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Sport di squadra e sport individuali: quali differenze? – Psicologia

Gli sport di squadra sono in sintonia con la forma mentis dei soggetti con basso bisogno di chiusura cognitiva più di quanto avvenga con quelli individuali.

Di Sara Di Michele

Pubblicato il 04 Nov. 2013

Aggiornato il 02 Dic. 2013 14:12

Sara Di Michele

 

 

Sport di squadra e sport individuali- quali differenze?. -Immagine: © pushnovaliudmyla - Fotolia.comGli sport di squadra sono in sintonia con la forma mentis dei soggetti con basso bisogno di chiusura cognitiva più di quanto avvenga con gli sport individuali.

Tutte le discipline sportive si possono suddividere in individuali o di squadra.

Nel caso di sport individuali, l’atleta agisce da solo, come per esempio nell’atletica leggera, nel tennis; nel secondo caso, l’atleta è membro di un gruppo.

Ovviamente si tratta di una distinzione che viene fatta solo a livello agonistico, perché anche negli sport individuali, gli allenamenti sono sempre svolti in gruppo o con altri. Non bisogna inoltre dimenticare che le discipline individuali prevedono comunque delle competizioni a squadre, basti pensare alla staffetta a squadre nell’atletica leggera, o nel nuoto, o al doppio tennis. Le azioni degli atleti della stessa squadra sono indipendenti, e ognuno gareggia singolarmente, ma i risultati individuali convergono in una valutazione collettiva della squadra.

In pratica, aderire ad uno sport individuale significa assumersi la piena responsabilità del proprio risultato, anche se questo farà parte di una valutazione collettiva.

Come definisce Mantovan (1994) una distinzione netta fra sport individuali e di gruppo va operata soprattutto nella dimensione agonistica;  negli sport  individuali, il soggetto compete da solo, in quelli di squadra il soggetto fa parte di un team e la responsabilità della prestazione è condivisa.

Esistono anche altri aspetti che definiscono la differenza tra gli sport.

Tassi (1993) distingue:

Quindi, come si vede dal grafico gli sport fianco a fianco possono essere a loro volta suddivisi in differiti e paralleli, mentre quelli faccia a faccia possono essere suddivisi in mediati o di contatto.

Sempre Tassi (1993) divide gli sport in gioco e disciplina. La disciplina include attività motorie da eseguire in modo molto preciso, in base a schemi rigidamente predefiniti, come nel lavoro del ginnasta. Altri sport valorizzano l’acquisizione di schemi motori giocosi e richiedono di svolgere compiti che prevedono delle variazioni, come per esempio nel calcio, dove l’obiettivo resta comunque fare goal, anche se gli schemi per raggiungere tale obiettivo possono variare, e cambiare di volta in volta in base alle caratteristiche degli avversari, e delle stretegie di gioco adottate.

Sempre secondo lo stesso autore gli sport di squadra tendono a valorizzare la dimensione di gioco e quelli individuali la dimensione di disciplina. Infatti, negli sport di squadra gli atleti sono predisposti a ridefinire continuamente lo schema di gioco, l’azione dei compagni, e le loro prestazioni. 

Il bisogno di chiusura cognitiva è stato postulato da Kruglanski (1989) all’interno della sua Teoria dell’Epistemologia Ingenua, e si riferisce al desiderio dell’individuo di ottenere una risposta certa ad un quesito/problema e all’avversione per l’ambiguità. Si tratta di un bisogno di chiusura non specifico,  la tendenza di cercare e difendere una qualsiasi risposta certa.

Il bisogno di chiusura aumenta perché sono percepiti benefici derivanti da esso (Webster, Krunglanski, 1994).

In altri termini, il bisogno di chiusura va individuato in un continuum che va da un estremo caratterizzato da impazienza cognitiva, impulsività, tendenza a prendere decisioni non giustificate, rigidità di pensiero e riluttanza a considerare soluzioni alternative ad un altro caratterizzato da esperienza soggettiva di incertezza, indisponibilità ad impegnarsi esplicitando un’opinione definitiva, sospensione di giudizio, frequente proposta di soluzioni alternative (Pierro et al.,1995).

Per misurare la dimensione  del bisogno di chiusura cognitiva Webster e Kruglanski (1994) costruiscono una scala  Need for Closure Scale composta da 42 item.

Nel 1998, la stessa scala verrà utilizzata in Italia, per la prima ricerca in ambito sportivo.

Merlo (1998) parte dall’ipotesi dell’esistenza di una relazione tra alto bisogno di chiusura cognitiva e pratica di sport individuali, e basso bisogno di chiusura cognitiva e sport di squadra. Somministra la Need for Closure Scale a 100 adolescenti tra i 14 e i 18 anni.

Gli sport individuali scelti sono stati l’atletica leggera, il nuoto e lo sci, gli sport di squadra pallacanestro e pallavolo.

I risultati, in effetti, rispondevano alla linea di ipotesi di partenza, per cui gli atleti che praticano sport individuali presentano un bisogno di chiusura cognitiva più alto rispetto a chi pratica discipline di squadra.

Lo sport che ha riportato il maggior punteggio di chiusura cognitiva è stato il nuoto, e quello che ha riportato il punteggio più basso è stata la pallacanestro.

I risultati suggeriscono che gli sport di squadra sono in sintonia con la forma mentis dei soggetti con basso bisogno di chiusura cognitiva più di quanto avvenga con gli sport individuali.

Una variabile da valutare, sarà certamente anche l’età degli atleti ai quali è stato somministrato il test. Infatti, in quanto adolescenti, attraversano un periodo di incertezza e transizione, che può ripercuotersi sul bisogno di chiusura cognitiva.

In conclusione, gli sport di squadra e individuali si diversificano in base alle modalità di apprendimento e di approccio mentale necessari per praticarli.

A lungo termine gli effetti delle pratiche sportive saranno diversi: collaborazione, senso di appartenenza, senso del gruppo e spirito di competizione saranno accresciuti in uno sport di squadra.

Al contrario, il senso di responsabilità, la disciplina, la competizione con se stessi e i propri limiti, saranno accresciuti negli sport individuali.

Sarebbe bene che si riuscisse a scegliere uno sport liberi di seguire la propria attitudine, per poter sviluppare un approccio mentale corrispondente alla propria indole, e non un approccio mentale che cerca di forzare e modificare la propria natura.

LEGGI:

ATTIVITA’ FISICA PSICOLOGIA DELLO SPORT

La Leadership negli Sport di Squadra – Psicologia dello Sport – Monografia

 

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Giovannini, D., Savoia, L. (2012). Psicologia dello sport, Roma.Carocci Editore.
  • Mantovani, B.(1994). Azione gesto sport, Milano. Edi-Ermes Scuola.
  • Merlo, C. (1998) Sport agonistico e bisogno di chiusura cognitiva. Uno studio su adolescenti e allenatori nella pratica sportiva individuale e di squadra (tesi di laurea), Facoltà di Sociologia, Università degli Studi di Trento, Trento.
  • Tassi, F. (1993) Scegli il tuo sport. Strumenti psicologici per capire gli sport, per rispondere ai problemi di chi si avvicina allo sport, Firenze. Universale Sansoni.
  • Webster, D., Kruglanski,A.W. (1994) Individual Difference in Need for Cognitive Closure, in a Journal of Personality and Social Psychology, 65, pp. 261-271
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