expand_lessAPRI WIDGET

L’alessitimia è correlata a scarsa aderenza ai regimi terapeutici prescritti. Studio condotto su una coorte di pazienti HIV-positivi

L'alessitimia è prevalente nei pazienti affetti da HIV ed è associata a un minore sostegno sociale e scarsa aderenza al trattamento.

Di Sonia Sofia, Giancarlo Dimaggio

Pubblicato il 27 Nov. 2018

Sembra possibile che i pazienti HIV – positivi con un deficit della capacità di riconoscere le proprie emozioni, denominato alessitimia, potrebbero dimenticarsi di assumere farmaci quando sono fortemente turbati, o possono decidere che l’assunzione di farmaci non è una priorità in quel momento.

 

Diversi studi stimano la non-aderenza ai trattamenti prescritti in misura variabile dal 20 all’82%; quando si parla di terapie antiretrovirali per l’ HIV, sono stati riportati valori che vanno dal 26 al 94%. Questi dati non possono essere ignorati, quando di parla di terapia antiretrovirale, poiché il successo di questi trattamenti è legato alla regolarità dell’assunzione. Ciascuna dose di terapia saltata permette al virus di riprodursi e di compiere mutazioni, responsabili dell’insorgenza di resistenze alla terapia.

Sono stati identificati diversi fattori che influenzano negativamente l’aderenza alla terapia antiretrovirale in pazienti HIV – positivi. In particolare la depressione, i gravi disturbi d’ansia, il disturbo post-traumatico da stress e l’uso di alcol e sostanze stupefacenti riducono la capacità di adottare e mantenere assunzioni regolari dei farmaci prescritti.

Tuttavia, questi fattori non spiegano la complessità del fenomeno della non aderenza e non permettono di capire come i singoli processi psicologici influenzino le decisioni delle persone di aderire al trattamento.

Una serie di fattori psicologici che potrebbero essere alla base dell’aderenza alla terapia antiretrovirale, su cui si è spostata recentemente l’attenzione dei ricercatori, è rappresentata dai fattori di funzionalità sociale cognitiva o metacognitiva. Ci riferiamo, in particolare alla capacità di identificare le proprie emozioni e quelle degli altri.

La compromissione della capacità di riconoscimento delle proprie emozioni, denominata alessitimia, può rendere più difficile saper identificare il bisogno di supporto emotivo o la necessità di stabilire un’alleanza con il proprio medico, portando conseguentemente ad un minore coinvolgimento terapeutico.

Alessitimia in pazienti HIV – positivi

A conferma di quanto detto, in numerosi studi l’ alessitimia è risultata prevalente nei pazienti affetti da HIV ed è associata a un minore sostegno sociale, minore coinvolgimento attivo del paziente e scarsa aderenza terapeutica.

Lysaker e colleghi hanno riscontrato deficit diffusi nel riconoscimento delle emozioni in pazienti HIV – positivi simili a quelli osservati nella schizofrenia. Clark e colleghi hanno scoperto che i pazienti con HIV hanno difficoltà a riconoscere la paura e il disgusto, mentre deficit nel riconoscimento della rabbia sono stati associati a livelli di CD4 più bassi (sottopopolazioni linfocitarie colpite dal virus HIV). Tra l’altro, lo specifico tropismo del virus per il Sistema Nervoso Centrale è spesso all’origine di numerosi deficit cognitivi per via della particolare azione del virus sulle strutture limbiche.

L’azione del virus, infatti, ha delle ripercussioni sull’integrità dei sistemi frontostriatali, con il riscontro di volumi della corteccia cingolata più piccoli e volumi più grandi di amigdala. Una riduzione del volume della corteccia cingolata anteriore è stata correlata a difficoltà nel riconoscimento delle emozioni facciali e sarebbe coinvolta anche nella elaborazione delle interazioni sociali e nella teoria della mente.

Infine, sia l’inibizione emotiva che la disregolazione emotiva potrebbero influenzare l’aderenza. L’inibizione dell’emozione si riferisce alla tendenza a non esprimere le proprie emozioni e i propri bisogni, a non esserne consapevoli, e quindi le persone con inibizione emotiva potrebbero non riuscire a cercare il tipo di sostegno che facilita l’aderenza ai trattamenti, inclusa la psicoterapia. L’inibizione emotiva può anche comportare una minore consapevolezza della propria sofferenza e quindi potrebbe essere meno probabile focalizzarsi su comportamenti adattivi come l’assunzione di farmaci. Al contrario, la disregolazione emotiva si riferisce all’incapacità di gestire le emozioni, in particolare le emozioni negative.

Sembra possibile che i pazienti con HIV che non riescono a regolare le proprie emozioni potrebbero dimenticarsi di assumere farmaci quando sono fortemente turbati, o possono decidere che l’assunzione di farmaci non è una priorità in quel momento.

Uno studio

Per esplorare queste possibilità, abbiamo testato l’ipotesi che i pazienti arruolati che aderivano o non aderivano alla terapia antiretrovirale potessero presentare diversi gradi di alessitimia, capacità di riconoscimento delle emozioni degli altri e regolazione emotiva.

Abbiamo classificato i partecipanti come aderenti alla terapia antiretrovirale usando due metodi diversi: aderenza autoriferita in un questionario self-report e aderenza valutata attraverso la rilevazione della carica virale nel sangue e poi li abbiamo suddivisi in quattro gruppi: aderenti ad entrambe le misure, aderenti solo in base al dato della carica virale, aderenti solo in riferimento al questionario self-report e non aderenti ad entrambe le misurazioni.

La nostra ipotesi principale era che i partecipanti valutati come aderenti ad entrambe le misure avessero risultati migliori al test sull’ alessitimia, al test di riconoscimento emotivo e regolazione emotiva rispetto ai partecipanti che segnalavano la non aderenza ad entrambe le misure. Per scopi esplorativi, dato che la depressione è stata correlata ad una minore compliance in diversi studi, abbiamo incluso la misura della depressione da utilizzare come potenziale covariata.

Lo studio è stato proposto a tutti i pazienti consecutivamente afferenti all’ambulatorio di Malattie Infettive di Catania nell’arco di un anno. Sono stati inclusi 100 individui HIV positivi in corso di terapia antiretrovirale con le seguenti caratteristiche: età > 18 anni; infezione cronica confermata da HIV; assenza di infezioni opportunistiche acute, neoplasie attive o gravidanza; adeguata conoscenza della lingua italiana per la comprensione dei test psicologici; volontà e capacità di fornire adeguato consenso informato scritto; assenza di deterioramento cognitivo, valutata attraverso i test MMSE e IHDS. Sono state escluse malattie psichiatriche gravi quali schizofrenia e disturbo bipolare, malattie neurologiche che colpiscono il sistema nervoso centrale; pazienti con recenti traumi cranici con perdita di coscienza superiore a 10 minuti e l’uso attivo di sostanze come eroina, cocaina, oppiacei ed alcol.

Il costrutto alessitimia è stato misurato utilizzando la TAS-20 (Toronto Alexithymia Scale-20, Bagby, Parker, Taylor, 1994). La capacità di riconoscimento delle emozioni altrui è stata valutata con il test Reading the Mind in the Eyes (Baron-Cohen, 2001).
La depressione è stata valutata attraverso il BDI-II (Beck Depression Inventory II, Beck, Steer, Brown, 1996). L’inibizione emotiva è stata misurata attraverso lo strumento EIS (Emotional Inhibition Scale, Kellner, 1986), una scala self-report a 16 item. La disregolazione emotiva è stata valutata attraverso la DERS (Difficulties in Emotion Regulation Scale, Gratz, Romer, 2004), strumento self-report utilizzato per valutare la difficoltà nella regolazione delle emozioni negative.

Dal punto di vista laboratoristico è stata effettuata l’analisi citofluorimetrica delle sottopopolazioni linfocitarie T CD4+, CD3+, CD8+, CD38 e la valutazione dei livelli plasmatici di HIV-RNA (metodologia di Cobas Taqman, Roche Molecular Diagnostics, limite di detenzione di 20 copie/ml).

L’aderenza alla terapia HAART è stata valutata anche mediante il questionario self-report PMAQ-7 (Patient Medication Adherence Questionnaire 7). Attraverso il questionario, ai pazienti è stato chiesto di indicare il numero di dosi dimenticate durante ciascuno dei 7 giorni della settimana precedente, delle 2-4 settimane precedenti e del mese precedente.

I risultati hanno rilevato che non sono state trovate differenze significative per i punteggi alle scale EIS o DERS. Sono state rilevate differenze significative, invece, tra i due gruppi, e cioè tra il gruppo che è stato classificato come non aderente ad entrambe le misure e che presentava una performance inferiore nei punteggi TAS-20 e RME ed il gruppo che è stato classificato come aderente ad entrambe le misure.

Quindi, coerentemente con quanto da noi ipotizzato, i partecipanti classificati come aderenti ad entrambe le misure avevano maggiori capacità di riconoscere le proprie emozioni e quelle degli altri. Allo stesso modo, sia la capacità di riconoscere le proprie emozioni sia quelle degli altri prevedeva in modo significativo se un partecipante fosse o meno aderente sulla base della propria dichiarazione al self-report. Al contrario, i livelli di alessitimia erano significativamente più alti tra i partecipanti classificati come non aderenti sulla base della replicazione virale sul plasma.

Conclusioni dello studio

I risultati suggeriscono ipotesi potenzialmente importanti per comprendere i meccanismi psicologici alla base della scarsa aderenza. Un’ipotesi possibile è che l’ alessitimia e l’incapacità di riconoscere le emozioni altrui riducano l’aderenza per diversi motivi. Nel caso dell’ alessitimia, le persone che sono meno abili ad identificare e descrivere le proprie emozioni possono essere meno consapevoli dei loro obiettivi e dei loro scopi, quindi non in grado di comprendere le ragioni per seguire correttamente le prescrizioni mediche.

Potrebbero, inoltre, anche essere meno propensi a prevedere il grado di sofferenza fisica e psicologica che comporta una mancata aderenza.

L’incapacità di trovare un legame tra aderenza e disregolazione emotiva è, invece, in contrasto con quanto emerso da studi precedenti secondo cui le persone che agiscono impulsivamente sono portati ad abbandonare i comportamenti adattivi validi quando si trovano in stati di disregolazione emotiva (Sofia et al., 2017).

Lo studio possiede delle limitazioni. Ad esempio, altri fattori non valutati qui, potrebbero interagire con uno scarso riconoscimento delle emozioni nel predire l’aderenza. Questi includono gli stili di attaccamento, stili interpersonali disadattivi come quelli caratterizzati da ostilità, così come i disturbi della personalità. Inoltre, tre delle quattro misure di riconoscimento delle emozioni erano auto-riferite, quindi possono essere soggette a pregiudizi personali.

La Terapia Metacognitiva Interpersonale promuove il riconoscimento delle emozioni

Tra le terapie di ultima generazione adatte a promuovere il riconoscimento delle emozioni citiamo la Terapia Metacognitiva Interpersonale (Dimaggio et al., 2015) che è già stata applicata con successo in un caso di una paziente con disturbo post-traumatico da stress (Dimaggio et al., 2016) e anche ad un paziente con disturbo paranoide di personalità, non aderente ai regimi terapeutici prescritti dall’infettivologo e con sarcoma di Kaposi ingravescente. I risultati ottenuti dalla psicoterapia sono stati la completa aderenza terapeutica con remissione del sarcoma di Kaposi e la riduzione dei criteri diagnostici del disturbo di personalità (Sofia et al., 2017).

Il trattamento basato sulla mentalizzazione (Bateman e Fonagy, 2004) è un altro candidato probabile, specialmente per le persone con disturbi di personalità borderline e modelli come la Metacognitive Reflective and Insight Therapy (Lysaker & Klion, 2017; Vohs et al., In stampa) potrebbero aiutare i pazienti con HIV a diventare più consapevoli dei loro bisogni e, di conseguenza, prendere decisioni adattive su quali trattamenti, inclusi i farmaci, potrebbero aiutarli a vivere una piena progettualità di vita.

Si parla di:
Categorie
SCRITTO DA
Giancarlo Dimaggio
Giancarlo Dimaggio

Psichiatra e Psicoterapeuta - Socio Fondatore del Centro di Terapia Metacognitiva-Interpersonale

Tutti gli articoli
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
CONSIGLIATO DALLA REDAZIONE
Terapia metacognitiva interpersonale con pazienti sieropositivi
Prima e dopo la diagnosi di HIV: la Terapia Metacognitiva Interpersonale con i pazienti sieropositivi

Da uno studio è emerso come la terapia metacognitiva interpersonale con pazienti sieropositivi abbia effetti benefici e riduca lo stigma sociale.  

ARTICOLI CORRELATI
Jingle REBT: affrontare le credenze disfunzionali – Christmas edition

Guida ironica per affrontare le credenze disfunzionali che si nascondono sotto l’albero attraverso la REBT

Terapia di esposizione e microbiota intestinale: verso una nuova psicologia clinica integrata e di precisione 

La comunità scientifica ha iniziato a chiedersi se si possa riscontrare qualche relazione tra il microbiota e i processi di estinzione della paura

WordPress Ads
cancel