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Eritrofobia: definizione e possibili rimedi contro la paura di arrossire

La paura di arrossire può dominare la consapevolezza cosciente in situazioni socialmente minacciose e risultare in una fobia, l'eritrofobia

Di Marianna Lucibello

Pubblicato il 27 Ott. 2023

Perché arrossiamo?

Arrossire è un fenomeno fisiologico comune a tutti gli esseri umani che può essere associato ad emozioni sia spiacevoli, come l’imbarazzo e la vergogna, che positive, come il piacere e l’orgoglio.

L’arrossamento della cute legato all’emotività è guidato dall’attivazione del sistema nervoso simpatico, il quale provoca un aumento del volume del sangue attraverso i vasi sanguigni superficiali del viso, del collo e della parte superiore del torace, provocando anche un aumento della temperatura cutanea. Nelle persone socialmente ansiose, questo fenomeno segnala la presenza di un pericolo e il conseguente desiderio di fuga (Drummond et al., 2020). La paura di arrossire può dominare la consapevolezza cosciente in situazioni socialmente minacciose e risultare in una vera e propria fobia, da qui il termine eritrofobia, riconosciuta come parte integrante del disturbo d’ansia sociale all’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5; APA, 2013).

Nel contesto di questo disturbo, arrossire è un fenomeno che si presenta solitamente in situazioni sociali in cui il proprio status viene percepito come minacciato. La caratteristica che accomuna il rossore e le emozioni ad esso concomitanti è un’acuta consapevolezza di sé, la sensazione di essere esposti, al centro dell’attenzione e scrutati da chi si ha intorno (Leary et al., 1992; Kristian, & Christer, 2016). Arrossire riflette un’eccitazione ambivalente: da una parte, la persona vorrebbe fuggire dalla situazione scomoda, dall’altra prova interesse sociale e teme le conseguenze dell’allontanamento (Nikolić et al., 2015). All’estremo, una persona affetta da ansia sociale può provare un tale senso di umiliazione derivante dal rossore da ricorrere all’evitamento di tutte le situazioni sociali che potrebbero provocarlo. Inoltre, queste persone hanno spesso una predisposizione cognitiva negativa, disfunzionale e distorta o un bias percettivo negativo, a causa del quale valutano le proprie prestazioni nelle interazioni sociali come inferiori rispetto alle valutazioni oggettive di osservatori indipendenti (Spence & Rapee, 2016; Drummond et al., 2020). Una persona socialmente ansiosa presenta anche livelli maggiori di autofocalizzazione, sovrastima la probabilità di arrossire, la visibilità dei sintomi agli occhi degli altri e le conseguenze sociali di questi ultimi (Drummond et al., 2020), il che porta anche ad arrossire più facilmente rispetto agli altri (Nikolić et al., 2015).

Linee terapeutiche non invasive

Nel contesto della terapia cognitivo-comportamentale (CBT), una delle tecniche maggiormente utilizzate nell’ambito delle fobie è l’esposizione (Carl et al., 2019), ovvero la graduale sperimentazione delle situazioni che provocano timore, come quello di arrossire, senza che possano essere messi in atto gli abituali comportamenti di sicurezza (come l’evitamento o l’utilizzo di escamotage per non rendere visibile il rossore). L’esposizione può avvenire prima a livello immaginativo, per poi man mano essere sperimentata in situazioni sociali reali (Scholing & Emmelkamp, 1993; Chard & van Zalk, 2022); parallelamente, con il terapeuta, può anche essere svolto un esercizio di identificazione, analisi e discussione delle convinzioni disfunzionali che alimentano la paura (Drummond et al., 2020).

Un’altra possibile tecnica per ridurre la sintomatologia eritrofobica, spesso utilizzata in concomitanza all’esposizione, è il rilassamento, il cui obiettivo è quello di ridurre la tensione e indurre il rilassamento nelle situazioni che provocano timore (Kindred et al., 2022).

La Terapia Cognitivo Comportamentale permette anche di svolgere due tipi di “addestramento”: il Social Skills Training e il Task Concentration Training. Il primo consiste nel parlare con gli altri della propria sintomatologia ed esprimere i propri sentimenti di insicurezza impiegando abilità sociali adeguate mentre si arrossisce e imparare ad affrontare le reazioni esterne degli altri ai propri sintomi corporei (Bögels, & Voncken, 2008; Drummond et al., 2020). Il secondo, invece, si pone come obiettivo quello di reindirizzare l’attenzione della persona dai propri sintomi corporei al compito sociale, quindi spostare il proprio focus da fattori interni ad esterni (Bögels, 2006; Drummond et al., 2020).

Infine, anche l’introduzione nella terapia di un video feedback (registrare una propria interazione) sembra avere buoni risultati, in quanto aiuta le persone a visualizzare una performance realistica e oggettiva di sé, la quale ha l’obiettivo di evidenziare la discrepanza tra la propria percezione negativa e la situazione reale. In questo modo il video fornisce una prospettiva da osservatore e riduce la valutazione negativa dello stress indotto dai compiti sociali (Warnock-Parkes et al., 2017).

D’altra parte, dal punto di vista farmacologico, non vi sono sufficienti studi per poter asserire che la farmacoterapia possa essere un rimedio efficace contro l’eritrofobia; tuttavia, vi sono buoni risultati sull’utilizzo di alcuni antidepressivi (in particolare gli inibitori della ricaptazione della serotonina e della serotonina-norepinefrina) nel trattamento del disturbo d’ansia sociale (Pelissolo et al., 2019).

Tecniche invasive per l’eritrofobia: l’interruzione della via simpatica del viso (o “simpatectomia”)

La simpatectomia toracica è una procedura chirurgica che comporta la recisione, distruzione o clampaggio di alcune porzioni del tronco nervoso simpatico (Moraites et al., 2014). Il suo utilizzo nel trattamento del rossore facciale ha ottenuto buoni risultati sia in termini di riduzione del fenomeno che dal punto di vista della soddisfazione post-intervento da parte dei pazienti (Girish et al., 2017). Ad ogni modo, questa procedura non ha sempre successo e può richiedere la rimozione dei gangli simpatici (Yamamoto, & Okada, 2018). Secondariamente, la simpatectomia ha l’obiettivo di affievolire o eliminare un sintomo (l’arrossamento), ma non interviene sulla causa principale del problema, ovvero la paura; perciò, è possibile che i fattori alla base del timore (come l’ansia sociale) persistano anche dopo tale procedura (Drummond et al., 2020). Infine, parallelamente al beneficio dato dalla riduzione dell’arrossamento, possono svilupparsi effetti collaterali come un’alta sudorazione compensatoria e vampate di calore.

In conclusione, considerando l’irreversibilità, l’invasività e i possibili effetti collaterali di tale procedura chirurgica, è consigliata forte cautela nella selezione del trattamento più adeguato (Drummond et al., 2020).

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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