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La salute mentale è davvero per tutti? L’accesso alle cure tra USA e Italia

Sebbene la parità di accesso alle cure per la salute mentale sia riconosciuta come un diritto civile, molti lottano ancora per ottenerlo

Di Micol Agradi

Pubblicato il 25 Lug. 2023

Salute mentale e post-pandemia: i dati allarmanti

Lo stato in cui versava la salute mentale collettiva prima della pandemia non era certamente rosea ma, dopo la crisi sanitaria globale da Covid-19, la situazione si è fatta decisamente più allarmante.

Prima della pandemia si stimava che una persona su otto nel mondo convivesse con un disturbo mentale; oggi, nell’epoca post-pandemica, le stime calcolano un incremento sia dei disturbi d’ansia che di quelli depressivi di oltre il 25%. Per quanto difficile sia stata per tutti, la pandemia ha innegabilmente colpito alcuni gruppi più di altri, esacerbando disuguaglianze sociali ed economiche già presenti all’interno delle comunità. Come spiegato dalla psichiatra Shim, la pandemia avrebbe causato danni più significativi alle persone più vulnerabili, cioè a quei gruppi tradizionalmente oppressi che subiscono discriminazione, emarginazione e classismo (le fasce più povere, i senzatetto, le categorie sociali discriminate). I danni a loro causati non consisterebbero solo in maggiori problematiche di salute mentale, ma anche in una maggiore difficoltà nell’accesso alle cure, creando di fatto un vero e proprio circolo vizioso dove i più bisognosi non riescono a godere del servizio di cui avrebbero bisogno.

Le ragioni comuni dello scarso accesso alle cure psicologiche

Sebbene la parità di accesso alle cure per la salute mentale sia ampiamente riconosciuta come un diritto civile, molti lottano ancora per ottenerla. Il fatto che esistano i servizi per la salute mentale non significa che tutti ne abbiano effettivamente accesso. In questa direzione, gli autori hanno provato a individuare quali potrebbero essere le principali ragioni alla base dello scarso accesso alle terapie psicologiche (Lega & Gigantesco, 2008).

Disinformazione

Spesso le persone affette da un disturbo mentale non ne sono totalmente consapevoli. Questo potrebbe essere legato non solo alla loro condizione, ma anche alla scarsa psicoeducazione che viene diffusa nel tessuto sociale in merito alle tematiche legate alla salute mentale.

Costo

Le persone che hanno maggiori probabilità di essere in terapia sono quelle che possono pagare di tasca propria. In Italia sarebbe auspicabile che fosse garantita una vera risposta da parte del Servizio Sanitario Nazionale, senza che le richieste di aiuto si disperdano obbligatoriamente nei circuiti privati di cura. L’iniziativa del “Bonus Psicologo”, anche se ha aumentato l’accessibilità degli approcci psicologici, non è riuscita a dare garanzie per il futuro, confermando ancora una volta la risposta del sistema privato al disagio come l’unica possibile.

Stigma sociale

Un altro fattore che potrebbe impedire alle persone di cercare assistenza è lo stigma nei confronti della malattia mentale. In alcuni contesti, le vecchie logiche legate ai pregiudizi e allo stigma sulla follia e sui disturbi mentali sono rimaste molto radicate, a dispetto della legge 180 che ha istituito la chiusura dei manicomi e della sensibilizzazione sul tema degli ultimi anni. Il problema è che lo stigma sulla salute mentale impedisce alle persone di cercare cure e segnalare i sintomi e, anche quando lo fanno, questi vengono spesso diagnosticati erroneamente a causa di pregiudizi diagnostici razzializzati di lunga data, che la comunità psichiatrica ha iniziato solo ora ad affrontare (ad esempio, alcuni studi dimostrano che gli afroamericani hanno maggiori probabilità di ricevere una diagnosi errata di schizofrenia rispetto ai bianchi americani).

USA: la proposta di una guarigione comunitaria

La pandemia è stata un urgente campanello d’allarme anche per i professionisti della salute mentale e per i politici, che sono stati spinti a reinventare l’accessibilità ai servizi di cura. Quello che si è scoperto è che, per avere successo nelle comunità svantaggiate, si ha bisogno di soluzioni che promuovano un senso di appartenenza, includendo l’ampliamento dell’accesso alle cure, il miglioramento della ricerca sulla salute mentale della comunità e la capacità delle persone di affrontare i propri problemi. Consentire alle comunità di essere impegnate nella propria cura può essere il passo più importante verso il raggiungimento dell’equità della salute mentale.

In questa direzione, in America il progetto “Imani Breakthrough” è stato riconosciuto come un modello di successo per il supporto della salute mentale nelle comunità locali Black e Latinx. Il programma, offrendo lezioni di promozione del benessere in un ambiente ecclesiastico guidato da persone del luogo, fa percepire alle persone la familiarità necessaria a superare l’esitazione nel cercare assistenza.

Un’altra soluzione che ha mostrato risultati promettenti è la telemedicina che, di fatto, ha permesso di parlare con pazienti che altrimenti avrebbero dovuto viaggiare per ore per raggiungere il servizio sul territorio.

Italia: rinforzare le risorse del sistema pubblico

Come espresso dallo psichiatra Mezzina, “l’attuale logica della salute mentale in Italia – basata sulla risposta individuale, per lo più episodica, declinata in ambito privatistico, affidata alle dinamiche del mercato e alla disponibilità di spesa dei singoli – configura una grave, inaccettabile disuguaglianza sanitaria”. Il problema della privatizzazione della cure psicologiche in Italia, unitamente alle azioni per farvi fronte, è stato il tema centrale dalla recente Consensus Conference sulle terapie psicologiche per ansia e depressione.

Per poter cercare di risanare questa situazione e agire sia in accordo con l’obiettivo dell’OMS, sia nel rispetto dell’articolo 32 della nostra Costituzione, ossia garantire un diritto alla salute mentale per tutti, sarebbe necessario introdurre alcuni cambiamenti:

  • Facilitare il riconoscimento dei cosiddetti ‘Disturbi Mentali Comuni’ a livello di cure primarie e diffondere educazione sanitaria a livello comunitario. Di fatto, In Italia i servizi di salute mentale sono principalmente concentrati sulla presa in carico di Disturbi Mentali Gravi, a causa del divario tra la stima della domanda potenziale dei Disturbi Mentali Comuni e le risorse effettivamente disponibili. Ciò finisce per rendere il trattamento farmacologico l’unica opzione terapeutica;
  • Migliorare le capacità di screening e prima risposta dei Medici di Medicina Generale (MMG), da un lato riducendo l’abuso di psicofarmaci ed evitando la medicalizzazione del disturbo, dall’altro guardando al soggetto nella sua complessità, così da favorirne l’inserimento all’interno delle reti di supporto formali e informali attivabili intorno a lui;
  • I MMG devono entrare a far parte del sistema della salute mentale, venendo affiancati ad equipe multidisciplinari e da volontari che aiutino la gestione della complessità individuale sociale.

Tutti questi aspetti andrebbero ripensati nel costruire un sistema globale di salute, in cui i servizi della medicina di territorio appaiono finalmente attori istituzionali primari, insieme alle istanze partecipative e associative dei cittadini.

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