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Cannella: può arrestare la progressione del morbo di Parkinson?

I ricercatori hanno scoperto come la cannella possa invertire i cambiamenti biochimici, cellulari ed anatomici nel cervello di topi con morbo di Parkinson.

Di Roberta Mazzara

Pubblicato il 23 Lug. 2014

FLASH NEWS

 

 

I ricercatori della Rush University Medical Center di Chicago hanno scoperto come l’utilizzo della cannella, una spezia usata comunemente in cucina, possa invertire i cambiamenti biochimici, cellulari ed anatomici che avvengono nel cervello di topi con morbo di Parkinson (PD).

I risultati dello studio in questione sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Journal of Neuroimmune Pharmacology.

Cos’è esattamente il morbo di Parkinson?

Parliamo di una malattia degenerativa che colpisce un’area del cervello nota come Substantia Nigra. Il nome “sostanza nera” è dovuto alla presenza, nei neuroni che compongono questa struttura, di elevate quantità di pigmento melanico, che conferisce ad essi un particolare colore scuro. La graduale degenerazione di queste cellule determina una riduzione del neurotrasmettitore Dopamina, che a sua volta, esita nei classici segni e sintomi del PD: tremori a riposo in un lato del corpo, generalizzata lentezza nei movimenti, rigidità degli arti e deficit del cammino e dell’equilibrio. La causa della malattia non è nota, sebbene siano state ipotizzate sia basi di natura ambientale che genetica.

Ma veniamo allo studio effettuato dai ricercatori della Rush University e alle parole di Kalipada Pahan, PhD e professore di neurologia alla Rush: “La cannella è usata come spezia in tutto il mondo da centinaia di anni, ma potrebbe essere uno degli approcci utilizzati nel trattamento della progressione della malattia nei pazienti affetti da Parkinson”. Continua: “La cannella è metabolizzata nel fegato in sodio benzoato, che è una sostanza usata nel trattamento dei difetti metabolici epatici associati a iperammoniemia”. La cannella cinese (Cinnamonum cassia) e quella originale di Ceylon (Cinnamonum verum) sono i due tipi maggiormente reperibili negli Stati Uniti. “Sebbene entrambi i tipi siano metabolizzati in sodio benzoato, tramite la spettrometria di massa, abbiamo osservato come la cannella di Ceylon sia più pura di quella cinese, la quale conterrebbe cumarina, una molecola epatotossica”.

Ma qual è l’effetto di questa spezia a livello cerebrale? Nei pazienti affetti da PD avviene un calo significativo di alcune proteine, quali Parkin e DJ-1. Lo studio ha dimostrato che, dopo essere stata assunta a livello orale, la cannella viene degradata in sodio benzoato, il quale entra nel cervello e blocca la perdita di Parkin e DJ-1, protegge i neuroni, normalizza i livelli di neurotrasmettitore e migliora le funzioni motorie nei topi con PD.

“Ora dobbiamo replicare tali risultati tramite test su pazienti con PD, se questo avverrà, saremo in grado di fare un grande passo avanti nel trattamento di questa devastante malattia neurodegenerativa”, afferma il Dr. Pahan.

Possiamo comprendere l’impatto di tale scoperta se pensiamo alla prevalenza di tale malattia che, solo negli Stati Uniti e nel Canada, colpisce circa 1,2 milioni di pazienti e se pensiamo che, sebbene venga considerata una malattia dell’anziano, un 15% dei pazienti riceve tale diagnosi prima dei 50 anni.

 

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Roberta Mazzara

Psicologa. Specializzanda iscritta alla Scuola di Neuropsicologia dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca.

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