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Neuroestetica: i correlati neurali della percezione estetica

La neuroestetica cerca di individuare i meccanismi neurali implicati nella percezione delle opere d'arte sia figurative che astratte.

Di Guest

Pubblicato il 02 Dic. 2016

A partire dagli anni Novanta l’opera d’arte diventa uno dei mezzi principali per la comprensione della risposta estetica negli esseri umani. Nel 1994 il neuroscienziato Semir Zeki ha avviato un nuovo ambito di ricerca, definita Neuroestetica, che si propone di studiare i meccanismi biologici alla base della percezione estetica

Clementina Musati, OPEN SCHOOL PSICOTERAPIA COGNITIVA E RICERCA MILANO

 

Neuroestetica: i meccanismi neurali implicati nella percezione estetica

Grazie al contributo delle tecniche di neuroimaging funzionale e di neurofisiologia, nel corso degli anni è stato possibile localizzare diversi siti corticali implicati in questo processo. Le prime rilevazioni in merito hanno sottolineato il coinvolgimento della corteccia prefrontale, in particolare della regione orbitofrontale e di quella dorsolaterale.

A partire dagli anni Novanta l’opera d’arte diventa uno dei mezzi principali per la comprensione della risposta estetica negli esseri umani. Nel 1994 il neuroscienziato Semir Zeki ha avviato un nuovo ambito di ricerca, definita Neuroestetica, che si propone di studiare i meccanismi biologici alla base della percezione estetica. Grazie al contributo delle tecniche di neuroimaging funzionale e di neurofisiologia, nel corso degli anni è stato possibile localizzare diversi siti corticali implicati in questo processo. Le prime rilevazioni in merito hanno sottolineato il coinvolgimento della corteccia prefrontale, in particolare della regione orbitofrontale e di quella dorsolaterale.

Il coinvolgimento della corteccia orbitofrontale nella percezione estetica è stato rilevato dagli studi di Kawabata e Zeki (2004). Gli autori hanno infatti riscontrato, utilizzando la tecnica della risonanza magnetica funzionale (fMRI), un aumento di attività metabolica nelle regioni orbitofrontali in seguito all’osservazione di opere d’arte. Studi successivi (Lumer & Zeki, 2011) hanno riportato che l’intensità dell’attività metabolica in quest’area riflette in modo lineare il grado di bellezza attribuito ad un dipinto da un osservatore. Questo contributo risulta di grande valore perché ha permesso di quantificare una sensazione soggettiva come quella dell’apprezzamento estetico.

Per quanto riguarda invece il ruolo della corteccia dorsolaterale nella stima estetica, recentemente alcuni studiosi hanno rilevato un aumento di attività metabolica in tale area in seguito a compiti relativi alla valutazione della piacevolezza di uno stimolo (Ishizu & Zeki, 2013). Un altro studio ha riscontrato un aumento dell’attività elettrica della corteccia dorsolaterale sinistra in seguito all’osservazione di stimoli considerati belli dai soggetti (Cela-Conde, 2004). Questi risultati, relativi alla lateralizzazione dell’attività cerebrale corrispondente alla percezione di stimoli piacevoli, hanno portato gli studiosi a descrivere il giudizio estetico come una funzione superiore, legata alla dominanza emisferica sinistra. Alla luce delle evidenze riportate, il contributo della corteccia prefrontale durante la percezione estetica, appare fondamentale.

Tuttavia, numerose evidenze empiriche hanno rivolto l’interesse degli studiosi di neuroestetica anche alla corteccia parietale. Cela-Conde et al. (2009) hanno osservato che stimoli visivi valutati positivamente dai soggetti attivano le regioni parietali in maniera più rilevante rispetto a quelli stimoli giudicati meno belli dai soggetti. L’attivazione della corteccia parietale nel giudizio estetico sembra essere associata con l’attenzione spaziale (Soga & Kashimori, 2009) e con la percezione della simmetria e della complessità, i due fattori ritenuti più importanti nella valutazione della bellezza (Jacobsen et al., 2003). Gli studi esplorativi fin qui discussi trovano ulteriore conferma nei casi clinici. Lesioni del lobo parietale destro riducono infatti il senso artistico degli adulti e questo dato ci conferma ancora una volta l’importanza delle regioni parietali nella percezione estetica di opere d’arte (Ramachandran, 2003).

 

Neuroestetica: le aree che si attivano nella percezione dell’arte figurativa e dell’arte astratta

In generale, è possibile differenziare gli stili pittorici in due grandi categorie: l’arte figurativa, nella quale vi è una rappresentazione fedele e accurata del mondo reale, e l’arte astratta, che esula invece dalla rappresentazione oggettiva della realtà. Con il termine “astrattismo” si definiscono quindi quelle forme di espressione artistica visuale in cui non vi siano indizi che permettano di ricondurre l’immagine ad aspetti dell’ambiente circostante.

A partire da queste considerazioni è possibile affermare che l’esperienza estetica non è una semplice registrazione passiva della realtà circostante, ma una costruzione attiva di significati che comporta processi di elaborazione e analisi. Già nel 1876 il fisiologo tedesco Gustav Theodor Fechner sosteneva che fosse possibile effettuare una distinzione tra “estetica dal basso”, che si occupa delle proprietà strutturali degli oggetti, ed “estetica dall’alto”, che comporta invece il coinvolgimento di processi di elaborazione di livello superiore, come il vissuto emotivo, i tratti temperamentali e le differenze individuali. I processi di analisi di livello superiore verrebbero attivati soprattutto durante l’osservazione di opere d’arte astratta. Infatti, mentre la valutazione estetica di opere figurative mostra un elevato grado d’accordo tra i soggetti, la valutazione di opere astratte presenta una concordanza tra i soggetti più bassa: gli autori (Vessell & Rubin, 2010) spiegano questi dati affermando che la visione di scenari reali elicita significati che possono essere facilmente condivisi tra i membri di una cultura, mentre la visione di opere astratte lascerebbe più spazio all’intervento di fattori interni all’individuo.

Le differenze individuate nell’elaborazione dei due stili artistici hanno portato gli studiosi di neuroestetica a concludere che arte astratta e figurativa possano essere processate da regioni corticali differenti. Alcuni studi hanno riscontrato che l’osservazione di diversi tipi di dipinti produce attività in differenti regioni corticali, a seconda della categoria di appartenenza dell’opera d’arte (Zeki et al., 1991). L’osservazione di tele figurative raffiguranti paesaggi, ad esempio, coinvolge i giri ippocampali bilaterali e la corteccia parietale destra, aree normalmente implicate nell’esplorazione di ampie scene visive (Epstein et al., 1999) e nella rappresentazione di relazioni spaziali tra gli elementi (Cuhlam & Kanwisher, 2001). I ritratti attivano aree implicate nell’osservazione di volti, come il giro fusiforme e l’amigdala (Breiter et al., 1996). La visione di immagini astratte, invece, non evidenzia alcuna specifica attività cerebrale.

I meccanismi neurali alla base dell’apprezzamento estetico di opere astratte e figurative sono stati indagati anche nello studio di Cattaneo et al. (2013). Gli autori hanno fatto osservare a 24 soggetti una serie di 70 quadri astratti e 80 quadri figurativi e hanno chiesto di indicare il grado di apprezzamento di ciascuna opera su una scala da 1 a 100. Successivamente, a ciascun partecipante è stata applicata una neuro-stimolazione transcranica a corrente continua (tDCS) alla corteccia prefrontale dorsolaterale, una regione che risulta determinante nella percezione estetica. Dopo la neuro-stimolazione, i partecipanti hanno osservato una batteria di stimoli corrispondenti (70 immagini astratte e 80 figurative) e hanno espresso nuovamente il proprio apprezzamento per ciascun dipinto. A seguito della stimolazione si è riscontrato un aumento del gradimento del 3% nel caso di quadri figurativi, mentre è rimasto invariato l’apprezzamento di quelli astratti. Questo risultato conferma l’esistenza di processi neurali distinti nell’elaborazione delle due forme artistiche.

Infine, è stato ipotizzato che nell’apprezzamento estetico di opere d’arte possano essere coinvolti anche i cosiddetti neuroni specchio, una particolare popolazione di neuroni, presenti nella corteccia premotoria, che si attivano sia durante l’osservazione di un’azione che durante l’esecuzione della stessa (Rizzolati, 1996). I neuroni specchio esemplificano un meccanismo biologico che permette di correlare le azioni eseguite da altri con il repertorio motorio dell’osservatore. La visione di un’azione induce nell’osservatore l’automatica simulazione di quell’azione; tale meccanismo di rispecchiamento non è limitato al dominio delle azioni, ma riguarda anche quello delle sensazioni e delle emozioni. La risonanza interindividuale, descrivibile in termini funzionali come simulata incarnata, risulta determinante anche per interpretare l’arte e la dimensione estetica dell’esperienza umana (Morelli, 2010) .

Secondo alcuni autori (Gallese & Freedberg, 2008) questi neuroni sarebbero infatti responsabili delle risposte emotive alle opere d’arte, in particolare per quanto riguarda l’immedesimazione con esse. Questa sorta di empatizzazione con l’oggetto artistico è in grado di generare a livello corporeo risposte emotive elicitate dalle opere. Gli autori portano come esempio le sculture incompiute di Michelangelo, Prigioni. Nell’ammirare quest’opera l’osservatore tende ad attivare una serie di distretti muscolari localizzati nelle parti del corpo lasciate incompiute dall’artista. (Figura 1.1.).

Prigioni di Michelangelo

Questo meccanismo di immedesimazione con stimoli artistici non si verifica esclusivamente per le opere d’arte figurative, ma avviene anche per quelle astratte, prive di un riconoscibile contenuto formale. Ad esempio, i quadri di Pollock sono realizzati con una tecnica particolare, chiamata dripping (in italiano sgocciolatura), che comporta l’utilizzo di strumenti quali bastoncini e siringhe per applicare il colore, che viene lasciato cadere liberamente sulla tela. Gallese e Freedberg (2008) hanno riportato che l’osservazione dei quadri di Pollock induce, attraverso il sistema dei neuroni specchio, il coinvolgimento empatico dell’osservatore che è portato inconsapevolmente a simulare il programma motorio compiuto dall’artista per realizzare l’opera. (Figura 1.2.).

Autumn rhythm di Jackson Pollock

È dunque possibile concludere che quando osserviamo un’opera d’arte stiamo entrando in empatia a livello cerebrale con essa e con l’artista che l’ha creata, al di là del tempo e dello spazio (Missana, 2015). Aveva dunque ragione Lucio Fontana quando affermava che [blockquote style=”1″]l’Arte è eterna in quanto un suo gesto non può non continuare a permanere nello spirito dell’uomo.[/blockquote] Oggi la neuroestetica, e i neuroni specchio nello specifico, forniscono un’evidenza empirica a tale intuizione.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Breiter, H. C., Etcoff, N. L., Whalen, P. J., Kennedy, W. A., Rauch, S. L., Buckner, R. L., Rosen, B. R. (1996). Response and habituation of the human amygdale during visual processing of facial expression. Neuron, 17 (5), 875-887.
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