L’approccio “classico” agli stili genitoriali
La relazione tra un genitore e il proprio bambino rappresenta una componente fondamentale per lo sviluppo di quest’ultimo, in quanto può influenzare in modo rilevante elementi quali lo sviluppo cognitivo, il benessere emotivo e l’apprendimento delle abilità sociali. Per questo motivo, uno degli ambiti su cui ricercatori e psicologi dell’età evolutiva si sono maggiormente focalizzati negli anni è quello degli stili genitoriali. Definiti come una costellazione di atteggiamenti, obiettivi e modelli di educazione dei figli in grado di plasmare il clima emotivo della relazione genitore-figlio, rimangono relativamente stabili nelle diverse situazioni di vita (Darling & Steinberg, 1993).
Ad oggi, il lavoro più conosciuto in quest’ambito è quello della psicologa Diana Baumrind, che negli anni Sessanta ha identificato tre stili genitoriali, distinti tra loro in base al livello di supporto emotivo e controllo espressi dai genitori (Maccoby & Martin, 1983): lo stile autoritario, caratterizzato da una rigida disciplina e da aspettative elevate, a fronte di una responsività emotiva piuttosto bassa; lo stile autorevole, tipico di genitori altamente responsivi e accudenti, ma al tempo stesso esigenti; e lo stile permissivo, che caratterizza genitori indulgenti ed estremamente amorevoli, che tuttavia non hanno grandi aspettative nei confronti del bambino (Baumrind, 1966). Successivamente è stato individuato un quarto stile, definito negligente, che contraddistingue genitori non coinvolti nella vita del bambino, con l’aspettativa che quest’ultimo cresca fondamentalmente da solo (Baumrind, 1989, 1991).
I nuovi stili genitoriali
In un recente articolo pubblicato su National Geographic (Colino, 2025), Kenneth Ginsburg – fondatore del Center for Parent and Teen Communication presso l’ospedale pediatrico di Philadelphia – spiega che, per quanto gli stili genitoriali teorizzati da Baumrind siano stati approfonditi da numerose ricerche, spesso i genitori hanno difficoltà a comprenderli e identificarsi in essi. Per questo motivo, negli anni sono state elaborate nuove etichette più “metaforiche” per definire gli stili genitoriali: vediamone insieme alcune.
La più diffusa è sicuramente la genitorialità “gentile” (Ockwell-Smith, 2016), la quale si focalizza principalmente sulla comprensione delle emozioni e delle motivazioni del bambino alla base di un comportamento difficile, invece che sulla correzione del comportamento stesso, con l’obiettivo di promuovere un forte legame tra genitori e figli. La ricerca non ha ancora fatto chiarezza sull’impatto effettivo di questo stile genitoriale sul benessere dei figli; tuttavia, un recente studio ha evidenziato che esso potrebbe diventare poco sostenibile per alcuni genitori, favorendo l’emergere di una sensazione di burnout (Pezzalla & Davidson, 2024).
Come suggerisce il nome, i genitori che adottano uno stile “spazzaneve” cercano di eliminare gli ostacoli che possono emergere sul cammino dei figli, per il timore che essi non siano in grado di gestirli. Tuttavia, le avversità rappresentano una parte naturale – per quanto spiacevole – della vita, e questo stile genitoriale rischia di trasmettere un’elevata dose di ansia ai bambini (Aktar et al., 2017), impedendo loro di sviluppare quelle abilità necessarie per affrontare in modo efficace le difficoltà.
I genitori “elicottero” risultano controllanti e iperprotettivi, sorvegliando eccessivamente i figli per essere pronti a intervenire in qualsiasi momento. Michele Borba – psicologa con oltre 40 anni di esperienza nell’ambito della gestione familiare – afferma che, in modo simile alla genitorialità “spazzaneve”, questo stile genitoriale tende a rendere i bambini più dipendenti, impedendo loro di sviluppare la propria resilienza. Inoltre, questo approccio sembra essere associato a livelli più elevati di depressione e a una minore autostima per il proprio fisico negli studenti universitari (Wang et al., 2024).
Lo stile genitoriale “faro” si distingue per il suo equilibrio tra supporto costante e libertà di esplorare. I genitori che adottano questo approccio fungono da guida, senza però interferire direttamente nella vita del bambino, come un faro che rimane saldo al suo posto. Non è un approccio permissivo né autoritario, ma un modello che favorisce l’autonomia dei figli pur mantenendo una base di sicurezza emotiva. Ginsburg (2025) sottolinea che questo stile consente ai bambini di navigare le difficoltà della vita, sapendo che i genitori sono pronti a intervenire solo in caso di vero pericolo, non per controllare ogni loro mossa.
In contrasto, i genitori “tigre” si caratterizzano per l’imposizione di aspettative elevate, con un controllo molto stretto sui comportamenti e sui successi del bambino. Questo approccio, come evidenziato da Borba (2025), è spesso associato a prestazioni elevate, ma può portare a un aumento significativo dello stress e dell’ansia nei figli, nonché a una minore connessione emotiva con i genitori. I bambini cresciuti con questo stile possono sentirsi schiacciati dalle aspettative, sviluppando una scarsa autostima e difficoltà nel gestire l’autonomia.
Infine, lo stile genitoriale “free-range” (detto anche “panda”) è l’opposto di quello “elicottero” o “spazzaneve”. In questo caso, i genitori incoraggiano una grande indipendenza, lasciando ai figli molta libertà di esplorare e prendere decisioni da soli. Sebbene questo approccio possa favorire l’autosufficienza e la fiducia in sé, è fondamentale che sia bilanciato da una supervisione adeguata. Senza la giusta guida, i bambini potrebbero essere esposti a rischi che non sono ancora in grado di gestire (Borba, 2025). Alcuni studi hanno comunque mostrato che una certa autonomia, se sostenuta da un orientamento positivo, può essere benefica per lo sviluppo psicologico e fisico del bambino (Marzi & Reimers, 2018).
Equilibrio in evoluzione: la chiave per una genitorialità di successo
La ricerca sulle diverse modalità per essere genitori suggerisce che, sebbene non esista uno stile “perfetto”, un approccio equilibrato risulta essere il più efficace per il benessere a lungo termine dei bambini. Tra gli stili tradizionali, quello autorevole – che unisce calore e disciplina – ha dimostrato di favorire l’autosufficienza, l’autostima e la capacità di gestire le difficoltà (Baumrind, 1966). Modelli più rigidi, come la genitorialità “tigre”, sono spesso associati a livelli elevati di stress e ansia nei bambini, mentre approcci più permissivi rischiano di compromettere la capacità di autogestirsi. I genitori, quindi, dovrebbero cercare un equilibrio che permetta ai figli di esplorare e imparare in autonomia, mentre ricevono il giusto supporto (Ginsburg, 2025). In definitiva, la flessibilità e la capacità di adattarsi alle circostanze del bambino sembrano essere la chiave per una genitorialità efficace.