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Rap, trap ed espressione della rabbia

La musica rap e trap è spesso un potente mezzo attraverso il quale i giovani riescono a riconoscersi, condividere ed elaborare la propria vita e le emozioni

Di Michela Scinto, Angela Turco

Pubblicato il 08 Mag. 2020

Sappiamo che la musica rappresenta la colonna sonora di un’epoca, il linguaggio attraverso cui le nuove generazioni definiscono la propria appartenenza collettiva e la propria identità personale. Che funzione hanno Rap e Trap nel far esprimere la rabbia ai giovani?

Michela Scinto e Angela Turco – OPEN SCHOOL, Studi Cognitivi San Benedetto del Tronto

 

Una musica può fare… salvarti sull’orlo del precipizio… 

Così canta Max Gazzè.

Ma cos’è che la musica può realmente fare?

Il seguitissimo Psicologo del Rock in un articolo della sua pagina Facebook afferma che la musica ha sempre avuto la capacità di alleggerire lo spirito favorendo la comunicazione tra mente, corpo e anima, aiutando la persona a esprimere correttamente i sentimenti e a relazionarsi con gli altri, l’ambiente, il proprio Io interiore (Lippi 2017). E’ stato infatti dimostrato che la musica può avere un effetto molto potente sulle nostre emozioni: può rendere felici o aiutare a superare le proprie paure, scatenando sensazioni e ormoni che hanno un effetto diretto e immediato sul nostro umore. Partendo da questo presupposto Spotify dal 2014 sceglie una canzone per ogni emozione. Questo servizio musicale digitale, grazie a Jacob Jolij, professore di psicologia cognitiva e neuroscienze all’università di Groningen, ha potuto individuare le canzoni che suscitano una risposta emotiva più immediata. La playlist contiene le tracce più efficaci per passare dalla tristezza alla felicità o dalla rabbia all’ottimismo (La Stampa 2014).

Questi sono solo degli esempi moderni e contemporanei di successo che trattano i benefici che le canzoni hanno nell’espressione delle emozioni, ma per rendercene conto possiamo pensare a tutte quelle volte che abbiamo cercato di aiutare un amico regalandogli un album musicale o consigliandogli di ascoltare una canzone su Youtube.

Date queste premesse possiamo immaginare che la musica potrebbe essere uno strumento molto utile da utilizzare anche nel setting terapeutico.

Ci concentreremo, in particolar modo, sulla funzione che Rap e Trap potrebbero avere nell’espressione della rabbia. Per farlo però, dobbiamo prima comprendere a cosa ci riferiamo quando parliamo di questi due generi musicali.

Il Rap si basa sulla ricerca di rime, assonanze, metafore e figure retoriche cantate o parlate su basi musicali contraddistinte da ritmi uniformi. Le prime forme di questo genere musicale possono essere rintracciate già verso gli anni ’50 e ‘60 nella cultura afroamericana statunitense, ma la vera musica Rap si sviluppa intorno agli anni ’70 e ‘80 nel clima urbano del South Bronx, un quartiere di New York contraddistinto dalla presenza di differenti etnie e da un contesto socio-economico particolarmente difficile. Le diverse etnie utilizzavano quindi questa forma musicale come strumento di denuncia di discriminazioni e di ingiustizie, identificandosi con il suo messaggio di fondo, con lo stile e con l’intera cultura Hip-Hop. Inizia così a delinearsi un vero e proprio movimento anticonformista capace di esprimersi attraverso uno strumento molto potente: l’arte (Rose, 1994). I rapper, provenienti quasi sempre da contesti sociali disagiati, esibiscono un’immagine particolarmente virilizzata, ribelle e aggressiva; infatti, si mostrano con un abbigliamento e un atteggiamento simile ai gangster degli anni ’20 e con un’ostentazione della ricchezza ottenuta attraverso la musica, sfoggiando gioielli e beni di lusso sia per le strade, che nei loro concerti e video musicali.

Nel suo passaggio in Europa, la musica Rap perde solo una parte di questa immagine violenta e rimane comunque un genere musicale che esprime soprattutto rabbia e denuncia da parte dei più deboli (Miscioscia, 2019).

La Trap, invece, prende il nome dalle trap house: edifici abbandonati di Atlanta in cui i tossicodipendenti, negli anni ’90, andavano a comprare le sostanze stupefacenti. Questi erano luoghi di perdizione, segnati dal degrado, che però hanno contribuito a influenzare l’immaginario di molti giovanissimi degli anni Duemila. Iniziava l’epoca dei Millennials, ragazzi che amavano il rap, ma che hanno deciso di rompere con quella tradizione– pur essendone figli – e che hanno quindi inventato un nuovo genere musicale, la Trap. Questa non nasce tra le mura delle trap house di Atlanta, ma da esse riprende i suoi temi: osanna la droga e una vita fatta di agi e ricchezze, non combatte il degrado e non è antisistema. (Dall’hip hop alla trap: la metamorfosi del “rapping” nella storia, 2018).

A nostro avviso, uno degli elementi che accomuna le canzoni Trap e Rap è la voglia di riscatto sociale e personale manifestati spesso attraverso parole cariche di rabbia. Entrambi i generi hanno qualcosa da raccontare, nascono dal cemento delle strade e spesso dalla sofferenza.

Poiché eccedere è la parola d’ordine dei due generi musicali, che raccontano la vita di strada tra criminalità e disagio, la bella vita e le belle cose, la violenza, lo spaccio di sostanze stupefacenti e le dure esperienze che gli artisti hanno affrontato nelle città, sono spesso generi demonizzati dai genitori. Ma se andassimo oltre la superficie? Sappiamo che la musica rappresenta la colonna sonora di un’epoca, ovvero il primo più importante linguaggio attraverso cui le nuove generazioni definiscono la propria appartenenza collettiva e la propria identità (Miscioscia, 2019) personale e che, più in generale, l’adolescenza è un periodo in cui la rabbia è spesso la risposta ad un conflitto (con se stessi, con i genitori e con il mondo). Con questa consapevolezza potremmo entrare in relazione con loro, come genitori o terapeuti, utilizzando proprio la musica che ascoltano? A nostro parere in terapia potrebbe essere uno strumento prezioso, poiché per i ragazzi rappresenterebbe un modo più funzionale per esprimere e contenere la rabbia e allo stesso tempo la modalità con la quale poter entrare in contatto e comunicare i propri conflitti e tutto ciò che sta accadendo nel loro mondo interno. In parole povere un mezzo attraverso il quale i giovani riescano a riconoscersi, condividere, interpretare ed elaborare la propria vita.

Un esempio dell’utilizzo della musica Rap in terapia è riportato dai colleghi Arianna Ferretti e Luca Pelusi (2017) su State of Mind. Scrivono dell’utilizzo della Group Rap Therapy, ovvero una pratica di intervento creata in America che utilizza la musica Rap come strumento terapeutico per adolescenti residenti in contesti a rischio e caratterizzati da un elevato tasso di violenza. Riportano che alcuni studi che hanno approfondito la relazione tra musica Rap e comportamento criminale hanno riscontrato che i testi Rap vanno ad influenzare le emozioni e i sentimenti delle persone senza, tuttavia, portare a condotte problematiche (Gardstrom, 1999).

Riteniamo che sarebbe interessante l’utilizzo del Rap e della Trap anche in setting individuali con adolescenti e giovani adulti con disregolazione emotiva. Se è vero che questi generi musicali possono essere utili a pazienti impulsivi, che spesso utilizzano agiti violenti in risposta all’emozione della rabbia, per switchare da una modalità disfunzionale ad una più funzionale; da essi possono trarre giovamento anche giovani, che al contrario, non si autorizzano ad esprimerla permettendo loro di sentirsi liberi di iniziare a familiarizzare con essa in una modalità protetta.

Con fantasia il terapeuta potrebbe rintracciare tantissimi modi in cui utilizzare questi generi musicali attuali sia in seduta che attraverso l’uso di homework. Al ragazzo, ad esempio, potrebbe essere richiesto di associare una determinata canzone a lui emozionalmente vicina ad ogni ABC avente come emozione sottostante la rabbia così da incanalarla positivamente; o ancora, di comporre un testo in cui racconta le situazioni per lui problematiche in rima, rappando o trappando, così da avere una giusta distanza emotiva, dando sfogo alle frustrazioni e sperimentando esperienze di creatività, fiducia e controllo. Attraverso i testi e gli atteggiamenti dei rapper e dei trapper possiamo entrare in contatto con le caratteristiche e le difficoltà che i giovani incontrano lungo la strada della propria nascita sociale come dolore, rabbia, voglia di ribellarsi, disperazione e impotenza e capire così, come aiutarli a canalizzare tali forze.

In generale in adolescenza le emozioni sono intensissime e possono prendere il controllo: con conseguente impulsività, sbalzi d’umore, irritabilità improvvisa ed è utile che questa energia, quindi, possa essere raccolta e racchiusa in attività a forte impatto emozionale, ma a basso rischio come la musica. In questa ottica, potrebbe essere utile ai genitori abbassare i pregiudizi e le difese, per iniziare ad utilizzare questi generi musicali in voga come strumento per comprendere a pieno i figli ed avere con loro un condiviso canale di comunicazione.

Quindi, per dirlo con le parole dello Psicologo del Rock, armiamoci di pazienza e di una playlist Rap (o Trap) per entrare in contatto con i ragazzi di oggi: invece di essere disgustati dalle loro scelte, cerchiamo di comprenderle per creare un dialogo costruttivo.

 

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