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Obesità: quali sono le comordibità e i trattamenti più diffusi?

Tra i soggetti obesi sono state riscontrate frequenti comorbidità con disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, DCA, disturbi di personalità ed uso di sostanze

Di Sara Palmieri

Pubblicato il 26 Feb. 2015

Aggiornato il 23 Set. 2015 12:48

Sara Palmieri, Open School Studi Cognitivi

 

Tra i soggetti obesi sono state riscontrate frequenti comorbidità psichiatriche con disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, disturbi del comportamento alimentare, disturbi di personalità ed uso di sostanze.

Sovrappeso e obesità sono definiti come un accumulo anomalo o eccessivo di grasso che rappresentano un rischio per la salute. L’Indice di massa corporea (BMI) è un indice di peso-per-altezza comunemente utilizzato per classificare il sovrappeso e l’obesità. Esso è definito come peso di una persona in chilogrammi diviso il quadrato della sua altezza in metri (kg/m2). Un BMI maggiore o uguale a 25 indica sovrappeso, mentre un BMI maggiore o uguale a 30 indica obesità.

Secondo la World Health Organization (WHO) la prevalenza dell’obesità a livello mondiale è quasi raddoppiata tra il 1980 e il 2014. Nel 2014, circa il 13% della popolazione mondiale adulta (11% uomini, 15% di donne) è risultata obesa e il 39% (38% uomini, 40% donne) in sovrappeso. Nell’Unione Europea il sovrappeso colpirebbe il 30-70% degli adulti mentre l’obesità colpirebbe il 10-30% degli adulti.

In Italia, secondo il rapporto Osservasalute 2013, il 35,6% della popolazione adulta è in sovrappeso mentre il 10,4% è obesa.

La prevalenza del sovrappeso e dell’obesità cambia a seconda delle regioni di residenza (le regioni meridionali presentano la prevalenza più alta di persone obese e in sovrappeso), dell’età (la percentuale di popolazione in eccesso ponderale cresce all’aumentare dell’età per diminuire leggermente dopo i 75 anni) e del genere (l’eccesso ponderale è più diffuso tra gli uomini).
L’obesità risulta associata a un maggior rischio di morbidità e mortalità, peggiore Qualità di Vita (QdV), elevato rischio di malattie cardiovascolari, diabete, alcuni tipi di cancro (ad esempio colon, seno, endometrio), disturbi muscolo scheletrici, come anche a conseguenze sul piano sociale (pregiudizio, discriminazione, problemi occupazionali e relazioni insoddisfacenti) e psicologico (bassa autostima, preoccupazioni eccessive per le forme corporee) (van Hout & van Heck, 2009).

Appare evidente come l’obesità rappresenti un quadro clinico di elevata complessità con significativo impatto a livello individuale e sociale.

Tra i soggetti obesi, soprattutto con obesità grave, sono state riscontrate frequenti comorbidità psichiatriche con disturbi dell’umore (ad esempio disturbo depressivo maggiore e distimia), disturbi d’ansia (ad esempio fobia sociale e disturbo d’ansia generalizzato), disturbi del comportamento alimentare (in particolare binge eating disorder e più in generale comportamento alimentare con diete e controllo rigido alternato a disinibizione e binge eating, iperalimentazione non compulsiva come frequenti spuntini con cibi e bevande caloriche), disturbi di personalità (istrionico, borderline e schizotipico) ed uso di sostanze (Malik, Mitchell, Engel, Crosby, & Wonderlich, 2014; Sarwer, Wadden, & Fabricatore, 2005; van Hout & van Heck, 2009).

In merito ai trattamenti volti alla riduzione di peso nei casi di obesità grave (BMI ≥ 40), dalla letteratura emerge come vi sia uno scarso effetto a lungo termine dei trattamenti non chirurgici quali diete, modificazioni comportamentali, esercizio fisico e farmacoterapia (Sarwer et al., 2005; van Hout & van Heck, 2009). Sebbene tali trattamenti producano una riduzione iniziale di peso, la quale può influire positivamente sulla salute e lo stato psicosociale dei soggetti con obesità moderata, potrebbero avere risultati meno consistenti nei soggetti con obesità grave.

In questi ultimi il trattamento più diffuso è la chirurgia bariatrica, ossia interventi chirurgici volti alla riduzione ponderale. Fanno parte di tali interventi: interventi di riduzione gastrica (hanno lo scopo di ridurre il volume gastrico e di provocare una sazietà precoce), interventi di malassorbimento (hanno lo scopo di provocare un malassorbimento intestinale riducendo la superficie di assorbimento dell’intestino tenue) ed interventi di lipectomia (interventi demolitivi diretti del tessuto adiposo solitamente riservati a pazienti che hanno subito interventi di restrizione o malassorbimento).

Diversi studi si sono occupati degli effetti post-operatori degli interventi bariatrici. Sebbene la chirurgia bariatrica non intervenga sulle cause dell’obesità grave, produce una significativa diminuzione del peso in eccesso (40-60%), un miglioramento della comorbidità psichiatrica (effetto positivo sull’ andamento e l’esito di alcune condizioni quali disturbo bipolare, schizofrenia, sintomi depressivi), del comportamento alimentare (maggiore senso di controllo del cibo, riduzione delle abbuffate ed emotional eating), del funzionamento sociale (miglioramenti nella soddisfazione coniugale, relazioni sociali, funzionamento sessuale, ambito lavorativo, incremento del supporto sociale), della percezione dell’immagine corporea e della qualità di vita (Sarwer et al., 2005; van Hout, Boekestein, Fortuin, Pelle, & van Heck, 2006; van Hout & van Heck, 2009).

Tuttavia tali miglioramenti, in particolare del comportamento alimentare e il calo ponderale, sembrano concentrarsi nei primi due anni post-operatori per poi diminuire con il passare del tempo. Inoltre, non tutti coloro che si sottopongono ad un intervento di chirurgia bariatrica sperimentano gli stessi cambiamenti e nella stessa entità; per di più alcuni soggetti riportano nel breve termine una sensazione di perdita di controllo sul cibo, frequenti spuntini con cibi calorici, ritorno ai pattern alimentari pre-operatori, emotional eating e aumento dei sintomi psichiatrici (Sarwer et al., 2005; van Hout & van Heck, 2009).

Report dal convegno: La grave obesità:dal corpo alla mente
Report dal convegno: La grave obesità:dal corpo alla mente

 

Alla luce di ciò diversi autori si sono interrogati su quali possano essere i fattori alla base dei diversi outcomes, ma ad oggi la letteratura a riguardo è contrastante.
In merito alla sensazione di perdita di controllo sul cibo uno studio di White e colleghi (2010), su un gruppo di soggetti obesi sottoposti ad intervento bariatrico, ha mostrato come la perdita di controllo sul cibo pre-operatoria non era legata alla diminuzione di peso post-operatoria e al funzionamento psicosociale. Al contrario, la perdita di controllo sul cibo dopo l’intervento era negativamente correlata con la perdita di peso a dodici e ventiquattro mesi dall’ intervento.

Inoltre, il gruppo di pazienti con elevata perdita di controllo sul cibo post-operatoria riportava elevati livelli di sintomi depressivi e disturbi alimentari, e bassi livelli di QdV.
Alcuni studi mostrano come la presenza di una psicopatologia pre-operatoria (disturbi alimentari, di personalità e depressione) sia associata ad una scarsa perdita di peso dopo l’intervento. Altri studi però non rilevano tale dato (Malik et al., 2014).

Kalarchian e colleghi (2008), in uno studio volto a documentare la relazione tra disturbi psichiatrici pre-operatori (diagnosticati attraverso la SCID) ed effetti del bypass gastrico, hanno trovato che la presenza lifetime di un disturbo di Asse I (in particolare disturbi dell’umore e d’ansia) era associata con una scarsa riduzione del BMI a sei mesi dall’intervento. Mentre, la relazione tra una diagnosi attuale di un disturbo di Asse I o II e il cambiamento del BMI a sei mesi dall’intervento di bypass gastrico non era statisticamente significativa.

Un altro fattore coinvolto sarebbe la capacità dei soggetti di modificare il loro comportamento alimentare e lo stile di vita a seguito dell’operazione chirurgica. Una review di van Hout e van Heck (2009) mostra che coloro che non riescono a attuare un regime alimentare rigoroso, praticare esercizio fisico e incrementare le abilità di coping per diminuire gli episodi di emotional eating possono andare incontro ad una precoce interruzione della perdita di peso, a riacquistare peso, a disturbi alimentari, a sintomi psicopatologici e deterioramento della QdV.

Pertanto, la compliance e il successo dell’intervento bariatrico possono essere in parte influenzati da fattori psicologici, sociali, comportamentali e di personalità. Per questo motivo, sarebbe importante identificare quali specifici fattori sono rilevanti per ogni paziente al fine di un suo miglioramento dopo l’intervento.

Ciò implica che l’operazione chirurgica è solo uno degli elementi coinvolti nel trattamento dell’obesità e, al fine di aumentare la compliance ed ottenere un successo post-operatorio, potrebbe essere utile un’adeguata valutazione psicologica e psicopatologica mirata a sviluppare interventi personalizzati.

Infine, sebbene la chirurgia bariatrica non sia controindicata in caso di un disturbo psichiatrico, un adeguato trattamento pre-operatorio e un sostegno psicologico post-operatorio dovrebbero essere forniti al fine di aumentare il successo a lungo termine di queste operazioni e ridurre il rischio di complicanze.

 

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