto (McDaniel, 2019).

Usare il cellulare abitualmente quando si è insieme ai propri figli potrebbe favorire l’adozione da parte dei bambini di comportamenti che suscitano stress nei genitori, alimentando un circolo vizioso all’interno della relazione (McDaniel & Radesky, 2018b; McDaniel, 2019). Poniamo il caso in cui un bambino voglia giocare con sua madre. Per chiederle di giocare insieme potrebbe provare a guardarla porgendole un giocattolo. Ma se la madre fosse distratta dal proprio cellulare, allora potrebbe tentare di farsi notare con più insistenza, ad esempio iniziando ad urlare, finché la madre, esasperata, si arrabbierà con lui e lo sgriderà. Oppure, davanti all’indifferenza della madre, potrebbe desistere dopo qualche tentativo di richiesta e andare a giocare da solo. A questo punto, quando la madre vorrà interagire con lui potrebbe trovarsi di fronte a comportamenti di evitamento da parte del bambino e sentirsi rifiutata.

Sebbene l’utilizzo dello smartphone durante i momenti di condivisione familiare possa avere degli effetti positivi, come la possibilità di ottenere dei momenti di tranquillità riferita da alcuni partecipanti intervistati da Radesky e colleghi (2016), molti contributi in letteratura hanno riscontrato un impoverimento della qualità della relazione, con un numero inferiore di interazioni verbali, una minore responsività genitoriale e, in alcuni casi, risposte più dure da parte dei genitori nei confronti dei propri figli (McDaniel, 2019).

Il rapporto caregiver-bambino e la technoference

Alla luce di quanto descritto relativamente all’interferenza della tecnologia nelle interazioni madre-figlio, è importante comprendere il ruolo della relazione nello sviluppo del bambino. 

John Bowlby, il quale definì tale relazione con il termine “attaccamento”, sottolineò l’importanza della madre come base sicura, che consente al bambino di allontanarsi per esplorare il mondo e poi farvi ritorno per ricevere conforto e protezione in caso di eventuali minacce. Studi successivi, in particolare quelli di Mary Ainsworth relativi alla Strange Situation, hanno poi rilevato diversi stili di attaccamento: sicuro, insicuro evitante, insicuro ansioso-ambivalente e disorientato/disorganizzato. Di questi, è lo stile di attaccamento sicuro ad assicurare al bambino uno sviluppo adeguato, nonché l’interiorizzazione di alcuni schemi relazionali, definiti modelli operativi interni, che caratterizzeranno anche le sue relazioni future (Fiore, 2017).

Secondo una revisione della World Health Organization (WHO; 2004), la presenza di un caregiver sensibile e responsivo verso i bisogni del bambino è fondamentale per il suo sviluppo fisico, psicologico e neurofisiologico. Al contrario, comportamenti di cura inadeguati, discontinui o totalmente assenti possono mettere a rischio la sua salute.

Un caregiver sensibile verso il proprio bambino è in grado di notare i segnali che esprimono un bisogno, riesce a interpretarli in maniera corretta per poi fornire una risposta rapida e appropriata. Ma se il caregiver si distrae con il cellulare o altri strumenti tecnologici non è in grado di cogliere tali segnali e di interpretarli correttamente, nonché di fornire risposte adeguate. Sebbene siano necessarie ricerche approfondite sul tema, è possibile che le interruzioni nelle interazioni tra genitori e figli favoriscano un attaccamento di tipo insicuro (McDaniel, 2019). 

Secondo uno studio di Stockdale e colleghi (2018), gli adolescenti che percepiscono i propri genitori come frequentemente distratti dai loro dispositivi tecnologici sentono di avere un rapporto con loro poco caloroso dal punto di vista affettivo. Inoltre, altri studi riportano che i genitori percepiscono maggiori problemi comportamentali di tipo esternalizzante ed internalizzante nei propri figli quando le loro interazioni vengono frequentemente interrotte a causa dell’utilizzo di dispositivi tecnologici (McDaniel & Radesky, 2018a; 2018b).

L’impatto della technoference sullo sviluppo dei bambini

Stockdale e colleghi (2020) hanno effettuato un esperimento utilizzando una versione modificata dello Still-Face Paradigm. Si tratta di una procedura strutturata in tre fasi, che consente di osservare l’interazione tra il caregiver e il bambino durante i suoi primi mesi di vita. 

Nella prima fase, il caregiver interagisce con il bambino come di consueto, attraverso espressioni facciali, vocalizzi, gesti etc. 

Nella seconda fase, definita still-face, il caregiver smette di interagire ed assume un’espressione del viso neutra. 

Infine, il caregiver ricomincia ad interagire con il bambino come nella prima fase, ripristinando la relazione (Tronick et al., 1978; Montirosso et al., 2007). 

Mentre nella versione originale durante la fase still-face la madre del bambino diventava improvvisamente seria, in questo caso il genitore iniziava ad utilizzare il cellulare. 

I risultati hanno mostrato un incremento di emozioni negative e un decremento di quelle positive nei bambini, un aumento dei comportamenti finalizzati ad auto-confortarsi, un orientamento verso gli oggetti della stanza e comportamenti di fuga mentre i genitori usavano lo smartphone. La maggior parte dei bambini durante la fase successiva di ricongiungimento con il genitore non era in grado di tornare ai livelli di attivazione precedenti l’esperimento e quindi di tranquillizzarsi. Tuttavia, i figli dei genitori che riferivano frequenti comportamenti di technoference mostravano risposte emotive negative meno intense durante la fase still-face con lo smartphone. Rispetto ai bambini di età inferiore ai 9 mesi, i più grandi hanno sperimentato livelli di emozioni negative maggiori in tutte le fasi dell’esperimento (Stockdale et al., 2020).

L’uso dello smartphone nelle interazioni tra genitori e figli risulta associato inoltre ad un minore sviluppo linguistico nei bambini (Morris et al., 2022). I processi che mediano tale associazione non sono ancora chiari, ma è stato rilevato che, quando i genitori utilizzano il cellulare in presenza dei figli piccoli, si verifica una riduzione di alcuni elementi relazionali che solitamente contribuiscono a un adeguato sviluppo linguistico. L’uso del cellulare distrae il genitore dal bambino, determinando una scarsa responsività verso i suoi bisogni (Morris et al., 2022). Ad esempio, da una ricerca condotta in Giappone è emerso che le madri che non utilizzavano lo smartphone durante l’allattamento orientavano l’attenzione sui propri figli e capivano prontamente quando erano sazi, al contrario di quelle che lo utilizzavano (Nakagawa et al., 2019; Morris et al., 2022). Inoltre, nelle situazioni di maggior utilizzo dei dispositivi sembrerebbe che vengano a mancare il gaze-following, ovvero la capacità del bambino di seguire lo sguardo del genitore verso una direzione nello spazio, e la joint-attention, ossia l’attenzione congiunta su un oggetto o un punto nello spazio. Secondo Morris e colleghi (2022), tutti questi fattori potrebbero contribuire allo sviluppo di abilità linguistiche. 

In conclusione, sebbene le ricerche sulla technoference siano ancora agli inizi, appare evidente che i device informatici rappresentano correntemente strumenti indispensabili nello svolgimento di tante attività concrete e relazionali della vita quotidiana. Tuttavia, le evidenze riportate sottolineano l’importanza del loro uso consapevole soprattutto nelle situazioni di scambio relazionale intrafamiliare. I dati presenti in letteratura necessitano di ulteriori approfondimenti per poter essere convalidati e giungere a risultati più solidi, ma quanto finora raccolto suggerisce l’importanza di ampliare la ricerca in questo ambito e di non sottovalutare gli effetti che un uso inconsapevole della tecnologia può avere sullo sviluppo dei bambini all’interno della relazione con i genitori.

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