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La relazione tra difficoltà di calcolo, ansia per la matematica e funzioni esecutive: uno studio nelle classi terze, quarte e quinte della scuola primaria

Molte persone sperimentano apprensione e paura quando hanno a che fare con informazioni numeriche, fenomeno che prende il nome di ansia per la matematica

Di Adelina Di Napoli, Jessica Anselmi

Pubblicato il 26 Mar. 2021

L’ansia per la matematica è una reazione affettiva negativa a situazioni che coinvolgono numeri, matematica e calcoli matematici e può manifestarsi fin dalla scuola primaria.

Adelina Di Napoli e Jessica Anselmi – OPEN SCHOOL Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

 

… Questo grandissimo libro (io dico l’universo)… non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica.
(Galileo Galilei, 1623)

Il numero è sicuramente uno dei concetti matematici più difficili e complessi anche se, fin da molto piccoli, tutti si trovano a dover “fare i conti” con il mondo dei numeri. Esso fa parte della nostra vita in modo così profondo che anche i bambini ne fanno uso ancora prima di sapere che cos’è. Ritroviamo il numero ovunque, in qualsiasi epoca e in molte società, anche le più primitive, ovviamente con forme e aspetti diversi, e principalmente allo scopo di contare.

Quello che al giorno d’oggi conosciamo sullo sviluppo del concetto di numero nel bambino e dei vari processi che caratterizzano l’apprendimento aritmetico è sicuramente il frutto di ricerche che si sono interessate all’evoluzione del numero nella storia e alle abilità numeriche più semplici, presenti addirittura negli animali.

La rappresentazione del numero si è evoluta attraverso migliaia di anni, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui la capacità di elaborare e utilizzare le informazioni numeriche fa ormai parte della nostra struttura cognitiva.

Oggi la ricerca psicologica dimostra che nasciamo predisposti all’intelligenza numerica così come all’intelligenza verbale. Se allora è fondamentale, dal punto di vista educativo, accompagnare lo sviluppo del linguaggio attraverso una adeguata istruzione, è altrettanto necessario accompagnare lo sviluppo delle capacità di “intelligere” i fenomeni attraverso la quantità e i suoi principi.

La conquista della conoscenza numerica costituisce senza dubbio uno dei processi più affascinanti e complessi dello sviluppo infantile.

Ma come giungono i bambini a riconoscere le quantità, a rappresentarle e a manipolarle attraverso un sistema simbolico complesso quale quello dei numeri?

Per anni la teoria predominante che spiegava lo sviluppo delle abilità matematiche è stata quella di Piaget (1965). Per Piaget il bambino non impara il concetto di numero dagli adulti, ma in qualche modo deve scoprirlo da sé dando senso alla propria esperienza, e ciò non avviene prima dei 6-7 anni di età. Egli ritiene che il concetto di numero è acquisito solo dopo quello di cardinalità (idea d’invarianza di un valore, equivalenza tra gli oggetti, modificando la loro posizione nello spazio) e di seriazione (comprendere che un oggetto può essere contemporaneamente più grande di uno e più piccolo di un altro).

Oggi, invece, la più recente ricerca psicologica ha dimostrato come la capacità di comprendere il mondo in termini numerici sia innata e condivisa dall’uomo con animali che si trovano a diversi livelli della scala filogenetica (Rugani, Regolin e Vallortiga 2007).

I bambini, come gli adulti, sembrano possedere un particolare processo di percezione visiva, chiamato subitizing, che permette loro di ricavare la numerosità di un insieme in modo immediato, senza attivare particolari abilità di conta (Mandler e Shebo, 1982) e ciò dimostra una sensibilità alle quantità da uno a tre che sembra essere innata.

Se ancor prima di saper contare, la specie umana sa capire i fenomeni anche in termini di quantità se ne deduce che la conoscenza numerica dipenda da principi cognitivi innati che, integrati con i principi appresi (conoscenze quantitative e conoscenze verbali), determinano sia la competenza nei meccanismi di conteggio, sia la capacità di usare il linguaggio simbolico del sistema numerico verbale e scritto.

Le competenze matematiche dei bambini variano notevolmente durante tutti gli anni della scuola e, alcuni di essi possono mostrare gravi difficoltà con l’acquisizione di adeguate competenze in uno o più domini della materia (Berch & Mazzocco, 2007; Duncan et al., 2007). Infatti, la matematica è una capacità multiforme, di alto livello, che si basa su un certo numero di abilità cognitive quali la memoria di lavoro, le funzioni esecutive, la memoria semantica a lungo termine e la velocità di elaborazione delle informazioni (Andersson, 2007; Berg, 2008; Passolunghi, Mammarella, e Altoè, 2008). Come per gli altri processi di apprendimento, la memoria di lavoro è sicuramente un fattore chiave anche per quello matematico. Essa, infatti, entra in gioco in maniera considerevole nel momento in cui, ad esempio, si devono eseguire dei calcoli a mente, in cui è necessario mantenere informazioni in memoria come il riporto, le tabelline ecc., e al contempo elaborare nuove informazioni (Adams e Hitch, 1998). Infatti, per automatizzare i calcoli mentali, gli esseri umani sono tenuti a mantenere il problema nella memoria di lavoro verbale, mentre calcolano la risposta al fine di costruire associazioni a lungo termine.

Negli anni, l’attenzione dei ricercatori si è sempre più spostata verso l’identificazione di processi cognitivi specifici di base del numero che non sono sufficientemente sviluppati nei bambini con difficoltà di apprendimento matematico.

La ricerca che si è interessata nello specifico delle difficoltà di apprendimento matematico ha messo in luce anche l’influenza di altri due fattori cognitivi, quali l’inibizione e la velocità di elaborazione delle informazioni (Geary, 1994; D’Amico e Passolunghi, 2009), che sono strettamente legate alla memoria di lavoro.

Temple e Sherwood (2002) hanno riscontrato che bambini con difficoltà matematiche sono più lenti rispetto ai controlli nella denominazione di colori ed oggetti. Indagando nello specifico le informazioni di tipo numerico, Geary (1994), ad esempio, ha confrontato la velocità di conteggio tra bambini di classe prima con difficoltà matematiche e controlli, dal quale è risultato che non c’è differenza trai gruppi per quanto riguarda il conteggio, ma che il gruppo con difficoltà matematiche risulta significativamente più lento in altri processi quali la lettura e la denominazione di numeri. D’Amico e Passolunghi (2009) hanno riscontrato una lentezza nei bambini con difficoltà matematiche rispetto ai controlli in prove di denominazione e di capacità di accesso alla memoria a lungo termine, seppure non specifica per il codice numerico, ma anche per quello verbale, dimostrando una generale lentezza nell’elaborazione delle informazioni, non solo di carattere numerico.

Anche il processo di inibizione, dunque, risulta essere molto importante nell’apprendimento in generale e, in particolare, nell’apprendimento matematico. Passolunghi e Siegel (2004) hanno dimostrato che bambini con difficoltà matematiche compiono più errori di intrusione nel compito di Listening span rispetto ai controlli.

Engle (2002), ritiene che la differenza nelle capacità di memoria di lavoro tra bambini con difficoltà matematiche e controlli risieda nell’incapacità di inibire le informazioni irrilevanti che sovraccaricano la memoria di lavoro.

Quindi, la memoria di lavoro ed altre funzioni cognitive ad essa legate, sono cruciali nel determinare le differenze individuali nell’apprendimento matematico e un danno a loro carico può rappresentare la causa delle differenze dei bambini discalculici rispetto al normale sviluppo delle abilità aritmetiche.

I deficit che conseguono il mal funzionamento cognitivo si considerano veri e propri disturbi dell’apprendimento. E, tanto più la disfunzione è estesa, tanto più generalizzato sarà il disturbo. Il danneggiamento di un modulo può produrre disturbi circoscritti, senza necessariamente compromettere il funzionamento del sistema cognitivo nel suo insieme. A tale livello si collocano i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

Bambini con difficoltà di apprendimento nel calcolo matematico: il ruolo dell’ansia

Sono numerosi i bambini che già nella scuola dell’obbligo esperiscono serie difficoltà nell’area matematica, sviluppando stati d’ansia e comportamenti demotivanti, che poi hanno come conseguenza l’evitamento, o in taluni casi, l’abbandono di percorsi scolastici che implicano lo studio di tale disciplina. Ancora forti sono gli stereotipi relativi alla matematica «si è o non si è portati», «si ha o non si ha il pallino», ciò ha una forte influenza sugli aspetti emotivo-motivazionali e sul comportamento degli alunni. Per sottrarsi a possibili insuccessi e allo stato d’ansia, chi è convinto di “non essere capace” spesso mette in atto comportamenti di evitamento, che hanno l’effetto di impoverire ulteriormente le sue capacità.

Le abilità matematiche di base sono molto importanti per il successo sia scolastico che della vita di tutti i giorni. Eppure molte persone sperimentano apprensione e paura quando hanno a che fare con informazioni numeriche; questo fenomeno prende il nome di “ansia per la matematica”.

L’ansia per la matematica è una reazione affettiva negativa a situazioni che coinvolgono numeri, matematica e calcoli matematici, “un sentimento di tensione e ansia che interferisce con la manipolazione dei numeri e la risoluzione di problemi matematici in un’ampia varietà di situazioni scolastiche e di vita quotidiana” (Richardson & Suinn, 1972, p.551). Essa può manifestarsi con sentimenti di apprensione, disgusto, tensione, preoccupazione, frustrazione e paura. Infatti, le reazioni all’ansia per la matematica possono variare da lievi a gravi, da una frustrazione apparentemente “leggera” ad un opprimente crollo emotivo (e fisiologico).

Molti studi suggeriscono che esiste una notevole proporzione di bambini della scuola primaria e secondaria che soffrono di ansia per la matematica (Ashcraft & Kirk, 2001; Maloney & Beilock, 2012) che è negativamente correlata con le abilità di calcolo (Vukovic, Kieffer, Bailey & Harari, 2013).

Ma perché l’ansia per la matematica è legata a scarse prestazioni in matematica?

Un’idea è che gli individui ansiosi per la matematica manifestando continuamente comportamenti di evitamento, tendendo ad esempio a star lontani dalle classi in cui si svolge questa disciplina, imparano meno matematica e quindi non sviluppano adeguate capacità di calcolo e di conseguenza non sono flessibili nelle abilità del problem solving aritmetico. Infatti, alcuni autori affermano che il comportamento di evitamento causato dall’ansia per questa materia è molto probabilmente legato ad un circolo vizioso caratterizzato da meno pratica nel calcolo, che causa un rallentamento nell’apprendimento e quindi maggiore delusione e problemi emotivi (Ashcraft, 2002; Dowker, 2005).

Già nel 1968, Lang ha affermato che l’ansia per la matematica è come ogni altra fobia che influenza gli individui su livelli differenti:

  • Emotivi: sentimenti/emozioni negative;
  • Cognitivi: preoccupazioni e pensieri intrusivi;
  • Fisiologici: aumentato arousal, battito cardiaco, sudorazione, di fronte a stimoli numerici;
  • Comportamentali: evitamento di contesti o carriere professionali che richiedono l’uso di abilità matematiche.

Tra i principali fattori di rischio dell’ansia per la matematica troviamo:

  • Aspetti cognitivi: Alcuni fattori cognitivi (bassa attitudine in matematica o scarsa capacità di memoria di lavoro) possono indurre l’ansia per la matematica; quest’ultima disturba le risorse di memoria di lavoro, necessarie per poter svolgere compiti matematici rendendo difficile la capacità di concentrarsi e interferendo con la memorizzazione dei contenuti.
  • Fattori di personalità e fattori emotivo-motivazionali: L’ansia per la matematica può essere indotta da aspetti legati alla personalità e da componenti emotivo-motivazionali, quali pensieri di fallimento, scarsa percezione delle proprie abilità matematiche, mancanza di fiducia in se stessi e scarsa autostima, scarsa motivazione, atteggiamento negativo verso la matematica, differenze di genere.
  • Fattori ambientali: Tra i fattori ambientali che possono contribuire all’insorgere e allo sviluppo dell’ansia per la matematica ci sono la condizione socio-economica e culturale della famiglia, le esperienze scolastiche, il rapporto con gli insegnanti.

Uno studio nelle classi terze, quarte e quinte della scuola primaria

Le competenze matematiche dei bambini variano notevolmente durante tutti gli anni della scuola e, alcuni di essi possono mostrare gravi difficoltà con l’acquisizione di adeguate competenze in uno o più domini della materia.

I risultati presenti in letteratura, infatti, convergono nel sostenere che, da un punto di vista cognitivo:

  • Le prestazioni dei bambini in matematica sono supportate da abilità quali la memoria di lavoro, le funzioni esecutive, la memoria semantica a lungo termine e la velocità di elaborazione delle informazioni (Andersson, 2007; Berg, 2008; Passolunghi, Mammarella, e Altoè, 2008;)
  • La memoria di lavoro è sicuramente un fattore chiave per l’apprendimento matematico. Essa, infatti, entra in gioco in maniera considerevole nel momento in cui, ad esempio, si devono eseguire dei calcoli a mente, in cui è necessario mantenere informazioni in memoria come il riporto, le tabelline ecc., e al contempo elaborare nuove informazioni (Adams e Hitch, 1998).
  • La ricerca che si è interessata nello specifico delle difficoltà di apprendimento matematico ha messo in luce anche l’influenza di altri due fattori cognitivi, quali l’inibizione e la velocità di elaborazione delle informazioni (D’Amico e Passolunghi, 2009).

Da un punto di vista emotivo-motivazionale e comportamentale, la letteratura ha messo in luce i seguenti risultati:

  • Il processo di apprendimento relativo alla matematica è fortemente influenzato da una serie di variabili emotivo-motivazionali relative al soggetto che apprende.
  • Sono numerosi i bambini che già nella scuola dell’obbligo esperiscono serie difficoltà nell’area matematica, sviluppando stati d’ansia e comportamenti demotivanti, che poi hanno come conseguenza l’evitamento, o in taluni casi, l’abbandono di percorsi scolastici che implicano lo studio di tale disciplina.
  • Le frequenti prestazioni deficitarie in matematica o i frequenti fallimenti nel comprendere i concetti matematici, conducono verso emozioni negative come l’ansia per la matematica, che a sua volta è probabile che porti a comportamenti di evitamento.
  • L’ansia specifica per la matematica è stata associata con una riduzione della capacità di memoria di lavoro e con una lenta e inaccurata risoluzione di problemi aritmetici.

E’ all’interno di questa cornice che si inserisce uno studio da noi effettuato nelle classi terze, quarte e quinte della scuola primaria al fine di indagare quali sono le principali cause dell’insuccesso in matematica includendo, tra le variabili considerate, sia fattori di tipo cognitivo che fattori di tipo emotivo-motivazionale. In particolare sono state analizzate le differenze tra bambini con buone prestazioni in prove di matematica e bambini con scarse prestazioni nelle medesime prove al fine di identificare le variabili che li differenziano.

Ci aspettavamo che i bambini con basse prestazioni in matematica riportassero maggiori livelli di ansia specifica in matematica, ma non di ansia generalizzata rispetto ai bambini con buone prestazioni in matematica, e maggiori difficoltà nelle funzioni esecutive.

In un primo momento sono state somministrate delle prove per distinguere tra bambini con e senza difficoltà di calcolo; successivamente sono state prese in considerazione le differenze tra i gruppi rispetto ai fattori emotivo-motivazionali e cognitivi utilizzando questionari e prove per valutare le funzioni esecutive e in particolare la capacità del bambino di inibire le informazioni irrilevanti ai fini del compito.

Il risultato interessante è stato che le variabili che meglio discriminano tra i due gruppi sono riferite a due prove non specifiche per l’elaborazione di materiale numerico, una che indaga i processi di inibizione di una risposta verbale, e l’altra che riguarda l’ansia specifica per la matematica. Infatti, non solo i bambini che presentavano difficoltà nel calcolo esperivano maggiori livelli di ansia specifica per la matematica, ma tendevano anche a commettere più errori di interferenza poiché non riuscivano ad inibire le risposte automatiche di tipo verbale.

Conclusioni

Comprendere i fattori che sono implicati nell’ansia della matematica, fornisce indizi su come prevenirne la comparsa. Se le carenze nelle competenze aritmetiche predispongono gli studenti a sviluppare ansia per la matematica, allora l’identificazione precoce di questi studenti a rischio può aiutare a prevenire lo sviluppo dell’ansia per la matematica. Non solo l’ansia per la matematica può emergere sin dall’inizio degli anni scolastici ma il suo sviluppo è probabilmente legato sia a fattori sociali sia alle vere e proprie competenze numeriche di base dello studente, le cui carenze possono predisporlo verso giudizi negativi circa la matematica.

Se le preoccupazioni in situazioni che coinvolgono la matematica compromettono in modo significativo, da un punto di vista cognitivo la memoria di lavoro, l’attenzione e l’inibizione e, da un punto di vista comportamentale favoriscono l’evitamento di situazioni in cui è coinvolta la matematica, è cruciale discriminare bambini con difficoltà matematiche da bambini che falliscono in matematica a causa dell’ansia specifica per la matematica per sviluppare ed implementare il trattamento migliore.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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