Dalla serotonina alle nuove prospettive sulla depressione
Sono passati oltre 50 anni da quando lo psichiatra britannico Alec Coppen propose per la prima volta l’ipotesi secondo cui alla base della depressione vi fosse un’attività carente del neurotrasmettitore serotonina (1967).
Da allora, la modifica selettiva di questo “neurotrasmettitore della felicità” ha continuato a essere un’opzione terapeutica nel trattamento dei disturbi dell’umore e dell’ansia (Jauhar et al., 2023). Tuttavia, evidenze più recenti mostrano ulteriori prospettive sia nelle cause che nella cura della depressione. I volumi di due scienziati, Philip Gold e Camilla Nord, possono aiutarci a fare chiarezza su cosa sia la depressione e sui suoi possibili trattamenti futuri.
Depressione: oltre l’ipotesi serotoninergica
L’ipotesi che condizioni così eterogenee e complesse, come appunto la depressione, possano essere causate esclusivamente dal funzionamento carente di un singolo neurotrasmettitore è stata recentemente rivalutata e considerata poco plausibile e semplicistica (Cowen e Browning, 2015; Moncrieff et al., 2023).
Una revisione sistematica pubblicata nel 2023, che ha coinvolto varie università del Regno Unito e l’Università di Roma La Sapienza, ha infatti affermato che le principali aree di ricerca sulla serotonina non forniscono alcuna prova coerente dell’esistenza di un’associazione tra serotonina e depressione e nessun supporto all’ipotesi che la depressione sia causata da una ridotta attività o concentrazione della serotonina .
Quali potrebbero essere, allora, le ipotesi esplicative alternative?
La depressione secondo Philip Gold
Philip Gold è uno psichiatra tra i più eminenti ricercatori al mondo nel campo della depressione (Tennant Nicholson, 2024). Il suo libro “Breaking Through Depression: A Guide to the Next Generation of Promising Research and Revolutionary New Treatments” (2023) attinge alla sua attività di ricerca lunga oltre 50 anni, di cui un trentennio svolta all’interno dei National Institutes of Mental Health degli Stati Uniti.
Secondo Gold, la depressione può essere considerata “una risposta adattativa allo stress andata storta“. In alcuni individui, infatti, la reazione allo stress psicologico rischia di “trasformarsi in uno stato deleterio di angoscia e disperazione“. Gold rammenta che, come esseri umani, ci siamo evoluti per reagire alle situazioni di minaccia con un restringimento del nostro focus attentivo, un innalzamento di frequenza cardiaca, pressione sanguigna e glicemia, e un aumento dell’infiammazione e della coagulazione del sangue (in preparazione a possibili lesioni corporee). Per la maggior parte degli individui, tali risposte fisiologiche si risolvono quando la minaccia si dissipa, ma per alcune persone “a rischio” sia dal punto di vista genetico che per esperienze precedenti, queste possono diventare risposte prolungate che si traducono in depressione. Caratterizzata da profonda tristezza e paura, mancanza di piacere e motivazione, la depressione interrompe le normali routine quotidiane, lasciando l’individuo bloccato nel circolo vizioso dei suoi pensieri.
Una simile risposta sostenuta allo stress spiega anche, secondo Gold, le conseguenze fisiche a lungo termine della depressione, come obesità, diabete, osteoporosi, malattie cardiovascolari, ictus e mortalità prematura (Smith, 2024). La depressione, infatti, sembra ridurre di circa 10 anni l’aspettativa di vita di chi ne è affetto. Gold conclude che dovrebbe essere considerata un disturbo dell’intero corpo (total body illness), un “cancro del sé” che “corrode la nostra dignità e il nostro amor proprio mentre corrode i nostri corpi“.
Camilla Nord e le ambiguità nella ricerca sulla depressione
Nel suo libro “The Balanced Brain: The Science of Mental Health”, la docente, ricercatrice e neuroscienziata Camilla Nord, a capo del Mental Health Neuroscience Lab dell’Università di Cambridge offre alcuni punti di vista alternativi a quelli suggeriti da Gold.
Nord riconosce le ambiguità presenti nella ricerca accademica sulle cause della malattia mentale in genere e della depressione. La ricerca, infatti, si era inizialmente concentrata sui processi infiammatori del sistema immunitario come potenziale causa della depressione, piuttosto che come conseguenza (Lee & Giuliani, 2019; Milaneschi et al., 2021). Per la professoressa Nord, il sistema immunitario potrebbe rappresentare una nuova strada per curare o migliorare la salute mentale, ma ulteriori ricerche occorrono per definire i giusti obiettivi immunologici, adattando i trattamenti a ciascun paziente sulla base del suo particolare sistema immunitario (Robson, 2023).
Anche alcuni fattori cognitivi possono essere individuati come alla base della depressione. Ad esempio, il modo in cui il cervello impara dalle sue esperienze e prevede il futuro, e questo elemento può variare da paziente a paziente. Il cervello di alcune persone potrebbe concentrarsi troppo sui risultati negativi derivanti da determinate esperienze; diversamente, altri individui potrebbero non riuscire a prevedere potenziali ricompense. In entrambi i casi, il risultato complessivo potrebbe essere l’insorgenza di sintomi depressivi.
Per Nord, i farmaci antidepressivi contribuirebbero a correggere in modo rapido i pregiudizi fondamentali nella percezione del mondo degli individui. Ad esempio, le persone con depressione hanno maggiori probabilità di vedere rabbia e meno probabilità di vedere felicità nelle espressioni facciali neutre (Gollan et al., 2010), ma in molti pazienti questa tendenza inizierebbe ad attenuarsi dopo aver assunto una sola pillola antidepressiva (Robson, 2023).
Promuovere il benessere mentale
Se l’ipotesi serotoninergica sembra essere in fase di revisione, e la comprensione dei processi alla base della depressione è ancora parziale, quali strategie possiamo adottare, nel frattempo, per promuovere il nostro benessere mentale quotidiano? Gold offre alcuni possibili suggerimenti (Tennant Nicholson, 2024):
- esprimere i propri sentimenti e pensieri, in particolare in situazioni di conflitto con gli altri, anche se ci si sente imbarazzati o in difficoltà;
- mantenere contatti regolari con amici e parenti ed essere disposti a chiedere loro aiuto, piuttosto che sentirsi costretti ad affrontare le questioni difficili da soli;
- frenare il proprio perfezionismo, riconoscere che possiamo commettere errori e non vergognarsi delle proprie vulnerabilità;
- leggere e ampliare la propria esperienza nella realtà;
- mantenersi fisicamente e mentalmente attivi, restando pronti a intraprendere nuove esperienze anche se ci si sente ansiosi al riguardo;
- essere consapevoli delle proprie responsabilità nel prendersi cura di se stessi senza sentirsi autoindulgenti.