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L’efficacia dei training di memoria per l’anziano sano

I training di memoria implementano la plasticità facendo utilizzare all’anziano varie strategie per migliorare i processi di codifica e recupero

Di Raffaella Camiscia

Pubblicato il 19 Apr. 2022

Aggiornato il 22 Apr. 2022 12:04

I training possono riguardare diverse funzioni, ma, essendo la memoria una delle facoltà che maggiormente si deteriora con l’avanzare dell’età, è stato dato molto spazio ai training di memoria.

 

 È noto che con l’avanzare dell’età il cervello subisca modificazioni in diverse aree cerebrali che si ripercuotono direttamente sulle performance cognitive. Il tema del Cognitive Aging risulta essere molto popolare al giorno d’oggi perché ci stiamo muovendo verso un sempre più consistente invecchiamento della popolazione, quindi esiste una fascia della popolazione in forte crescita che sperimenta questi cambiamenti cognitivi.

Come si modifica la memoria con l’invecchiamento?

La memoria risulta essere una di quelle abilità maggiormente intaccate dal passare degli anni, anche se non in tutti i suoi aspetti: la memoria semantica, così come la componente autobiografica e quella implicita, tendono a rimanere preservate, mentre altre tipologie di memoria come la memoria prospettica, quella episodica e la working memory tendono a declinare. Il declino di queste componenti mnestiche potrebbe essere legato alla minore attivazione che è stata riscontrata in vari studi di neuroimaging in aree come dlPFC (corteccia prefrontale dorsolaterale) e MTL (lobo mediotemporale). Queste aree sono infatti classicamente implicate in codifica e recupero delle informazioni. È però importante rimarcare che questi cambiamenti cognitivi non sono affatto inevitabili, ma negli ultimi decenni sono stati messi a punto tantissimi trattamenti chiamati training che mirano a ridurre questo declino agendo sulla riserva cognitiva dell’anziano sano, in modo tale da ritardarlo sempre di più e da rendere l’anziano autonomo per più tempo possibile.

Cosa sono i training di memoria?

I training possono riguardare diverse funzioni, ma, essendo la memoria una delle facoltà che maggiormente si deteriora, è stato dato molto spazio ai training di memoria, e questi hanno come fondamentali target quelli di codifica e recupero di cui prima si accennava. I training di memoria si basano sull’assunto per cui la cognizione, così come il cervello, sono plastici anche in età avanzata seppure in maniera minore se si fa un paragone con la plasticità posseduta per esempio in adolescenza: il cervello anziano infatti si riorganizza in modo da far fronte al deterioramento cerebrale causato dall’atrofia relata all’età delle strutture. I training di memoria implementano la plasticità facendo utilizzare all’anziano varie strategie (per esempio l’associazione, la categorizzazione, i metodi immaginativi ecc…) per migliorare i processi di codifica e recupero. È necessario spiegare all’anziano prima dell’inizio del training il funzionamento della memoria per rendere sensato ai suoi occhi il lavoro di potenziamento su componenti specifiche. Lo scopo dei training sarebbe quello di indurre gli anziani ad utilizzare delle strategie per stimolare le funzioni cognitive trattate in modo tale da preservarle più a lungo possibile. Questo dovrebbe ripercuotersi anche su un aumento della qualità della vita per cui sarebbe necessaria una generalizzazione degli effetti di tali training. Una componente su cui bisogna inoltre lavorare è la percezione che l’anziano ha della propria memoria oltre che sulla performance oggettiva e, infine, anche sulla trasformazione delle attitudini dell’anziano verso le proprie capacità mnestiche: in altri termini aumentare l’autostima e il senso di autoefficacia dell’anziano lo aiuterebbe a sfruttare al meglio le strategie acquisite. Molto spesso infatti è l’anziano stesso ad avere pregiudizi sul proprio funzionamento mnestico, quindi spiegargli quanto la componente motivazionale può interferire o al contrario supportare il funzionamento di memoria è di primaria importanza.

I training di memoria sono efficaci?

 Nonostante i training di memoria su anziani sani siano un ottimo trattamento non farmacologico per prevenire l’insorgenza di demenze, sembra che non tutti gli studi siano in accordo su alcuni aspetti dell’efficacia dei training e sulla loro utilità sociale. Questo disaccordo in letteratura riguarda soprattutto la generalizzazione dei benefici alla vita quotidiana, la durata, quindi gli effetti a breve e a lungo termine, ma anche la definizione dei destinatari che più possano beneficiare di questi training. Infatti solo recentemente è stata posta attenzione sui fattori prognostici di riuscita dei training come le differenze individuali; per esempio in uno studio di Cavallini et al (2019) ci si è concentrati su quali fossero gli individui più responsivi al training oltre che capire quale specifica componente dell’intervento fosse responsabile del miglioramento della performance dopo il training. Comunque il problema maggiore resta la mancanza di generalizzazione che potrebbe avere diverse cause:

  • potrebbe essere che senza una pratica estesa su materiale specifico e diversificato gli anziani risultino incapaci di applicare le nuove strategie acquisite a materiale non direttamente trattato;
  • oppure potrebbe essere che gli anziani non sappiano che le nuove tecniche mnemoniche apprese possono e potrebbero essere applicate all’apprendimento di materiale non trattato durante il training.

In sostanza però si può affermare che i training di memoria per l’anziano sano sembrano avere un’efficacia significativa, dato documentato da vari studi nella letteratura recente (Butler, 2018; Hudes, 2019; Zimmermann, 2016). Fra tutti sembra che i più efficaci siano i training che forniscono un più alto numero di strategie, forse perché in tal modo è più facile che l’anziano abbia la possibilità di scegliere quale strategia è per lui più adeguata e la internalizzi per poi utilizzarla nella vita quotidiana. I training effettivamente potenziano il funzionamento mnestico, anche se questo miglioramento sembra essere limitato nella maggior parte degli studi al dominio trattato, ma si ha comunque un miglioramento nell’autoefficacia percepita o nel benessere psicologico. Alcuni studi hanno sollevato il problema delle differenze individuali, che dovrebbero essere tenute in considerazione perché si possano strutturare training con adeguata richiesta cognitiva, infatti adattare i training ai profili individuali sembra essere un predittore della riuscita degli stessi. Alla luce di ciò sarebbe interessante costruire training di memoria individualizzati e valutarne l’efficacia. Sarebbe anche utile sfatare i pregiudizi sul declino della memoria che sembrano essere ancora radicati per incentivare l’adesione degli anziani ai training di memoria. La principale criticità resta certamente la generalizzazione, perché sembra che la maggior parte dei soggetti trattati, anche se acquisiscono le strategie durante il training, non le utilizzino nella quotidianità. Questo forse potrebbe dipendere dal fatto che molto spesso le strategie acquisite con tali interventi sono estremamente specifiche e limitate al materiale trattato. La promozione attiva nel corso dei training della generalizzazione a vari aspetti della vita quotidiana potrebbe essere una soluzione, quindi una buona prospettiva futura è quella di capire in che modo rendere le strategie trattate nei training il più ecologiche e generalizzabili possibile.

 

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