
I 5 movimenti di base illustrati dalla Ogden sono:
- Cedere (yield): alla gravità, alle cure di un’altra persona, non fare, gustare, accettar supporto, lasciar andare, fidarsi, relax, espiazione. Si esprime con una postura collassata, con un atteggiamento di sottomissione e arrendevolezza, simile ad uno stato di abbandono fisico o rilassamento profondo.
- Spingere (push): esprime separazione, confine, differenziazione, difesa, identità, spinta leggera può essere un contatto. Postura più attiva o reattiva, richiede ed esprime energia, forza.
- Cercare di raggiungere (reach): ciò che si desidera, movimento verso, protendersi, desiderio, ricerca, domande, curiosità, esplorazione.
- Afferrare (grasp): scoprire, toccare, attaccarsi, aggrapparsi a qualcosa o a qualcuno, avvolgere.
- Tirare a (pull): attirare qualcosa/qualcuno, aumentare la prossimità, prendere, richiedere.
Tutti questi comportamenti fanno parte della normale esperienza umana, ma a fonte di esperienze ripetute di fallimento nel tempo possono perdere vitalità, viene a mancare il flusso di energia necessario alla loro espressione, e vengono sempre più associate ad un rischio troppo elevato. Alcune azioni possono sparire completamente dal nostro repertorio di movimenti, alterando in modo cronico la possibilità di segnalare a noi stessi e agli altri il messaggio in esse contenuto. Attraverso la terapia sensomotoria, la Ogden propone di sperimentare in terapia movimenti basilari per rivitalizzare le parti di sé rimaste bloccate o inespresse, parti che hanno nella storia imparato a non agire, e integrarle alle parti vitali che conservano invece le energie e la capacità di vivere liberamente il movimento verso l’altro e i significati che questo comporta. L’esplorazione del mondo dell’altro avviene attraverso l’osservazione del movimento dell’altro nell’interazione. Questa osservazione reciproca dei movimenti permette di mentalizzare il proprio e l’altrui stato emotivo nell’interazione e questo promuove una maggiore empatia e condivisione degli stati di coscienza. Esprimere un gesto è sempre condizionato dalla sicurezza nel sapere cosa succederà, nel sapere come l’altro reagirà al nostro gesto, nel riuscire a prevedere che avremo una risposta di gentilezza, di accettazione, disponibilità o di un rischio per noi sostenibile.
La tavola rotonda permette di definire meglio similitudini e differenze tra i diversi approcci teorici e clinici. Nel confronto emerge sicuramente il diverso approccio all’attaccamento, per Siegel una caratteristica più stabile che può essere solo in parte modificata da esperienze positive future, come una psicoterapia, mentre per Tronick l’attaccamento è una caratteristica sempre dinamica nel tempo, che può sbilanciarsi da una modalità sicura ad una modalità ansiosa o evitante o disorganizzata in base agli eventi di vita e a molti fattori ambientali, culturali, genetici, protettivi o di rischio che vanno anch’essi considerati di volta in volta.
Tra le brillanti e decisamente conflittuali argomentazioni di Siegel e Tronick, spicca sicuramente una grande capacità della Ogden nel trovare un’integrazione migliore possibile portando al centro la necessità di cercare risposte nelle singole storie, nel modo in cui le esperienze di quell’individuo abbiano contribuito a creare il suo modo di relazionarsi con il mondo.
Tutti d’accordo invece sull’importanza della contingenza, intesa come capacità del genitore, o caregiver primario, di offrire in quel dato momento una risposta di protezione, di sintonizzazione emotiva e un significato all’evento stressante in corso. Solo l’attenzione reciproca e condivisa alla contingenza e al momento presente può favorire la maturazione di un senso di sicurezza interno stabile e duraturo. Questa contingenza può essere declinata in molti modi, attraverso esercizi corporei, sintonizzazione emotiva, narrazioni, processi di mentalizzazione, mindfulness e sembrerebbe questa una possibile chiave comune alle diverse esperienze terapeutiche e alla loro possibilità di promuovere il cambiamento.
Alla lettura dei prossimi contributi la scoperta degli aspetti più clinici discussi nelle giornate successive.
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BIBLIOGRAFIA:
- Montirosso, R., Provenzi, L., Tavian, D., Morandi, F., Bonanomi, A., Missaglia, S., Tronick, E., Borgatti, R. (2015). Social stress regulation in 4-month-old infants: Contribution of maternal social engagement and infants’ 5-HTTLPR genotype. Early Human Development, 91(3), 173–179.
- Conradt E., Fei M., LaGasse L., Tronick E., Guerin D., Gorman D., Marsit C.J. and Lester B.M. (2015) Prenatal predictors of infant self-regulation: the contributions of placental DNA methylation of NR3C1 and neuroendocrine activity. Front. Behav. Neurosci. 9:130.
- Montirosso R., Provenzi L., Tronick E., Morandi F., Reni G., Borgatti R. (2014). Vagal tone as a biomarker of long-term memory for a stressful social event at 4 months. Developmental Psychobiology. 1-11.
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