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Obesità, disturbo da alimentazione incontrollata e disregolazione emotiva

Non è infrequente l’associazione tra obesità e disturbi alimentari, quale funzione svolge la disregolazione emotiva in questi disturbi?

Di Maria Antonietta Spinelli

Pubblicato il 17 Feb. 2023

È ormai noto in letteratura l’associazione tra Obesità, disturbo da Binge Eating, o Alimentazione Incontrollata, e disregolazione emotiva.  

 

Introduzione

 Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’obesità si caratterizza per essere una patologia cronica dovuta ad un eccesso di peso tale da compromettere significativamente lo stato di salute e la qualità di vita. Si tratta di patologia ad elevata prevalenza nella popolazione generale ed eziologia multifattoriale.

Il concetto di Disregolazione emozionale è nato a partire da Marsha Linehan (1993), che delineava tale componente assoggettabile ad una eccessiva vulnerabilità agli stimoli emotigeni.

Obesità e disturbo da alimentazione incontrollata

Secondo il National Institutes of Health l’indice di massa corporea o BMI fornisce indicazioni relative allo stato attuale della massa del soggetto, nonché la sua posizione rispetto alla curva normale della popolazione generale di riferimento. Tale dato è riassunto nella seguente tabella.

Obesità, Binge Eating Disorder e disregolazione emotiva Fig. 1

L’obesità e il sovrappeso quindi sono da considerarsi patologie croniche con forte impatto sulla salute pubblica. Il loro impatto sociale deriva dal fatto che l’obesità è spesso correlata a molteplici patologie secondarie che possono comportare una riduzione significativa sia quantitativa che qualitativa della vita, oltre a costi sanitari elevati. Secondo la Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità e delle Malattie Metaboliche (S.I.C.OB), da stime effettuate negli Stati Uniti, si è calcolato che negli obesi i costi dei servizi sanitari e farmaceutici sono più alti, rispettivamente, del 36% e del 77% rispetto ai normopeso.

Agrawal e colleghi, nel 2016, concettualizzano l’eziopatogenesi dell’obesità legata a un’interazione multifattoriale circolare composta da fattori genetici, ambientali, di tipo relazionale e lavorativo; a ciò si assocerebbero abitudini alimentari scorrette che, in parte, sono ascrivibili all’interno di un quadro di disturbo dell’alimentazione, disturbi dell’umore e di personalità.

Il Binge Eating Disorder – o Alimentazione Incontrollata – è definito dal mangiare, in un periodo di tempo circoscritto (per esempio nell’arco di due ore), grandi quantità di cibo che un’altra persona non riuscirebbe a consumare nello stesso tempo. A ciò si assocerebbe anche una sensazione di perdita di controllo descritta come “avere la sensazione di non poter smettere di mangiare o di non controllare cosa e quanto si sta consumando”.

Secondo l’American Psychiatric Association (2013) tali comportamenti sono caratteristici e ascrivibili in episodi di abbuffata con sensazione di perdita di controllo, consumo di grandi quantità di cibo, spiacevole sensazione di pienezza e marcato disagio associato a sensazione di disgusto verso se stessi. Per la diagnosi di Binge Eating è necessario una frequenza di almeno un episodio a settimana per un periodo non inferiore a 3 mesi.

Definizione di dirsegolazione emotiva

La definizione per eccellenza della disregolazione emotiva, come precedentemente enunciato, è nata a partire da Marsha Linehan (1993) che delineava tale componente assoggettabile in grande misura all’interno del disturbo borderline di personalità; indica una eccessiva vulnerabilità agli stimoli emotigeni composta da tre aspetti:

  • Maggiore reattività agli stimoli
  • Maggiore suscettibilità agli stimoli
  • Maggiore latenza di permanenza della risposta emozionale e lento ritorno ad uno stato base

Associazione tra binge eating disorder, obesità e disregolazione emotiva

 È noto come spesso sia presente un’associazione tra Obesità e Disturbo da Binge Eating (BED), tuttavia non tutti i pazienti obesi sono affetti da tale patologia psichiatrica. Secondo quanto riportato da Sanders e colleghi nel 2021, il paziente obeso con BED si distingue dall’obeso non BED, per un nucleo patologico che interessa una maggiore preoccupazione per il peso e la forma del corpo, per una maggiore sensibilità e vulnerabilità emotiva che ne determina una ridotta tolleranza, e una comorbilità maggiore con patologie d’ansia e dell’umore. Per il paziente che soffre di Binge Eating Disorder non è infrequente l’innescarsi di un circolo vizioso tale per cui il cibo da una parte funge da componente regolativa per intensi stati emotivi, e dall’altra scatena forti sensazioni di colpa e di vergogna. A differenza delle altre patologie all’interno del cluster dei disturbi dell’alimentazione, i pazienti BED mostrano una maggiore rassegnazione e pensiero di impotenza rispetto al cambiamento alimentare e/o fisico.

Per tale ragione non è infrequente l’associazione tra obesità e disturbi alimentari. Il BED presenta specifici correlati genetici (Bulik et al., 2003), una peculiare distribuzione socio-demografica tra i sessi (Spitzer et al., 1992) e una elevata comorbilità con disturbi emotivi e di gestione degli impulsi (Claes et al., 2006). Mussel e collaboratori nel 1995, evidenziarono che l’esordio del BED precede l’insorgenza dell’obesità come pure l’inizio delle diete. È stata dimostrata una correlazione positiva tra BMI e frequenza e gravità delle abbuffate (Timmerman e Stevenson 1996).

Alla luce di quanto illustrato, allora, il trattamento di elezione, e meno invasivo, potrebbe essere ascrivibile all’interno dell’aderenza a regimi alimentari, medico-prescritti, ipocalorici. Tuttavia, numerosi studi hanno dimostrato come il tasso di weight-regain (ovvero recupero di peso perso) si aggira intorno al 70-75% dei soggetti interessati, con un fallimento nel lungo termine e un recupero di peso prima di un anno dalla conclusione del trattamento (McGuire et al., 1999; Wing & Phelan, 2005).

La spiegazione del dato potrebbe provenire dal fatto che è frequente la connessione tra obesità e disturbi alimentari e che tra i soggetti che presentano comportamenti di BED è solita la manifestazione psicopatologica di sintomi ascrivibili all’interno di quadri di disturbi dell’umore e di ansia (Marcus et al., 1990; Bulik et al., 2002). Allo stesso tempo, tali sintomatologie si configurano come fattori di rischio del weight regain e difficoltà di aderenza al regime dietetico ipocalorico prescritto (Pagoto et al., 2007).

A tal proposito, Wegner e collaboratori (2002), in un campione di 27 pazienti di BED subclinici, hanno riscontrato che nei giorni delle abbuffate l’umore era peggiore rispetto al solito; allo stesso modo Stice e colleghi (2000) hanno evidenziato come le emozioni negative abbiano una relazione con l’abbuffata in particolare con tristezza, disperazione, noia e rabbia. Il paziente BED si sente tendenzialmente incapace di intervenire sulla situazione che provoca disagio e che muta in condizioni inaccettabili con spiccati sensi di colpa e sentimenti di incomunicabilità.

I comportamenti alimentari disfunzionali, come le abbuffate, parrebbero anche essere correlate a una difficoltà di gestione emozionale e di controllo degli impulsi (Claes et al.,2006; Dingemans et al., 2013; Rosval et al., 2006). Secondo Waller (2002) le abbuffate rappresentano una fuga o un blocco delle emozioni e del pensiero di fronte a uno stato emotivo ritenuto intollerabile, analogamente ad altri comportamenti impulsivi quali l’abuso di alcol o sostanze, autolesionismo e promiscuità sessuale.

La disregolazione emotiva è stata documentata e analizzata come fattore di mantenimento dei disturbi alimentari e in particolare del BED dallo studio di Whitesid e colleghi nel 2007. Lo scopo del lavoro era:

  • Valutare se i pazienti con modalità disfunzionali di abbuffata hanno anche maggiore difficoltà nella regolazione emotiva nella vita quotidiana;
  • Quanto la varianza dei comportamenti di abbuffata è spiegata da aspetti di disregolazione emozionale;
  • Quali aspetti e declinazioni della disregolazione emotiva giocano un ruolo nel mantenimento dei comportamenti di perdita di controllo.

Gli autori hanno quindi confermato le ipotesi iniziali secondo cui i soggetti che ricorrono alle abbuffate, principalmente soggetti BED, utilizzano tale strategia di regolazione in quanto meno provvisti di ulteriori modalità funzionali anche per una maggiore intensità e durata esperita nelle emozioni rispetto alla popolazione generale.

Tale componente porterebbe anche a una maggiore vulnerabilità al vissuto emotivo e alla necessità e urgenza di gestione immediata della situazione tramite strategie disfunzionali più brevi e veloci nell’abbassamento dell’arousal rispetto a modalità maggiormente funzionali, ma con più lenta discesa della curva emotiva. Inoltre, un ruolo chiave gioca anche la difficoltà nel riconoscimento della qualità (con incapacità di riconoscere le differenze per esempio tra rabbia, ansia e tristezza) del vissuto esperito e bassa alfabetizzazione emotiva che porterebbe a una maggiore difficoltà nell’individuazione di quale strategia funzionale mettere in atto.

Ci sono, inoltre, evidenze relative al fatto che la disregolazione emotiva nei BED sia ascrivibile all’interno di un quadro relazionale disfunzionale sviluppatosi nel corso dell’infanzia che successivamente genererebbe deficit di funzionamento e comprensione emotiva.

Disregolazione emotiva e BED

In quest’ottica, Buckholdt e colleghi nel 2010 hanno proposto un interessante modello in cui la disregolazione emotiva potrebbe essere concettualizzata come fattore modulatore nella genesi ed eziopatologia del BED. L’articolazione del lavoro si fonda sul fatto che un primo fattore di genesi potrebbe derivare dalla risposta genitoriale alle emozioni che creerebbe le basi per lo sviluppo della competenza emotiva, inclusa l’abilità di modificare l’esperienza emotiva e l’espressione di emozioni con comportamenti adatti al raggiungimento dello scopo e delle capacità empatiche di riconoscimento dello stato emotivo dell’altro.

Avrebbero quindi dimostrato come l’invalidazione delle emozioni da parte dei genitori correla con la diagnosi di disturbo alimentare (Haslam et al., 2008). Il comportamento alimentare disregolato, quindi, si ripercuoterebbe anche sull’incapacità nello sviluppo di strategie maggiormente funzionali dando il via a una marcata incapacità di sviluppo di regolazione emotiva (Waller e coll., 2007). Il tal senso, allora, la disregolazione emotiva potrebbe essere riletta come la risultante di un mancato tentativo regolatorio, in risposta all’invalidazione genitoriale, e con l’utilizzo di strategie disfunzionali nell’ordine di perdita di controllo sul cibo (Buckholdt et al., 2010).

Gli autori concludono che il mancato riconoscimento delle emozioni da parte dei genitori, in particolare della tristezza, porti i soggetti a non sviluppare strategie di coping funzionali (o perché considerate intense/sbagliate o per evitare di sconvolgere l’equilibrio familiare) con conseguente necessità di soppressione delle stesse. Ciò genera disregolazione emotiva a seguito di emozioni negative con conseguente utilizzo del cibo come autoconsolazione e/o allontanamento dalla situazione.

È stato inoltre condotto uno studio in cui viene valutato l’aspetto di disregolazione all’interno di un inquadramento diagnostico e a fronte di idoneità per interventi di chirurgia bariatrica. Lo scopo dello studio di Micanti e colleghi (2015), è di mostrare che le differenze tra i comportamenti alimentari sono legate alla disregolazione emotiva e che questa sia a sua volta connessa alle dimensioni mentali della psicopatologia obesa. I comportamenti alimentari possono essere considerati una caratteristica diagnostica di screening per la determinazione del trattamento dell’obesità di natura nutrizionale o di chirurgia bariatrica.

Conclusioni

I risultati suggeriscono che i comportamenti alimentari sono collegati all’equilibrio del sistema di regolazione emotiva. Tale dato potrebbe fornire informazioni cliniche significative e quindi essere parte dei criteri diagnostici e terapeutici dell’obesità. Nello specifico, un’analisi complessiva dei dati che evidenzi le differenze nei comportamenti alimentari, potrebbe fornire delle indicazioni specifiche e contribuire al successo o al fallimento del trattamento dell’obesità. Il tutto è coerente con i dati della letteratura che sottolineano la necessità di modelli flessibili per il trattamento dell’obesità. Il trattamento nutrizionale o l’esito della chirurgia bariatrica possono essere migliorati concentrandosi sulla regolazione emotiva intervenendo con la psicoterapia, il cambiamento dello stile di vita e/o anche un trattamento psicofarmacologico.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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