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Alimentazione selettiva: quando i bambini dicono “No” al cibo

L’alimentazione selettiva nei bambini comporta rifiuto di molti cibi e scelte alimentari ristrette, influenzata da fattori biologici e ambientali

Di Silvia Bettoni, Silvia Carrara, Martina Gori, Giulia Onida

Pubblicato il 21 Nov. 2025

Cos’è l’alimentazione selettiva?

L’alimentazione selettiva (in inglese picky eating) è un comportamento alimentare comune nell’infanzia, caratterizzato da una forte preferenza per un numero ristretto di alimenti e dal rifiuto di molti cibi, compresi alcuni già conosciuti dal bambino​ (Dovey et al., 2008). In altre parole, il bambino selettivo tende a mangiare “sempre le stesse cose” e mostra riluttanza ad assaggiare cibi nuovi, una tendenza nota come neofobia alimentare, spesso presente in questi casi. È importante distinguere l’alimentazione selettiva da disturbi alimentari più gravi: ad esempio, il Disturbo Evitante/Restrittivo dell’Assunzione di Cibo è un disturbo dell’alimentazione caratterizzato da marcate carenze nutrizionali, calo ponderale o crescita inadeguata e significativo impatto psicologico​ (Zimmerman & Fisher, 2017). Nel comune picky eating questi segni clinici gravi di solito non sono presenti, anche se la selettività può causare stress in famiglia.

Quanto è diffuso il fenomeno? La prevalenza riportata può variare da circa il 5% fino a quasi il 50% dei bambini, a seconda dei criteri adottati negli studi​ (Taylor & Emmett, 2018). In media, si stima che circa un bambino su cinque presenti comportamenti di alimentazione selettiva nella prima infanzia​ con un picco osservato di solito tra i 2 e i 3 anni​, dopodiché la frequenza tende a diminuire con l’età (Mascola, Bryson, & Agras, 2010). In altre parole, molti bambini superano questa fase col tempo. Tuttavia, un sottogruppo di bambini, spesso provenienti da un contesto sociale svantaggiato, rimane selettivo più a lungo fino all’età scolare​ (Cardona Cano et al., 2015). Identificare precocemente i casi persistenti è importante, poiché potrebbero necessitare di supporto aggiuntivo per evitare conseguenze negative nel lungo termine​.

Le cause dell’alimentazione selettiva nei bambini

Le ragioni per cui un bambino sviluppa un’alimentazione selettiva sono complesse e coinvolgono fattori sia biologici che ambientali. Da un lato, esistono predisposizioni genetiche e biologiche: ad esempio, alcuni bambini ereditano una sensibilità gustativa particolare – ad esempio un’avversione ai sapori amari che rende difficili da accettare certe verdure – o presentano tratti temperamentali che li portano a rifiutare i nuovi alimenti​ (Bell & Tepper, 2006). Studi sui gemelli confermano infatti una componente ereditaria in questo comportamento​ (Cooke, Haworth, & Wardle, 2007). Dall’altro lato, l’ambiente familiare e lo stile educativo giocano un ruolo cruciale. I bambini apprendono le abitudini osservando i genitori: un atteggiamento rilassato e positivo verso il cibo, con i genitori che offrono varietà e danno il buon esempio, può favorire una maggiore apertura del bambino. Al contrario, la pressione a mangiare (“Finisci tutto quello che hai nel piatto!”) è spesso controproducente: insistere in modo coercitivo tende ad aumentare il rifiuto del cibo​ (Taylor & Emmett, 2018). Un clima sereno e coinvolgente durante i pasti può aiutare il bambino ad aprirsi maggiormente. Anche le esperienze alimentari precoci incidono: introdurre presto alimenti vari (specialmente verdure) durante lo svezzamento sembra proteggere dal picky eating​ (Taylor & Emmett, 2018), mentre uno svezzamento monotono o ritardato – e eventuali esperienze negative con il cibo – possono invece favorirlo.

Conseguenze dell’alimentazione selettiva

L’alimentazione selettiva può avere un impatto significativo sulla dieta del bambino, influenzandone l’apporto nutrizionale e la varietà alimentare. In generale, i bambini selettivi tendono a consumare una gamma più ristretta di alimenti, con una ridotta assunzione di alcuni nutrienti essenziali. Un effetto costante riportato nella letteratura è la minore assunzione di verdure nei bambini picky eater, sebbene non sia un dato universale (Taylor et al., 2016). Tuttavia, l’impatto sull’apporto calorico complessivo è meno chiaro: alcuni studi non riscontrano differenze tra bambini selettivi e non selettivi (Taylor & Emmett, 2019), mentre altri riportano sia un consumo energetico inferiore (Cardona Cano et al., 2015) sia un consumo superiore, potenzialmente dovuto a un’elevata assunzione di cibi ad alta densità calorica come snack e dolciumi (Tharner et al., 2014).

Dal punto di vista nutrizionale, alcuni micronutrienti risultano particolarmente carenti nei bambini selettivi. Studi indicano che l’apporto di zinco e ferro sia spesso inferiore rispetto ai livelli raccomandati, soprattutto a causa del basso consumo di carne e verdure (Taylor & Emmett, 2019). Anche l’assunzione di fibre risulta generalmente ridotta nei bambini selettivi, riflettendo il minor consumo di frutta e verdura. La limitata varietà alimentare può persistere nel tempo: i bambini selettivi tra i 2 e i 5,5 anni tendono a consumare meno carne, pesce, frutta e verdura anche negli anni successivi, con possibili conseguenze sulla qualità della dieta a lungo termine (Taylor et al., 2019).

Oltre agli effetti nutrizionali, l’alimentazione selettiva può essere associata a problematiche di crescita e sviluppo. Alcuni studi suggeriscono un maggiore rischio di sottopeso e una crescita meno ottimale nei bambini selettivi (Taylor & Emmett, 2019). Tuttavia, altre ricerche evidenziano una crescita generalmente adeguata, con differenze minime rispetto ai bambini non selettivi (Taylor et al., 2019). L’alimentazione selettiva è stata anche correlata a un rischio aumentato di stipsi, probabilmente a causa del ridotto apporto di fibre (Taylor & Emmett, 2019). Infine, alcuni studi suggeriscono una possibile associazione con problemi comportamentali o emotivi, in particolare nei casi di selettività alimentare persistente (Cardona Cano et al., 2016; Jacobi et al., 2008).

Consigli pratici per i genitori

Affrontare l’alimentazione selettiva con serenità e strategie efficaci può migliorare il rapporto del bambino con il cibo e ridurre lo stress familiare. Prima di tutto, è fondamentale evitare di forzare il bambino ad assaggiare nuovi alimenti, poiché la pressione può generare un rifiuto ancora più rigido e una maggiore diffidenza verso il cibo. Invece, è utile proporre gradualmente e ripetutamente nuovi alimenti in un contesto positivo, poiché possono essere necessarie fino a 10-15 esposizioni per favorire l’accettazione di un cibo sconosciuto.

Coinvolgere i bambini nella preparazione dei pasti può stimolare il loro interesse e migliorare la loro disponibilità a sperimentare nuovi sapori. Attività semplici come lavare la verdura, mescolare ingredienti o impiattare possono renderli più curiosi e partecipi. Inoltre, presentare il cibo in modo visivamente accattivante, con porzioni piccole e ben disposte, può suscitare maggiore interesse e ridurre il senso di sopraffazione.

Creare una routine alimentare regolare aiuta a mantenere un corretto equilibrio fame-sazietà. Limitare spuntini e bevande caloriche tra i pasti può favorire l’appetito durante i pasti principali. Infine, il pasto dovrebbe essere vissuto come un momento sociale sereno: mangiare insieme e dare il buon esempio consumando una dieta varia e bilanciata aiuta i bambini a sviluppare abitudini alimentari più sane nel tempo. L’obiettivo è promuovere un rapporto positivo con il cibo, senza ansia o coercizione, ma con pazienza e costanza (Gervasi, n.d.; Taylor & Emmett, 2018).

Riferimenti Bibliografici
  • Bell, K. I., & Tepper, B. J. (2006). Short-term vegetable intake by young children classified by 6- n-propylthoiuracil bitter-taste phenotypey. American Journal of Clinical Nutrition, 84(1), 245–251. 
  • Cardona Cano, S., Hoek, H. W., van Hoeken, D., de Barse, L. M., Jaddoe, V. W., Verhulst, F. C., & Tiemeier, H. (2016). Behavioral outcomes of picky eating in childhood: A prospective study in the general population. Journal of Child Psychology and Psychiatry, 57(11), 1239–1246. 
  • Cardona Cano, S., Tiemeier, H., Van Hoeken, D., Tharner, A., Jaddoe, V. W., Hofman, A., Verhulst, F. C., & Hoek, H. W. (2015). Trajectories of picky eating during childhood: A general population study. International Journal of Eating Disorders, 48(6), 570–579. 
  • ​​Cooke, L. J., Haworth, C. M., & Wardle, J. (2007). Genetic and environmental influences on children’s food neophobia. American Journal of Clinical Nutrition, 86(2), 428–433. 
  • Dovey, T. M., Staples, P. A., Gibson, E. L., & Halford, J. C. (2007). Food neophobia and ‘picky/fussy’ eating in children: A review. Appetite, 50(2–3), 181–193. 
  • Gervasi, I. (n.d.). Picky eating: cos’è e i consigli per superare il rifiuto del cibo. Uppa
  • Jacobi, C., Schmitz, G., & Agras, W. S. (2008). Is picky eating an eating disorder? International Journal of Eating Disorders, 41(7), 626–634. 
  • Mascola, A. J., Bryson, S. W., & Agras, W. S. (2010). Picky eating during childhood: A longitudinal study to age 11years. Eating Behaviors, 11(4), 253–257. 
  • Taylor, C. M., Hays, N. P., & Emmett, P. M. (2019). Diet at age 10 and 13 years in children identified as picky eaters at age 3 years and in children who are persistent picky eaters in a longitudinal birth cohort study. Nutrients, 11(4), 807. 
  • Taylor, C. M., Northstone, K., Wernimont, S. M., & Emmett, P. M. (2016). Macro- and micronutrient intakes in picky eaters: A cause for concern. The American Journal of Clinical Nutrition, 104(6), 1647–1656. 
  • Taylor, C. M., & Emmett, P. M. (2018). Picky eating in children: causes and consequences. Proceedings of the Nutrition Society, 78(02), 161–169. 
  • Taylor, C. M., Steer, C. D., Hays, N. P., & Emmett, P. M. (2019). Growth and body composition in children who are picky eaters: A longitudinal view. European Journal of Clinical Nutrition, 73(6), 869–878. 
  • Tharner, A., Jansen, P. W., Kiefte-de Jong, J. C., Moll, H. A., van der Ende, J., Jaddoe, V. W., Hofman, A., Tiemeier, H., & Franco, O. H. (2014). Toward an operative diagnosis of fussy/picky eating: A latent profile approach in a population-based cohort. International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity, 11, 14. 
  • Zimmerman, J., & Fisher, M. (2017). Avoidant/Restrictive food intake Disorder (ARFID). Current Problems in Pediatric and Adolescent Health Care, 47(4), 95–103. 
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