L’ADHD è un disturbo che può proseguire o essere diagnosticato in età adulta ed è importante tenere presente che il quadro sintomatologico è ben diverso da quello che si osserva nell’età infantile.
Cos’è l’ADHD o disturbo da deficit di attenzione e iperattività
L’ADHD si colloca all’interno del DSM-5 nella categoria dei disturbi del neurosviluppo, ossia quei disturbi che descrivono una serie di condizioni che hanno esordio e manifestazione nelle fasi dello sviluppo. L’ADHD è caratterizzata da livelli invalidanti di disattenzione, disorganizzazione e/o iperattività-impulsività. In particolare, la disattenzione provoca una significativa difficoltà nello svolgimento dei compiti, mancanza di perseveranza e disorganizzazione: non è causata da un atteggiamento di sfida o dalla mancanza di comprensione. L’iperattività comporta un livello di attività motoria e di agitazione eccessivo, che si traduce nell’incapacità di rimanere seduti, nel rispettare i turni all’interno di una conversazione e nell’intromissione nelle attività altrui. Infine, l’impulsività descrive azioni affrettate, che avvengono in modo immediato, senza alcuna premeditazione e che hanno insito un potenziale dannoso per l’individuo stesso. L’impulsività si traduce chiaramente in un’incapacità di ritardare la gratificazione e di conseguenza nel desiderio di una ricompensa immediata (DSM 5).
L’ADHD in età adulta
Erroneamente si è pensato per anni che l’ADHD fosse esclusivamente un disturbo dell’età infantile/adolescenziale, che necessitava di un trattamento temporaneo, per poi risolversi con l’età adulta. La realtà è ben diversa: circa il 60% delle persone a cui è stato diagnosticato questo disturbo in età infantile, continua a presentare la sintomatologia anche in età adulta, ovviamente con manifestazioni e conseguenze diverse (Auriemma, F., 2016).
L’ADHD è un disturbo che può proseguire o essere diagnosticato in età adulta ed è importante tenere presente che il quadro sintomatologico è ben diverso da quello che si osserva nell’età infantile:
- Disattenzione: fa riferimento a un’importante difficoltà nel mantenere l’attenzione, difficoltà che si traduce come distraibilità, ipersensibilità agli stimoli esterni e un deficit attentivo (ossia mantenere l’attenzione su compiti lunghi e potenzialmente non interessanti per il soggetto). Negli adulti è un sintomo che si manifesta in particolare modo nella mancata attenzione ai dettagli e nelle funzioni esecutive, tra cui le abilità decisionali e la memoria di lavoro. Quest’ultima ha delle ripercussioni importanti nello svolgimento delle attività quotidiane nella vita di una persona adulta (Mencacci & Migliarese, 2021).
- Iperattività: questo è un sintomo che si modifica estremamente nelle diverse fasi della vita. In età adulta non si fa tanto riferimento all’iperattività comportamentale, come si nota in un bambino con ADHD che non riesce a controllarsi da un punto di vista motorio, quanto invece a una “tensione ed agitazione interna, irrequietezza, e incapacità di rilassarsi” (Ibid.) Possiamo quindi dire che l’iperattività nell’adulto diventa evidente laddove c’è una verbalizzazione accelerata, un’incapacità a rispettare i turni di parola e una forte disorganizzazione (Ibid.)
- Impulsività: fa riferimento alla tendenza comportamentale che porta il soggetto adulto, con un disturbo da deficit di attenzione e iperattività, a cercare la ricompensa immediata e ad essere incapace nell’inibire comportamenti inadeguati o indesiderati (Ibid.). È interessante evidenziare che i comportamenti dettati dalla impulsività sono quelli che portano a una difficile distinzione tra ADHD e disturbo bipolare o altri disturbi perché si traducono, ad esempio, in relazioni sentimentali che si interrompono e si sostituiscono velocemente, in licenziamenti ingiustificati e in condotte rischiose (sensation seeking) e irresponsabili (es. spendere eccessivamente).
ADHD e comorbidità con il gioco d’azzardo
Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività viene considerato come un prototipo di disturbo dell’impulsività, sintomo centrale della sintomatologia; pazienti in questa condizione spesso mostrano altre forme di impulsività legate ad altri disturbi (Davtian et al., 2012).
In questo articolo ci si soffermerà sul legame tra l’ADHD e il gioco d’azzardo, prendendo in considerazione due peculiarità del disturbo da deficit di attenzione e iperattività: l’impulsività e la disregolazione emotiva. Liu e colleghi (2013) hanno trovato che i soggetti impulsivi hanno più probabilità di impegnarsi in attività rischiose, mossi dal desiderio di alleviare uno stato psicologico di under-arousal, o sotto-eccitazione, tipico dell’ADHD. Il Gambling o Gioco d’azzardo costituisce un’attività rischiosa proprio perché, citando il DSM, “comporta nel rischiare qualcosa di valore nella speranza di ottenere qualcosa di maggiore” (DSM-5); è stato concettualizzato in termini di impulsività, termine che generalmente fa riferimento a comportamenti e processi cognitivi inappropriati, prematuri, scarsamente ponderati e che si traducono a lungo andare in risultati indesiderati (Chamberlain et al., 2015). La comorbidità tra gambling disorder (GD) e ADHD può sembrare paradossale perché gli individui con ADHD mostrano difficoltà a mantenere l’attenzione, mentre un iper-coinvolgimento di quest’ultima è richiesto negli ambienti di gioco (Mestre-Bach et al., 2019). Tuttavia, è stato sottolineato precedentemente che i deficit di attenzione nell’ADHD possono cessare quando il compito è altamente gratificante e interessante per il soggetto
Secondo uno studio, i pazienti che presentano sintomi di ADHD riportano un’età inferiore di esordio del gambling, dato significativo in quanto l’età d’esordio è associata alla gravità sia del comportamento di gioco, sia delle conseguenze: più è precoce l’esordio, maggiore sarà la gravità (Aymamí et al., 2015).
A causa delle difficoltà nella regolazione emotiva, gli individui con gambling disorder o ADHD tendono ad utilizzare strategie disadattive, come sopprimere le emozioni, l’evitamento, rimuginare e catastrofizzare, quando si trovano a fronteggiare emozioni negative (Mestre-Bach et al., 2019). Davtian et al. (2012) ha confrontato due gruppi di individui con disturbo di gambling, con e senza ADHD in comorbidità, trovando che coloro che erano affetti da ADHD erano più inclini a presentare ansia, preoccupazione, depressione, isolamento sociale e bassa autostima. Questo ritrovamento ha portato gli autori a considerare il gioco d’azzardo come un possibile meccanismo adattivo finalizzato a regolare gli stati emotivi negativi e lo stress in coloro che presentano il disturbo da gioco d’azzardo e ADHD.
Un altro parallelismo significativo è quello riportato da Theule et al. (2016): gli individui affetti da gioco d’azzardo patologico presentano deficit nelle funzioni esecutive, elemento che tipicamente si nota negli individui con ADHD; inoltre, sembra che i modelli di comportamento seguiti dai giocatori ricordino quelli dell’ADHD, tra cui la tendenza a preferire la gratificazione immediata rispetto a quella ritardata (Ibid.).
Questi dati sono rilevanti per le scelte terapeutiche; si deduce che la terapia per l’ADHD possa essere utile anche per i soggetti con problemi di gioco, in quanto interventi centrati sulla gestione dell’impulsività. Conoscere la co-occorrenza di queste due condizioni offre utili informazioni in termini di pianificazione del trattamento per individui con problemi di gioco. (Theule et al., 2016)
In conclusione, L’APA (2013) sostiene che la disattenzione e l’iperattività clinicamente significative possono fungere da fattori di rischio per la progressione del disturbo da gioco.