La funzione primaria delle aspettative è quella di guidare il comportamento in vista dei nostri obiettivi a breve come a lungo termine.
Ndr – Il presente articolo è il terzo di una serie di tre articoli sul tema delle aspettative. Il primo e il secondo articolo sono stati pubblicati nei giorni scorsi su State of Mind
Negli articoli precedenti si è cercato di fornire un quadro informativo chiaro e ampio, anche e certamente non esaustivo, sull’aspettativa, uno dei costrutti di base della psicologia sociale. Nella prima parte si è fornita la definizione di cosa sia un’aspettativa e alcuni spunti per comprenderne il suo ruolo fondamentale di guida per il comportamento. Nella seconda parte sono stati esposti i parametri in base ai quali comprenderne la natura ed, eventualmente, valutarne la validità qualora fossimo in grado di cogliere quelle aspettative che ci guidano in una determinata situazione.
In questa terza parte verrà descritto il loro impatto, pressoché ubiquo, sulla nostra vita quotidiana. La ragione di fondo sta nel fatto che queste credenze riguardanti eventi futuri soggettivamente stimati come probabili (Roese & Sherman, 2007) influenzano il nostro comportamento, i nostri pensieri e le nostre emozioni. Ma trattiamoli in ordine.
Come visto in precedenza, inizialmente, di fronte a una situazione nuova, l’aspettativa che si crea possiede una struttura molto semplice, basata sull’associazione tra elementi che la nostra mente astrae dal contesto. Con l’accumulo di esperienze questi elementi tendono ad essere organizzati in reti complesse e altamente flessibili, che ci permettono di realizzare un buon grado di adattamento nelle diverse situazioni che incontriamo, risparmiandoci lo sforzo di cercare di ‘mettere a fuoco’ le situazioni e facendoci conservare tempo e risorse mentali che potremo, così, utilizzare per rispondere con maggiore efficienza alle richieste ambientali.
La funzione primaria delle aspettative è quella di guidare il comportamento in vista dei nostri obiettivi a breve come a lungo termine, in relazione ai quali siamo messi nella possibilità di creare piani di azione più o meno complessi, che considerino anche l’evoluzione delle circostanze nel tempo. Molti fenomeni noti ormai da tempo in ambito clinico e di ricerca possono aiutarci a comprendere questa funzione (Roese & Sherman, 2007).
Uno di essi è la ‘facilitazione del successo’ (Oettingen & Mayer, 2002), ovvero il fenomeno in base al quale possedere credenze positive sul proprio successo futuro ha effetti facilitatori sull’impegno personale, sulla persistenza nel compito, sulla creazione di piani per raggiungere gli obiettivi e, in ultima istanza, sull’effettiva riuscita e il raggiungimento dei propri scopi.
Un altro fenomeno è quello dell’optimistic bias shift (Taylor & Gollwitzer, 1995), in base al quale un corso d’azione già intrapreso determina lo slittamento delle proprie aspettative verso una prospettiva maggiormente ottimistica, soprattutto se il soggetto possiede verso i propri obiettivi un orientamento di fondo mirante al perseguimento dei risultati desiderati (in contrapposizione all’evitamento di risultati temuti; Higgins, 1997).
Altri fenomeni, noti in clinica, sono poi l’anticipazione del fallimento in chiave difensiva dell’autostima, come anche l’anticipazione di problemi che potrebbero presentarsi, quest’ultimo fenomeno utile a spingere il soggetto alla ricerca e alla pianificazione di soluzioni ad hoc, a considerare le conseguenze potenziali delle proprie decisioni e a ipotizzare piani d’azione legati alle diverse contingenze possibili (Sanna, 2000).
Un fenomeno molto noto presso il grande pubblico è, infine, quello della self-fulfilling prophecy, dove i processi cognitivi e il comportamento procedono in maniera da selezionare, prestare maggiore attenzione e agire in base alle informazioni ambientali che risultano essere coerenti con le aspettative che si possiedono (ad esempio: Chen & Bargh, 1997). Quando le aspettative sono irrealisticamente fallimentari o eccessivamente pessimistiche il risultato è che il soggetto diviene l’artefice e il promotore delle proprie sconfitte, con il risultato conseguente, spesso, di esacerbare visioni del mondo negative e disperate, come anche alimentare – come accade ad esempio nel disturbo d’ansia sociale – difficoltà altamente frustranti.
L’impatto sul comportamento è di primaria importanza per comprendere la funzione delle aspettative e si accosta all’impatto delle aspettative sulla cognizione e sulle emozioni provate dal soggetto.
In generale, dal punto di vista cognitivo le aspettative guidano l’elaborazione delle informazioni in modi che tendono a confermarle. Partendo da questa premessa è possibile poi considerarne l’impatto su alcuni processi cognitivi fondamentali (Roese & Sherman, 2007).
L’influenza delle aspettative sui processi attentivi
In primo luogo, l’influenza sui processi attentivi e sulla ricerca delle informazioni. Le aspettative possono essere paragonate a ipotesi che il soggetto verifica grazie alle informazioni ricevute dall’ambiente (Klayman & Ha, 1987). Nel caso l’ipotesi venga disconfermata, l’informazione ottenuta verrà considerata inattesa e nuova, il soggetto sperimenterà la sensazione che ‘c’è qualcosa che non va‘ (esperienza di disfluenza percettuale e/o semantica) e l’attenzione verrà focalizzata sulla fonte di informazione incongrua con le previsioni (Barthalaw, Fabiani, Gratton & Bettencourt, 2001), allo scopo di darle senso e utilizzarla per adattarsi alla situazione.
Rispetto ai processi di codifica, le aspettative possono influenzare il modo in cui interpretiamo gli eventi, fornendo un quadro di riferimento in base al quale cercare ulteriori informazioni da utilizzare per valutare il proprio agire. L’informazione che conferma le aspettative tende a essere compresa più facilmente, viene processata in maniera inconsapevole e inattenta ai dettagli e, infine, tende a definire il modo in cui un evento rappresentato in memoria e, quindi, come viene ricordato. La stessa cosa avviene quando le informazioni rilevate nell’ambiente sono incongruenti con l’aspettativa. In questo caso, però, la loro elaborazione in genere è più approfondita e i dettagli analizzati con maggiore attenzione, per permettere la creazione di una traccia mnestica unitaria e distinta (Sherman, Lee, Bessenhoff & Frost, 1998). In entrambi i casi lo scopo principale è fornire alla persona un quadro il più possibile fedele alle circostanze in cui si trova e in cui in futuro potrebbe ritrovarsi, per promuoverne (come detto negli articoli precedenti) l’adattamento.
Aspettative e memoria
Altri processi cognitivi influenzati in maniera importante dalle aspettative, come intuibile dalle righe precedenti, sono relativi alla memoria. Per quanto riguarda il recupero di ricordi e il riconoscimento delle situazioni, entrambi i processi risultano facilitati per eventi nel passato giudicati inattesi, in ragione di un maggior tempo di elaborazione delle informazioni ambientali da parte della memoria di lavoro nel tentativo di darvi senso in relazione alle nostre aspettative (Sherman et al., 1998).
Cosa accade in questi casi? La ricerca ci informa che di fronte a una disconferma l’aspettativa è sottoposta a una revisione nei termini della modifica riparativa o di una ristrutturazione completa, effettuate tramite il tentativo di attribuire un’origine alla disconferma (attribuzione causale), il pensiero controfattuale, (Se fosse avvenuto x, la conseguenza sarebbe stata y) o , infine, per mezzo della percezione – distorta – che il risultato inatteso era in realtà prevedibile e ovvio (hindsight bias). Il prodotto di queste tre attività risulterà in uno di questi possibili esiti inferenziali, che daranno senso alle informazioni inattese (Roese & Sherman, 2007):
- l’informazione discrepante con l’aspettativa è ignorata;
- l’informazione discrepante è marcata come caso eccezionale, ma non elaborata oltre;
- l’informazione discrepante è considerata come eccezione alla regola generale, l’aspettativa originaria è ampliata e il comportamento dell’individuo diviene più flessibile;
- L’aspettativa viene completamente rivalutata;
Aspettative ed emozioni
Per terminare con questo breve resoconto degli effetti delle aspettative sull’individuo che le possiede, vanno infine considerate le relazioni che intercorrono tra esse e le emozioni.
La funzione delle emozioni, in questo caso, è quella di segnali regolatori che indicano lo stato del progresso verso uno scopo considerato desiderabile o dell’evitamento di qualcosa considerata nociva. Rispetto a ciò possiamo avere, in generale, stati di affettività positiva (orgoglio, sentimenti di ‘starcela facendo’ etc.) oppure di affettività negativa (sentimenti di inutilità, sensazione di stare ‘perdendo slancio’ etc.). Le emozioni, nel primo caso, segnaleranno al soggetto che è in atto un effettivo progresso nei confronti dei propri obiettivi mentre, nel secondo caso, segnaleranno che i progressi non sono quelli attesi e che è necessario fare qualcosa perché questo stato di cose cambi (meccanismi regolatori di feedback). Questi fenomeni, a loro volta, avranno un impatto sulle cognizioni e sul comportamento. Ad esempio, nel caso dell’affetto positivo, tra le altre, avremo l’adozione di una prospettiva maggiormente ottimistica del progresso verso i risultati, un’attesa di maggiori guadagni futuri e maggiore persistenza e impegno nel perseguire gli obiettivi. Nel caso dell’affetto negativo, alcune conseguenze includono l’attivazione di processi di problem solving, la revisione delle aspettative, la diminuzione degli sforzi nel perseguire l’obiettivo fino anche alla rinuncia, come anche la revisione dei propri piani per raggiungere gli obiettivi prefissati (vedi ad esempio, Carver & Scheier, 1998).
Conclusioni
Alla fine di questo viaggio nel mondo delle aspettative sorge spontanea una domanda che spesso accompagna il non specialista quando legge di psicologia: ‘Ma tutto questo a che cosa serve?’.
Le aspettative ci guidano dal momento in cui apriamo gli occhi la mattina – quando ci alziamo sapendo che le cose saranno tutte al posto dove le abbiamo lasciate, che il bagno funzionerà, che la cucina non esploderà quando accenderemo i fornelli per fare il caffè – al momento in cui ci addormentiamo nel nostro letto, certi del fatto che l’ambiente in cui ci troviamo è prevedibile e (si spera) sarà molto improbabile che qualsiasi evento strano accadrà mentre dormiamo. Le aspettative ci guidano continuamente, ci dicono dove e con chi proveremo probabilmente emozioni positive, ci indicano a chi avvicinarci e chi evitare, ci dicono come comportarci e i passi da fare per ottenere i nostri obiettivi a breve e lungo termine, ci permettono di adattarci a situazioni per noi nuove e ci indicano come comportarci in situazioni di pericolo.
La domanda, insomma, dovrebbe essere ribaltata piuttosto in: ‘C’é qualcosa che facciamo per la quale non abbiamo bisogno di aspettative?’. La risposta per chi scrive è un netto no.
UN COSTRUTTO DI BASE DELLA PSICOLOGIA SOCIALE: L’ASPETTATIVA – LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI DELLA SERIE: