La scuola come agenzia educativa che forma l’uomo e il cittadino di domani è chiamata a sfidare le problematiche evolutive che ogni bambino porta con sé. Questa la cornice teorica del Convegno “Il bambino a scuola. Problematiche evolutive e programmi di intervento in chiave psicoeducativa” svoltosi a Palermo lo scorso 23 Novembre.
L’ingresso nel mondo della scuola rappresenta un momento fondamentale per un bambino che voglia sperimentare un ambiente idoneo al suo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale.
Ecco che la scuola come agenzia educativa che forma l’uomo e il cittadino di domani è chiamata a sfidare le problematiche evolutive che ogni bambino porta con sé o che è passibile di sviluppare nei contesti di vita, e che si riferiscono sia al versante cognitivo-emotivo che socio-culturale.
Questa la cornice teorica del Convegno “Il bambino a scuola. Problematiche evolutive e programmi di intervento in chiave psicoeducativa” svoltosi a Palermo lo scorso 23 Novembre, e organizzato dallo Studio di Psicoterapia della Dottoressa Angela Ganci, con il patrocinio di vari Enti e Associazioni, tra cui l’Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana e il Comune di Palermo.
Capofila degli interventi, il trattamento psicoterapeutico dell’autismo, analizzato secondo i principi a fondamento della terapia cognitivo-comportamentale.
L’intervento comportamentale precoce di Lovaas per l’ autismo prevede uno specifico programma di trattamento. Il metodo Lovaas viene svolto dapprima a casa, con il supporto di educatori, quindi a scuola e prevede la progressiva acquisizione di abilità in una varietà di domini, dalla cura e igiene personale all’identificazione delle emozioni fino alla gestione di situazioni di vita comune, come andare al ristorante. Il bambino viene stimolato alla produzione di specifici comportamenti, come esprimere o riconoscere correttamente la paura, e rinforzato gradualmente attraverso la presentazione di stimoli graditi, come le caramelle, al fine di consolidare l’emissione della competenza richiesta – spiega Angela Ganci, psicoterapeuta e organizzatrice dell’evento.
In linea di continuità con le disabilità in età evolutiva, i disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), nel loro caratterizzarsi come disturbi del neurosviluppo, richiedono attenzione da parte di scuola, famiglia e società, attraverso la predisposizione di precisi ausili didattico-formativi.
I DSA, in quanto disturbi del neurosviluppo che compromettono la capacità di letto scrittura e di calcolo, e in linea con l’attivazione di una didattica personalizzata sulle esigenze del singolo studente, necessitano di strumenti specifici indicati dalla legge 8 ottobre 2010, n. 170 – dice Letizia Puccio, psicologo psicoterapeuta – Tali strumenti da un lato sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria, come la calcolatrice per la discalculia o il libro digitale per la dislessia, e dall’altro consentono allo studente di non svolgere le attività che, a causa del disturbo, risultano particolarmente difficoltose, come l’essere dispensati dalla prova scritta di inglese. Misure compensative e dispensative oggi costituiscono strumenti insostituibili per una didattica efficace e un’integrazione reale dei bambini con DSA.
La scuola come accoglienza della diversità psichica, ma altresì come luogo di contrasto di dinamiche psicosociali abnormi e lesive dello sviluppo, come nel caso del bullismo.
Il bullismo è caratterizzato da atti di violenza continuativa e può esprimersi attraverso diverse modalità, dal picchiare all’escludere dal gruppo – precisa Marilena Pipitone, psicologa psicoterapeuta – Alla base di tale comportamento vi è l’immagine di un altro debole in quanto diverso, quindi facile oggetto di molestie. Gli interventi educativi mirano tutti a promuovere nel bullo il rispetto dell’altro, attraverso tecniche di educazione comportamentale, e nella vittima la consapevolezza della tendenza a colpevolizzarsi di quei tratti, fisici o di personalità, bersaglio del bullo, promuovendo un innalzamento dell’autostima che contrasti questa tendenza.
Oggi la scuola ha un compito importante a livello educativo: secondo quanto previsto dalla legge 29 maggio 2017 n. 71, in ogni istituto scolastico, è previsto un docente con funzioni di referente per le iniziative contro il cyberbullismo, che dovrà collaborare con le Forze di polizia, e con le associazioni presenti sul territorio. Inoltre, i docenti sono chiamati ad avviare percorsi di educazione socio-affettiva che contrastino l’azione della violenza sui più deboli e programmi di informazione sull’uso consapevole della rete – continua Antonino Leonardi, pedagogista.
E ancora la scuola come contesto di valorizzazione delle differenze culturali e religiose.
Tali differenze, qualora non accettate, innescano dinamiche di violenza e razzismo.
Bisogna dunque vedere la scuola nell’ottica di un agente che favorisce lo sviluppo di una spiritualità che diventa momento di aggregazione e cooperazione morale, umana, universale.
La spiritualità intesa come il sentire una connessione con se stessi, con gli altri e con l’universo è la sfida della moderna scuola inclusiva – precisa Nicolò Maria Iannello, dottore di ricerca in scienze psicologiche e sociali – Essa si fonda sull’accoglienza delle diversità attraverso un confronto aperto con le altre culture e religioni, si riferisce a obiettivi universali al genere umano, trasversali alle diverse fedi religiose, ovvero il desiderio di pace, di giustizia e di felicità, e favorisce lo sviluppo dell’abilità nota come empatia etnoculurale, che riduce i motivi di conflitto derivanti dalle differenze non accettate e diviene occasione di arricchimento reciproco e di contrasto del pregiudizio.
Bambini fragili, bisognosi di attenzione e valorizzazione, di confronto, scambio e crescita, come quelli sottoposti ad affidamento eterofamiliare, spesso portatori di problematiche di abuso o trascuratezza da parte della famiglia di origine.
I bambini in affidamento presso le nostre famiglie portano tutti un disagio evidente che deriva dalla loro condizione familiare di partenza, deficitaria sotto vari punti di vista, in particolare dell’accudimento genitoriale – spiega Marinella Governale, insegnante e consigliera dell’Associazione Famiglie Affidatarie Palermo (AFAP) – per cui la scuola deve dedicare a loro un occhio di riguardo. Già nella famiglia affidataria il bambino può sperimentare situazioni di accudimento migliore, ma certamente la scuola è un luogo privilegiato poiché il bambino vi trascorre buona parte della giornata. Sono due gli errori che la scuola oggi compie: il primo di non dare adeguata attenzione ad alcuni periodi di fragilità del bambino, come quando questi vive un periodo di brusco allontanamento dalla famiglia di origine, il secondo di giustificarlo sempre e comunque alla luce della sua condizione di affidato. Per educare questi bambini tutti gli attori dell’affido dovrebbero collaborare, nel rispetto delle decisioni di questi ultimi: nei casi in cui i bambini affidati non vogliano far conoscere la propria condizione di affidati al gruppo classe, i docenti devono rispettare tale scelta.
Un bambino gravato dal peso di disagi di natura ora individuale ora socio-culturale, ma comunque in grado, in virtù della naturale plasticità del cervello in formazione, di rapidi apprendimenti, qualora sostenuto da una scuola attenta ai suoi bisogni di espressione emotiva e cognitiva. Un messaggio forte, attuale, che la scuola inclusiva non può non cogliere, ponendo il bambino al centro di una pedagogia dell’accoglienza, del rispetto e della promozione delle competenze di uomo e cittadino futuro.