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La demenza vascolare

La demenza vascolare (VaD), oltre alla malattia di Alzheimer, è tra le forme più diffuse di demenza, scopriamone insieme le caratteristiche

Di Claudia Battipaglia

Pubblicato il 23 Mar. 2023

Per demenza vascolare si intende un deterioramento cognitivo che comprende disturbi del pensiero, dell’organizzazione, del senso critico, della memoria e di altre funzioni che sono abbastanza significative da interferire con le normali attività quotidiane o occupazionali, e che sono causate da un danno cerebrale dovuto a un afflusso ridotto del sangue.

Abstract

La demenza è definita dal DSM-IV come un declino cognitivo acquisito, caratterizzato dalla presenza di un disturbo di memoria associato alla perdita di almeno un’altra funzione cognitiva, come prassia, linguaggio, etc. Queste alterazioni, devono avere un decorso di almeno sei mesi, devono comportare un deterioramento rispetto ad un livello funzionale precedente e rispetto allo svolgimento delle attività quotidiane di base. Tra le forme secondarie di demenza, la demenza vascolare (VaD) rappresenta la forma principale: il termine VaD non fa riferimento a un’entità nosologia unica, ma comprende una serie di quadri clinici e fisiopatologici con caratteristiche diverse, accomunati dall’alterazione vascolare. Non esiste una forma di demenza vascolare pura, ma a seconda del quadro clinico che il neuropsicologo si trova di fronte, possiamo classificare questo tipo di demenze in corticali, subcorticali e miste. Una volta effettuata la diagnosi, si procede con il trattamento, che può consistere sia in una terapia farmacologica, molto più rara a causa degli scarsi studi, sia in una serie di strategie per cercare di limitare i suoi sintomi e la sua evoluzione.

Introduzione

In un paese come l’Italia, caratterizzato da un grado d’invecchiamento della popolazione molto alto, tra i più avanzati del mondo, la demenza rappresenta una delle grandi priorità della salute pubblica, sia per la frequenza con la quale si verifica, sia per gli elevati carichi assistenziali e socio-sanitari che comporta. Demenza è un termine utilizzato per indicare non una malattia, bensì una sindrome, cioè un insieme di sintomi che comportano un deterioramento cognitivo, cioè un declino, una perdita, rispetto alle prestazioni precedenti. Questo declino è definito globale, poiché coinvolge tutte le funzioni cognitive, e cronico, poiché si prolunga ininterrottamente nel tempo.

Esiste una classificazione, a seconda del quadro che il neuropsicologo può trovare: le demenze primarie, che riconoscono, come evento originario, un processo patologico localizzato nel sistema nervoso centrale, sia esso degenerativo, vascolare, o di altra natura; e le demenze secondarie, nelle quali invece, la sofferenza del sistema nervoso centrale è secondaria rispetto a processi patologici a carico di altri organi e apparati.

La demenza vascolare

Oltre alla malattia di Alzheimer, che sappiamo essere la forma più comune di demenza, esistono altre malattie importanti, oltre che per le loro conseguenze, anche dal punto di vista epidemiologico. Tra queste, la forma più diffusa, insieme alla malattia di Alzheimer, è rappresentata dalla demenza vascolare (VaD), responsabile di circa il 20% dei casi di perdita significativa di funzioni cognitive (Baldinelli et al., 2017).

Per demenza vascolare, si intende un deterioramento cognitivo che comprende disturbi del pensiero, dell’organizzazione, del senso critico, della memoria e di altre funzioni che sono abbastanza significative da interferire con le normali attività quotidiane o occupazionali, e che sono causate da un danno cerebrale dovuto a un afflusso ridotto del sangue; essa infatti, la maggior parte delle volte, è dovuta a una serie di piccoli ictus o di altre patologie che danneggiano i vasi sanguigni e riducono la circolazione, limitando l’afflusso vitale dell’ossigeno e delle sostanze nutritive alle cellule cerebrali. Per questo, affinché si possa porre una corretta diagnosi di demenza vascolare, è necessario che vi sia un precedente danno vascolare, cui abbia fatto seguito, in immediata contiguità temporale, il deterioramento cognitivo. Le forme di patologia vascolare che colpiscono il cervello sono molte e diverse: la posizione e la dimensione del danno cerebrale determinano quali funzioni cerebrali sono colpite. È possibile individuare i tratti caratteristici della demenza vascolare già dalla raccolta anamnestica, sia in termini di esordio che di andamento clinico dei disturbi. Alcuni studi hanno mostrato una sostanziale sovrapposizione delle caratteristiche neuropsichiatriche tra il morbo di Alzheimer e la demenza vascolare, sebbene alcuni sintomi, come depressione e apatia, siano particolarmente importanti nei pazienti con demenza vascolare, mentre altri criteri come allucinazioni o deliri siano meno frequenti (O’Brien e Thomas, 2015).

Rispetto alla malattia di Alzheimer, infatti, la demenza vascolare ha un esordio meno subdolo, più acuto, e presenta un andamento descritto come “a gradini”, ossia, a periodi di peggioramento clinico si alternano fasi di riassestamento. Nel valutare e nel descrivere la storia naturale della malattia, va posta attenzione ai sintomi e ai segni clinici che spesso si associano alla demenza vascolare, primo fra questi, i disturbi motori. Nei casi più lievi della malattia, si assiste a un rallentamento psicomotorio, che spesso è associato a una compromissione della deambulazione, provocando una vera e propria sindrome rigido-acinetica. Sebbene sia in pazienti con Alzheimer che in quelli con demenza vascolare si evidenziano deficit di rievocazione, incapacità di planning, di problem solving e di abilità logico-deduttive, andando ad osservare più a fondo, troviamo, ovviamente, un disturbo qualitativamente differente: nei pazienti affetti da malattia di Alzheimer, si assiste a una progressiva compromissione del processo di archiviazione delle informazioni, che vengono perdute e che quindi non riescono più ad essere rievocate. Nei pazienti affetti da demenza vascolare, invece, si evidenzia un disturbo prettamente esecutivo di recupero delle informazioni, che diventa lento e difficoltoso (Baldinelli et al., 2017). La demenza vascolare pura non è comune; infatti, effettuare una diagnosi di demenza vascolare non è né agevole né semplice, poiché spesso il danno vascolare si sviluppa in concomitanza con il morbo di Alzheimer o di altre patologie cerebrali, le quali, pur aggravando la demenza, non sono le cause principali. Esistono delle particolari condizioni cliniche che la vanno a mimare, rendendo difficoltoso il suo inquadramento, inoltre, non esistono criteri diagnostici chiari per il deterioramento cognitivo vascolare, il quale rimane un termine che evidenzia una patologia in generale, piuttosto che una specifica entità diagnostica. I sistemi di classificazione come il DSM-5 hanno rimosso la necessità di compromissione della memoria come uno dei criteri per la demenza, o come la definisce il DSM-5, disturbo neurocognitivo maggiore (O’Brien e Thomas, 2015). I cambiamenti nella nosologia della demenza vascolare degli ultimi venticinque anni si sono basati sulle nuove conoscenze e progressi, ma i dibattiti su di essa e sulla sua classificazione continueranno, fino a quando non verranno individuati i meccanismi fisiopatologici distinti e trattabili che sostengono la demenza vascolare.

Le forme di demenza vascolare: corticale, subcorticale e mista

La demenza vascolare tipicamente si presenta quando numerosi piccoli infarti ischemici cerebrali causano un livello tale di perdita neuronale o assonale da determinare compromissione delle funzioni cerebrali. Il termine sottocorticale si riferisce sia al tipo di manifestazioni cliniche, sia alla localizzazione della lesioni, principalmente localizzate ai gangli della base, alla sostanza bianca, e al mesencefalo, contrariamente a quando accade nella malattia di Alzheimer (Zelante et al., 2012). La demenza Vascolare Sottocorticale (SIVD) è un sottotipo del gruppo delle demenze vascolari; queste, secondo la classificazione del National Institute of Neurological Disorders and Stroke (NINDS) e dall’Association Internationale puor la Recherche er l’Enseignement en Neurosciences (AIREN) (Roman et al., 1993) sono suddivise in:

  • Demenza da patologia dei singoli vasi: sono coinvolti i vasi di piccolo calibro. Si verificano infarti lacunari multipli profondi all’interno della sostanza bianca e della sostanza grigia.
  • Demenza multi-infartuale: sono coinvolti i vasi di medio calibro.
  • Demenza da infarto strategico: un infarto si verifica solo in una zona cruciale del cervello (giro angolare, talamo, etc).

Ogni forma riconosce cause, aspetti clinici e neurologici propri. Secondo questa classificazione, la demenza vascolare da piccoli vasi comprende a sua volta due entità separate ovvero la malattia di Binswanger e lo stato lacunare (Zelante et al., 2012):

  • malattia di Binswanger: consiste in un deterioramento lento e progressivo con importanti alterazioni della sostanza bianca. Il quadro clinico è caratterizzato da demenza progressiva e insidiosa e l’età media d’insorgenza è intorno ai sessant’anni.
  • stato lacunare: dovuta a piccoli infarti cerebrali, presenta caratteristiche cliniche come l’emiparesi improvvisa, la demenza, la disartria, e disturbi dell’andatura.

Qualsiasi disturbo cerebrovascolare può determinare la demenza vascolare, ma a seconda delle aree cerebrali coinvolte, questa assume un fenotipo clinico differente. Le espressioni cliniche vengono ricondotte a pattern specifici, a seconda che la compromissione sia corticale o subcorticale. Laddove il danno cerebrovascolare si verifichi a livello corticale, questo tipo di demenze vengono così definite perché colpiscono principalmente le strutture della corteccia cerebrale, e si caratterizzano per deterioramenti a livello cognitivo, mnemonico e linguistico. Si differenziano quindi dalle demenze sottocorticali, che, come detto in precedenza, colpiscono principalmente le strutture che sono collocate al di sotto della corteccia cerebrale, e si caratterizzano per deterioramenti a livello della sfera emotiva, della personalità, e delle funzioni motorie; in questo caso, infatti, i domini neuropsicologici coinvolti sono molteplici, andando a configurare un deterioramento cognitivo polimorfo (Baldinelli et al., 2017).

La demenza vascolare subcorticale (SVD) è una malattia dei piccoli vasi con demenza, che costituisce circa la metà dei casi di demenza vascolare. I profili cognitivi e mentali della demenza vascolare subcorticale, presentano disturbi della memoria relativamente lievi, una lentezza psicomotoria dovuta alla perdita delle funzioni di controllo esecutivo, disinibizione e cambiamenti di personalità, dovuti alla disconnessione orbitofrontale. I sintomi comportamentali e psicologici nella demenza vascolare sono distinti da quelli della malattia di Alzheimer in termini di qualità, ma non di frequenza, la quale risulta essere simile. Sebbene non inclusa nei criteri diagnostici, una componente significativa della demenza vascolare è caratterizzata da disturbi psico-affettivi e comportamentali, in particolare depressione, apatia, ansia, aggressività, disinibizione e labilità emotiva. Nei pazienti con demenza vascolare subcorticale, l’esordio precoce del deficit di memoria con il progressivo peggioramento di altre funzioni cognitive quali il linguaggio, le abilità motorie, la percezione, senza corrispondenti lesioni focali al neuroimaging, nonché l’assenza di rilevanti lesioni espressive della malattia cerebrovascolare nella  tomografia computerizzata (TC) o nella risonanza magnetica (RM), rendono la diagnosi di demenza vascolare sottocorticale incerta (Erkinjuntti et al., 2000); è per questo che l’imaging cerebrale è fondamentale nella diagnosi di demenza vascolare sottocorticale, dato l’alto numero di casi di patologia asintomatica (Zelante et al., 2012). Nell’iter diagnostico è importante valutare in modo attento l’esordio e il decorso della malattia, la presenza di fattori di rischio e di patologie concomitanti, l’anamnesi farmacologica, oltre ad osservare, con una valutazione neuropsicologica, le diverse aree cognitive coinvolte. Ad oggi si ritiene che le forme vascolari “pure”, come è stato sottolineato precedentemente, rappresentino una quota limitata dei casi di demenza e che nella maggioranza dei casi la genesi del disturbo cognitivo sia da considerarsi di tipo “misto” neurodegenerativo e vascolare, che rappresenta, probabilmente, la causa più frequente di demenza nell’anziano (Mello et al., 2011). L’accuratezza nella diagnosi di demenza “mista” è di cruciale importanza sia dal punto di vista epidemiologico che per quanto riguarda la strategia di prevenzione e di trattamento dell’anziano (Abitabile et al., 2010).

È noto che la malattia di Alzheimer e la demenza vascolare siano tra le cause più frequenti di demenza, soprattutto in età geriatrica. Alcuni studiosi, tra cui Delay e Brion, furono i primi a ipotizzare che le due forme potessero coesistere, dando vita alla cosiddetta forma di demenza “mista” (Delay e Brion, 1962). In seguito, sono state generate numerose e differenti definizioni di tale demenza, legate soprattutto alle modalità di diagnosi, alle presentazioni cliniche, ai trattamenti, etc. Alcuni studiosi hanno suggerito, infatti, che si può parlare di demenza “mista” solo se l’esame neuro-patologico mostra sufficienti lesioni sia vascolari che degenerative, e che ciascuna di queste possa essere diagnosticata indipendentemente dall’altra (Tomlinson et al., 1970). Anche Molsa et al. ha definito demenza “combinata” quei casi di Malattia di Alzheimer associata a lesioni ischemiche, tralasciando la loro gravità (Molsa et al., 1985). Prendendo in considerazione tutti questi studi, pertanto, con il termine demenza “mista”, si vuole indicare una combinazione di differenti forme di demenza, che vanno dalla malattia di Alzheimer alla demenza vascolare e/o a deficit cognitivi di origine vascolare. Gli esami post-mortem, però, hanno evidenziato che la demenza “mista” è sottostimata e ciò dimostra che questo tipo di demenza è maggiormente presente rispetto a quanto riportato dagli studi clinici; questo è stato dimostrato delle varie autopsie effettuate su pazienti, le quali hanno confermato che la maggior parte dei casi era riconducibile proprio a questo tipo di demenza “mista”. I criteri clinici per effettuare tale diagnosi di demenza “mista”, infatti, sono controversi e difficili, e la loro validazione è ancora in corso; dai pochi studi che sono stati condotti, si è arrivati alla conclusione che il paziente con questo tipo di demenza dovrebbe rispondere ad almeno due delle seguenti caratteristiche:

  • Paziente con diagnosi di Malattia di Alzheimer il cui stato cognitivo è stato aggravato da un incidente cerebro-vascolare;
  • Paziente con accidente cerebro-vascolare il cui stato cognitivo è andato progressivamente aggravandosi.

Per quanto riguarda la sua validazione, che precedentemente abbiamo detto essere ancora in corso, uno degli studi più importanti è stato realizzato utilizzando i criteri dell’ADDTC (Alzheimer Disease Diagnostic et Treatment Centers) e del NINDS-AIREN (National Institute of Neurological Disorders and Stroke-Association International puor la Recherche et l’Eseignement en Neuroscience) su 113 pazienti, i quali sono stati classificati come affetti da demenza “mista” poiché rispondevano sia ai criteri di malattia di Alzheimer, sia a quelli di demenza vascolare durante gli esami neuro-patologici. La classificazione di questi pazienti è risultata differente a seconda dei criteri utilizzati: i casi di demenza “mista” sono stati classificati come demenza vascolare nel 54% dei casi utilizzando i criteri dell’ADDTC, mentre nel 29% dei casi utilizzando i criteri NINDS-AIREN. Da questo si evince che la maggior parte dei casi di demenza “mista” sono stati esclusi e che entrambi i criteri utilizzati erano più sensibili all’identificazione della demenza vascolare, ma meno a una demenza “mista”. Da ciò si è dedotto che i caratteri clinici di una demenza vascolare sono diversi da quelli di una demenza vascolare “mista”, e che quindi essi non sono interscambiabili ai fini di una corretta diagnosi (Abitabile et al., 2010). Ancora oggi, quindi, non possiamo definire i criteri e le modalità di insorgenza della demenza “mista”; possiamo solo sostenere che la sovrapposizione della malattia di Alzheimer con la demenza vascolare sembra essere all’origine di questo tipo di demenza, la cui diagnosi potrà essere migliorata solo attraverso nuovi e approfonditi studi.

Trattamento della demenza vascolare

La demenza vascolare, piuttosto che essere considerata come una patologia univoca, dovrebbe essere studiata nel suo carattere eterogeneo, permettendo così di avere una visione più ampia rispetto a tutte le sue sfaccettature. Attualmente non esistono trattamenti farmacologici in grado di ottenere dei risultati validi circa tale patologia una volta stabilita clinicamente. Esistono, però, delle strategie per cercare di limitare i suoi sintomi e la sua evoluzione; è compito del medico quello di individuare e trattare precocemente quelli che vengono definiti “fattori di rischio vascolare” e tutte quelle condizioni che sappiamo essere associate a disturbi cerebrovascolari. Fondamentale per il trattamento della demenza vascolare, quindi, è la prevenzione primaria, che cerca di agire su quelli che sono i principali fattori di rischio, che oltre l’etnia, l’età e il sesso, sono rappresentati da ipertensione, diabete mellito, fumo, alcol, obesità, etc.  Compito del paziente, o di chi si prendere cura di lui, è quello di favorire uno stile di vita sano, evitando le abitudini che possono provocare il danno vascolare (Baldinelli et al., 2017). I rischi di demenza vascolare, sono tra i principali obiettivi delle strategie di prevenzione: numerose, infatti, sono le informazioni su ictus e fattori di rischio cerebrovascolari, questo perché un attento controllo e un immediato intervento su di questi dovrebbe ridurre la probabilità di demenza vascolare post-ictus e di demenza vascolare subcorticale.

Tuttavia, la letteratura su tale argomento risulta essere scarsa, a causa del piccolo numero di campioni, e quindi della bassa potenza statistica, della scarsa durata degli studi, dei disegni di ricerca e della scelta di end-point non adeguati all’argomento trattato. Questo ha condotto a risultati modesti, tanto che, ad oggi, come è stato espresso in precedenza, di nessun farmaco è stata documentata con sicurezza l’efficacia (Mello et al., 2011).

Una volta che la demenza vascolare è stata clinicamente stabilita, si passa a quella che è considerata prevenzione secondaria, ossia si mettono in atto una serie di terapie che mirano principalmente a rallentare la progressione della malattia. All’iniziale diffidenza del mondo scientifico per i trattamenti non farmacologici, infatti, si sta sostituendo, negli ultimi anni, un interesse crescente dovuto principalmente ai limiti dell’efficacia farmacologica. Tramite programmi di intervento che si basano sulla riabilitazione cognitiva in associazione ad altri tipi di trattamento, viene utilizzato un approccio multifattoriale, che abbia come obiettivi il mantenimento di tutte quelle capacità ancora intatte che il paziente presenta, e la riduzione di un eccesso di disabilità (Vallar et al., 2015). In secondo luogo, grazie all’evoluzione delle neuroscienze, all’uso di nuove tecniche elettro-fisiologiche e di neuroimaging, si è potuta documentare la possibilità di modificazioni morfologiche e funzionali del sistema nervoso dell’adulto legate alla neuroplasticità del cervello. Tale concetto di plasticità cerebrale è stato non solo esteso a tutte le fasi della vita, ma sono stati forniti anche dati a supporto dell’efficacia dei trattamenti riabilitativi basati sull’ipotesi di riorganizzazione funzionale o di apprendimento: un processo continuo che permetterebbe un rimodellamento delle mappe neuro-sinaptiche. Questi studi hanno dato, dunque, inizio all’elaborazione di tutta una serie di approcci non farmacologici finalizzati a rallentare il declino cognitivo e funzionale, compensare le disabilità, e controllare i disturbi del comportamento.

Riflessioni conclusive

Questo lavoro si è soffermato maggiormente sull’importanza e sulla frequenza della demenza di tipo vascolare, essendo la seconda causa più comune di demenza nella popolazione, la quale però non possiede, a livello di studio e di ricerca, la risonanza che meriterebbe. Sebbene ci siano stati molti progressi negli ultimi anni per quanto riguarda la definizione e comprensione della relazione tra la malattia cerebrovascolare e i deficit cognitivi, permangono alcune incertezze. Sono, infatti, necessari trial clinici di maggiore durata, numerosità e omogeneità del campione, e con disegni e misure di outcome adeguati, ai fini di valutare l’efficacia dei potenziali interventi terapeutici e preventivi. La gestione della demenza vascolare dovrebbe concentrarsi sull’identificazione e la gestione della comorbilità, garantendo che i fattori di rischio vascolare siano gestiti in maniera ottimale, che ci sia un riconoscimento e una gestione ottimale dei sintomi non cognitivi e un adeguato supporto psicosociale, per rendere meno dura possibile la vita dei pazienti e dei caregiver.

 

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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