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Josè Mourinho e gli assunti di base di Bion: fenomenologia dello “Special One”

Tentiamo di spiegare perché Josè Mourinho sembri conoscere alla perfezione gli assunti di base bioniani, in quanto sembra averli messi in atto sua carriera

Di Marcella Dedomenici, Gaspare Palmieri, Filippo Besana

Pubblicato il 03 Apr. 2023

Aggiornato il 03 Mag. 2023 13:00

L’allenatore portoghese Josè Mourinho è uno dei migliori al mondo nella sua categoria, imbattibile soprattutto sul piano comunicativo e sulla gestione del gruppo di lavoro.

Josè Mourinho: the special one

 Josè Mourinho non ha bisogno di presentazioni. Si tratta di un allenatore di calcio istrionico, caratteriale, sicuramente non maestro in quanto a modestia, indigesto e amato da molti. Celebre è la frase con cui si presentò come allenatore del Chelsea: ‘I am not one of the bottle..I think I am a special one’, da dove nacque il soprannome da cui divenne celebre nel mondo calcistico. Gli interisti ne sono innamorati per la vittoria del Triplete (che per i non addetti ai lavori calcistici è l’insieme di Campionato italiano, Coppa Italia e Champions League), gli juventini un po’ meno, per lo stesso motivo. Prima che un grande allenatore, il portoghese è innanzitutto un maestro nella comunicazione. Ogni sua intervista o dichiarazione sembra attentamente studiata e calcolata in ogni dettaglio. Da interisti, non possiamo che volere bene a Josè Mourinho per i risultati e per il modo in cui li ha raggiunti con i nerazzurri, nonostante siamo ancora un po’ arrabbiati per il passaggio alla Roma (però poteva andare peggio, dai…).

L’uomo è senz’altro uno “sbruffone”, ma ci sono “sbruffoni” che si valorizzano perché ne hanno motivi e altri che lo fanno anche senza questi. Il portoghese appartiene senz’altro alla prima categoria.

Ma prima un po’ di teoria: chi era Bion e cosa sono gli ‘assunti di base’?

Wilfred Bion (1898-1979) è stato uno psicoanalista britannico, considerato una figura di spicco nell’ambito della ricerca psicoanalitica ed artefice di importanti elaborazioni della teoria psicodinamica della personalità, tali da istituire un filone “bioniano” della moderna psicoanalisi.

Durante la seconda guerra mondiale, Bion fu incaricato di dirigere un reparto di riabilitazione in un ospedale psichiatrico militare. Fu in quell’occasione che egli sperimentò come un’attività di cooperazione gruppale potesse determinare un’attenuazione delle nevrosi post-traumatiche nei singoli. Forte di questa esperienza, egli pubblicò successivamente le ‘Esperienze nei gruppi’, una raccolta di saggi scritti da Bion tra il 1943 e il 1952 sul trattamento analitico dei gruppi (Bion, 1961).

In questo libro l’autore dialoga con il lettore, illustrando le sue teorie relative alle dinamiche gruppali mediante la narrazione di “momenti” della vita di vari gruppi da lui condotti.

Bion osservò che le persone nei gruppi mettevano in atto quelli che lui definì ‘assunti di base’, finalizzati a non far emergere le ansie primitive messe in moto dalla partecipazione al gruppo, agendo quindi come meccanismi di difesa gruppali.

Gli assunti di base identificati da Bion sono tre: dipendenza, attacco-fuga e accoppiamento.

  • Primo assunto di base: dipendenza. Si tratta della situazione secondo cui il gruppo si riunisce allo scopo di dipendere da qualcuno o da un capo, il quale diventa il risolutore di tutti i problemi. Il gruppo è irrazionalmente convinto dell’esistenza di un’entità esterna, capace di soddisfare tutte le proprie esigenze e proteggendolo da qualsiasi sforzo di adoperarsi per raggiungere l’obiettivo.
  • Secondo assunto di base: attacco-fuga. Questo assunto consiste nella convinzione magica e onnipotente che esista un nemico comune, e che le uniche tecniche possibili per perseguire l’autoconservazione del gruppo siano l’attacco e la fuga. Nel perseguire quest’assunto di base viene identificato un leader che diriga l’azione, e quando questo viene disatteso, lo si sostituisce con un altro membro appartenente al gruppo che persegua questa idea.
  • Terzo assunto di base: accoppiamento. Il clima emotivo del gruppo è guidato dalla convinzione magica secondo cui la risoluzione dei problemi del gruppo sia possibile per mezzo della nascita di un essere, una specie di messia. Questo gruppo non ha quindi un leader nell’attualità, ma vive un clima sereno nella speranza che qualcuno possa salvare tutti. È un gruppo che vive proiettato nel futuro e che rifiuta, perciò, il tempo presente del lavoro e dell’indagine (Ricci, 2019).

Josè Mourinho e gli ‘assunti di base’ di Bion

 Lasciando ad altre fonti il compito di una trattazione dettagliata della teoria di Bion sui gruppi, in questo articolo vorremmo tentare di spiegare perché Josè Mourinho sembri conoscere alla perfezione gli assunti di base bioniani, avendoli messi magistralmente in pratica nella sua esperienza da allenatore.

Mourinho è uno degli allenatori più vincenti e affascinanti sul piano comunicativo, nonché nella gestione del gruppo squadra. Cerchiamo di riassumere in cinque punti alcuni concetti cari al portoghese nella gestione del gruppo e in che modo potrebbe avere fatto “suoi” gli assunti di base bioniani, riprendendo la loro definizione.

  • Primo assunto di base: dipendenza. Si tratta della situazione secondo cui il gruppo si riunisce allo scopo di dipendere da qualcuno o da un capo, il quale diventa il risolutore di tutti i problemi. Josè ha una leadership innata, la sua carriera ha dimostrato che gli ambienti e le squadre in cui ha avuto più successo sono state quelle in cerca di un’identità, che avevano bisogno di un allenatore a tutto tondo, di un leader totalizzante. L’Inter era una squadra in cerca di una caratura europea, il Chelsea un team in fase di rilancio che non aveva ancora vinto il campionato inglese, il Porto una squadra “piccola” in ambito internazionale. Meno forte è stato l’impatto del portoghese in squadre già blasonate (Real Madrid, Manchester United, la seconda esperienza al Chelsea).
  • Secondo assunto di base: attacco-fuga. La convinzione magica e onnipotente è quella che esista un nemico e che le uniche tecniche possibili per perseguire l’autoconservazione del gruppo siano l’attacco e la fuga. Il portoghese ha più volte “applicato” a suo modo questo assunto bioniano. In una intervista nerazzurra, quando l’Inter dominava in campionato, Josè dichiarò di sentire il ‘rumore dei nemici’, riferendosi alle squadre avversarie che lo inseguivano in classifica. Sempre al tempo nerazzurro dichiarò, riferendosi agli allenatori avversari, che avrebbero concluso la loro stagione con ‘Zero tituli’. Josè ha compreso che un nemico cementifica e motiva il gruppo verso un obiettivo comune. Questa “tattica” lo ha aiutato in alcuni contesti, come quello interista, meno in altri, come al Real Madrid, dove alimentò forse eccessivamente la già molto accesa rivalità con il principale club avversario, il Barcellona.
  • Terzo assunto di base: accoppiamento. Il clima emotivo del gruppo è guidato dalla convinzione magica secondo cui la risoluzione dei problemi del gruppo sia possibile per mezzo della nascita di un essere, una specie di messia. Il portoghese ha sempre giocato sul suo ruolo di “salvatore” in squadre ed ambienti che hanno bisogno di un leader a cui affidarsi completamente. L’attuale esperienza romana è esemplificativa in tal senso, dove è riuscito a riportare un trofeo in contesto europeo che mancava da tempo (e chi è stato l’ultimo allenatore ad avere vinto con una squadra italiana un trofeo europeo dopo quest’anno? Sempre lo Special One, con l’Inter, nel 2010, ndr).
  • La conoscenza dell’ambiente: come un buon terapeuta deve conoscere il contesto socio-culturale da cui provengono i suoi pazienti, un buon allenatore deve conoscere la società, la lingua e la storia della città e della squadra in cui si trova ad allenare. Nell’estate del 2009, durante le sessioni di calciomercato, per sviare una domanda scomoda di un giornalista, Josè rispose, in un già fluente italiano, ‘Questa cosa me la hai già chiesta…ma io non sono pirla’ suscitando l’ilarità della platea. Quella frase fu geniale perché dimostrò che Josè dopo pochi mesi in Italia conosceva il lessico lombardo-milanese e perché fu un modo molto teatrale e intelligente di sviare una domanda scomoda di un giornalista. Per dirla con le parole di Beppe Severgnini, giornalista, interista e suo grande estimatore, l’uomo ‘studia ossessivamente uomini e cose. In un Paese di geniali improvvisatori risulta strano, sospetto o tutt’e due le cose’.
  • Altro elemento distintivo della politica di gruppo mourinhana è la valorizzazione di ogni singolo elemento del gruppo e la ricerca del rapporto umano con l’equipe calcistica. Marco Materazzi, ex-difensore dell’Inter, raccontò che Josè, mentre si trovava a Berlino in occasione di Werder Brema-Bayern Monaco, per “studiare” i bavaresi futuri avversari in finale di Champions, gli mandò un messaggio: ‘Sono nel tuo stadio (dove vincemmo i Mondiali del 2006 con gol di Materazzi, ndr), il difensore rispose ‘Mister, com’è il Bayern?’ e lui ‘Vinceremo 2-0’; la storia gli dette ragione.

Questo concetto è valido anche nelle situazioni negative: Carlton Cole, suo giocatore ai tempi del Chelsea, narrò che l’allenamento seguente una sconfitta 4 a 0 contro il Liverpool il portoghese dedicò a lui il suo discorso post-partita criticandolo duramente, nonostante questi non avesse neppure giocato. Il risultato fu di motivare il giocatore, valorizzarlo e “spiazzare” la squadra che si aspettava un’aspra critica alla prestazione sul campo.

Una tecnica che solo i terapeuti più esperti possono mettere in atto per “spiazzare” i pazienti più difficili: non fornirgli quello che si aspettano, che sia un rimprovero quando è necessario o un rinforzo positivo quando lo meritano. La logica del sottinteso (in questo caso, evitando rinforzi negativi pressoché scontati) rafforza, paradossalmente, ancora di più un concetto e la relazione, di qualunque tipo essa sia. Ciò non è accaduto con alcuni giocatori che non hanno seguito le “sue” regole, come ad esempio con il calciatore danese della Roma Karsdorp, ma non sappiamo che cosa il malcapitato abbia combinato. Le regole dello spogliatoio e della squadra sono sacre e chi non si comporta in modo professionale viene lasciato da parte.

Josè ha sempre cercato di difendere il gruppo squadra, facendo da “parafulmine” nelle situazioni stressanti, cercando di spostare la pressione mediatica dai calciatori all’allenatore o ai torti arbitrali subiti sul campo. Una tattica che ha la finalità di lasciare i giocatori il più tranquilli possibile nell’affrontare le prestazioni sul campo. Un metodo che forse qualche “capo” dovrebbe imparare a mettere in atto un po’ più spesso, anche in contesti extra-calcistici.

Perfino la sua metodologia di allenamento prevede difficilmente fasi di training singolo: Josè segue il credo della periodizzazione tattica, dove anche la parte atletica è incasellata in fasi di allenamento gruppale (Gatti & Vulcano, 2016). Questa metodologia di lavoro prevede quattro componenti principali: la dimensione tattica (quale scelta fare), tecnica (quale giocata eseguire), fisica e  psicologica, strettamente interconnesse l’una all’altra, e allenabili simultaneamente.

Questi concetti fanno, più di altri, di Josè Mourinho un allenatore “speciale”, forse non il migliore al mondo in questo momento (Pep Guardiola, Carlo Ancelotti e Jurgen Klopp stanno probabilmente una spanna sopra) ma il più interessante sul piano comunicativo, psicologico e di gestione del gruppo, fornendo elementi attitudinali che potrebbero essere utili a qualsiasi professionista che è coinvolto in contesti di lavoro di gruppo e nelle relazioni terapeutiche.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bion W.R., ‘Esperienza nei gruppi ed altri saggi’, Armando Editore, 2013 (Ed. Or. 1961).
  • Gatti P. & Vulcano L., ‘La periodizzazione tattica: come e perché', Correre Editore, 2016.
  • Ricci L., ‘Assunti di base e social network, 2019.
Fonte immagine
  • Aleksandr Osipov from Ukraine, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons.
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