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L’evoluzione del maschio nella storia e il suo ruolo nella società moderna

Il maschio nella storia ha svolto i ruoli di cacciatore, patriarca, capo-famiglia mentre oggi emerge una minore differenziazione di ruoli tra uomini e donne

Di Giovanni Maria Ruggiero

Pubblicato il 27 Mag. 2016

Io non credo che il maschio scompaia. Egli è sempre lì tra noi, intento a giocare il suo eterno gioco di caccia. È stato cacciatore, guerriero, prete, missionario, esploratore, artista e perfino a volte amorevole padre di famiglia, che poi è stato quello il suo ruolo e il suo momento meno maschile, nel borghese ottocento, e non questo nostro tempo che si dice infelice e non lo è.

Questo articolo è stato pubblicato da Giovanni Maria Ruggiero su Linkiesta il 21/05/2016

Comparsa e ricomparsa del maschio

Il maschio scompare per poi ricomparire, e così la femmina. È una vecchia storia, un po’ ripetitiva e a volte triste, ma in fondo sempre appassionante. Anche se sappiamo come va a finire –nel solito modo: a letto- non ci sono spoiler che possano rovinarci l’attesa. Malgrado la falsa saggezza dei tanti recenti noiosi che passano il loro tempo a temere di sapere come vanno a finire i racconti più belli, le migliori storie sono quelle di cui già conosciamo il finale, e quale migliore finale se non sesso e amore? Lo vogliamo questo finale, e per questo un maschio ci vuole e non scompare. Che poi talvolta ci siano due maschi o due femmine sono variazioni sul tema, i timbri sono più psichedelici ma le leggi armoniche non cambiano, è come ascoltare Berlioz e i Grateful Dead invece che i Beatles e Beethoven: la dialettica dei suoni e dei sessi rimane quella, malgrado i pregiudizi.

 

Il maschio nella preistoria

Facciamo ordine. Di chi stiamo parlando? Del maschio alpha della banda dei cacciatori preistorici, del patriarca poligamo all’alba della storia o del severo padre di famiglia dell’ottocento? Non sono mica la stessa persona, anche se in comune hanno il pistolino. Il primo è un guerriero e un capo. Eccolo che corre spensierato in testa alla sua banda di giovinastri. È giovane ed esiste da duecentomila anni, da quando è apparsa l’umanità sulla terra. All’inizio c’era solo lui, quando l’umanità era fanciulla al tempo dei cacciatori-raccoglitori ed è sempre stato il più felice tra i maschi. Lo contempliamo nella sua giungla o nella sua savana, insieme ai suoi amici, sono tutti belli e tutti felici, se ne sta lì a cacciare un paio d’ore al giorno, giusto il tempo di raccogliere il suo pasto quotidiano a base di carne. Torna alle sue capanne coperto di gloria e di bullaggine, ed è un simpaticone, un tipo da discoteca e un grande figlio di puttana. La sua dieta è varia, oltre la carne ci sono radici, bacche e frutta ma niente pane e questo gli fa molto bene. La sua dentatura è perfetta anche in età avanzata, non ci sono carboidrati in giro e non vi è nemmeno l’ombra di una carie a guastargli la nobile forza delle zanne bianche. La sua muscolatura è scolpita e corre sotto la pelle. Il nostro giovane amico si agita il giusto, non più di due ore al giorno come abbiamo detto, e poi finita la caccia dormicchia, ciondola, se ne sta lì con la sua banda di 10-20 amici mentre altrettanto si divertono le 10-20 donne della banda, fanno anch’esse quel che loro aggrada, raccogliere frutta e bacche, chiacchierare con le amiche e badare un po’ ai pargoli. Sono tutti un po’ promiscui, fanno sesso casuale e i bimbi crescono tutti assieme, non si capisce bene chi sia figlio di chi, in fondo non importa.

Pare fosse così, almeno così la racconta Donald Symons in “The Evolution of Human Sexuality”. Bel libro, leggetelo (tranquilli, non vi dico come va a finire, no spoiler).

 

Il maschio diventa capofamiglia

La popolazione però cresce e le bestie da cacciare e le bacche da raccogliere vanno cercate sempre più lontano, e qui iniziano i guai per il nostro maschione alpha. In teoria è facile: basta tenere il numero dei componenti della banda sotto controllo. Si tratta solo di far fuori un po’ di bambini –come racconta con cruda tranquillità Marvin Harris in “Cannibali e Re”- e l’equilibrio tra bocche da sfamare e cibo cacciato e raccolto si mantiene.

Dite che far fuori bambini sia un sistema un po’ forte? Beh, è quello che pensarono anche i nostri antenati settemila anni fa, quando non ce la fecero più a sacrificare bambini e inventarono l’agricoltura. Diventammo sentimentali e fu l’inizio della fine, come scriveva quella bestia fanfarona di Nietzsche, in realtà incapace di far male a una mosca. Diventammo sentimentali e incapaci di seguire il sanguinario ritmo della natura, della caccia e della raccolta e dell’eliminazione delle bocche infantili sovrannumerarie, scoprimmo i buoni sentimenti e la carità. Il sacrificio di Dionisio-bambino, attirato nella cerchia dei Titani con giocattoli, ovvero tra gli adulti destinati a ucciderlo, diventò emotivamente gravoso fino a trasformarsi in una croce che nessuno voleva portare. Chissà perché poi, lo si era fatto per centonovantatremila anni, poi basta. Fatto sta che emersero tutti assieme i nostri guai: l’agricoltura, il lavoro, la società, la politica, il senso morale, la capacità empatica di identificarsi con l’altro, la pena per il bambino o la bambina da sacrificare. E morì la bestia bionda di Nietzsche, il maschio alpha, colui che dice di sì alla vita. E al sangue.

Non era però finita per il maschio. Al posto del cacciatore arrivò il patriarca, il capofamiglia poligamo e capotribù, alla testa di un’azienda agricola con decine di lavoranti: una tribù, una città, un impero. Emersero le differenze di classe e quelle di genere. Le donne furono confinate nella cura dei bimbi –non era più possibile farli fuori e quindi le donne se ne vedevano appioppare a decine e decine, uno nuovo ogni anno per l’intera vita fertile. Roba da ammazzarsi. D’altronde non c’erano anticoncezionali e il patriarca e i suoi accoliti avevano sempre voglia di fare il solito sesso, che ci vuoi fare. La dieta peggiorò, carboidrati a bizzeffe e solo quelli, sempre meno proteine, denti cariati, corpi deformati dalla fatica e dalle calorie ora carenti ora eccessive e sempre di scarsa qualità: riso e grano; un misto di denutrizione e obesità imbruttì l’umanità ben prima dell’era industriale. I capi, però continuavano a fare una vita da guerrieri, ogni estate si davano alla guerra lontano dai doveri agricoli che erano già doveri di ufficio: l’agricoltura richiede sei ore di lavoro al giorno, non le due orette dell’età dell’oro quando il cibo si cacciava e si raccoglieva. Questi doveri dell’aratro e del vomere dovevano essere così gravosi che la banda dei patriarchi aristocratici –stressatissimi come degli impiegati- non esitava a fuggire di casa per una decina d’anni e più all’assedio di Troia, pur di staccare dalla routine quotidiana. Salvo poi tornare e farsi trucidare in bagno dalla moglie incarognita, come accadde ad Agamennone. Il quale non si era fatto mancare il sacrificio della figlia Ifigenia, a dimostrazione che le epoche storiche sono intrecciate tra loro e l’agricoltura non aveva significato la fine dei sacrifici umani, lontana eco dell’abitudine ancestrale di uccidere la popolazione infantile in sovrannumero.

Come abitudini sessuali il patriarca è ancora un po’ promiscuo ma anche legalitario, sistema le intemperanze del pene e del cuore con la poligamia e/o il concubinaggio. Si concede ancora divertimenti con il suo stesso sesso, ma comincia a vergognarsene, lo fa di nascosto, si capisce e non si capisce, insomma Achille e Patroclo andavano a letto assieme o no? Boh! Non si sa. Odisseo è già un marito borghese, l’unico che pensa a tornare a casa e l’unico che ama sua moglie e la vita in famiglia in quella banda di achei appassionati solo di guerra e della vita tra maschi.

Al patriarca poligamo succede il terzo tipo di maschio, che discende da Odisseo. Nel migliore dei casi affettuoso, amante della vita in famiglia, lavoratore indefesso e rispettoso degli orari di ufficio, romantico nei sentimenti e negli affetti. Il suo trionfo è nell’interno familiare borghese, anche se poi, come Odisseo, si concede le sue scappatelle da maschio alpha. Anche lui va in guerra, conquista colonie in mezzo mondo, sta via per anni, s’intrattiene nei resort di Circe e Calipso ma poi torna sempre dalla sua Penelope. Anche se fa figli all’estero con una Madama Butterfly poi si sistema con una moglie del suo paese. Alla lunga si deprime, la vita nell’interno borghese è un carcere in cui si passa la giornata a fumare l’ultima sigaretta e a immaginare di far finire il mondo in un immane attentato terroristico. Il padre di famiglia è strettamente eterosessuale, e man mano che si inoltra nel novecento, diventa sempre meno propenso a scappatelle extraconiugali, o comunque le effettua in maniera sempre più coperta salvo incappare in Monica Lewinski. Eppure dietro Odisseo c’è sempre l’ombra di Achille: ancora in pieno novecento l’esplosione nazista riproduce il gruppo dei cacciatori guerrieri, le giovani belve assetate di sangue saltano fuori dalle trincee e sconvolgono il mondo di sangue, di spari e d’innovative forme di sacrificio umano. Così fan tutti.

 

Il maschio nella società moderna

Infine, si arriva a questa nostra età, che si dice confusa e che forse è felice. Le donne evadono dal carcere e dalla condanna alla maternità, con metodi ora gioiosi e giocosi e ora un po’ più tristi. Così è la vita. Il benessere economico ci regala calorie di qualità migliore rispetto ai terribili carboidrati cariatori di denti dell’età agricola. Possiamo perfino permetterci di essere vegetariani, ma nello spirito stiamo tornando all’età della caccia e della raccolta. Lasciamo alle spalle i ruoli rigidi richiesti dalla società agricola e ci abbandoniamo al flusso, siamo tutti un po’ donne e un po’ uomini e tutti siamo maschi e anche femmine, il sesso diventa un breve divertimento a cui in fondo non dare troppo peso, è più divertente semmai parlarne. Una nuova promiscuità è possibile, i ruoli sono meno importanti di un tempo e ci si concedono esperimenti con i propri co-gender, si tratta di esperienze da non drammatizzare troppo, vanno vissute tra lo sbadiglio e l’orgasmo.

Io non credo che il maschio scompaia. Egli è sempre lì tra noi, intento a giocare il suo eterno gioco di caccia. È stato cacciatore, guerriero, prete, missionario, esploratore, artista e perfino a volte amorevole padre di famiglia, che poi è stato quello il suo ruolo e il suo momento meno maschile, nel borghese ottocento, e non questo nostro tempo che si dice infelice e non lo è. Non è mai sparito e oggi è più che mai presente, anche quando assume un aspetto femmineo: come Achille, si veste da femmina per imboscarsi ed evitare di andare alla guerra, poi ci va e va a letto con Patroclo.

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Giovanni Maria Ruggiero
Giovanni Maria Ruggiero

Direttore responsabile di State of Mind, Professore di Psicologia Culturale e Psicoterapia presso la Sigmund Freud University di Milano e Vienna, Direttore Ricerca Gruppo Studi Cognitivi

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