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Disabilità e sibling: quando essere fratelli diventa un’etichetta

La disabilità non interessa soltanto chi ne è portatore. Quali vissuti caratterizzano l'esperienza dei sibling?

Di Maria Letizia Gramaccia

Pubblicato il 10 Ott. 2024

Disabilità e sistema familiare

Quando si parla di disabilità, di default ci si focalizza quasi esclusivamente sulla persona che ne è interessata, sulla tipologia di diagnosi e sulla scelta di un piano terapeutico riabilitativo ottimale. 

Solo successivamente (e spesso in maniera indiretta) si allarga il focus d’indagine sul sistema familiare all’interno del quale è inserita la persona con disabilità

Certo è che, a partire dalle prime evidenze di un funzionamento “anomalo”, proseguendo poi nel percorso euristico fino ad arrivare alla diagnosi tanto attesa quanto temuta, la disabilità non interessa soltanto chi ne è portatore, ma altrettanto le cerchie ecologiche che vi gravitano intorno, prima tra tutti la famiglia.

Ma cosa accade all’interno delle famiglie che vivono la condizione di disabilità di un proprio caro?

Le ricerche, per lo più in prospettiva sistemico-relazionale, descrivono il sopraggiungere di un figlio con disabilità quale evento paranormativo, non atteso o previsto, che inevitabilmente comporta una fase di crisi che altera l’equilibrio familiare preesistente all’evento stesso. 

Per poter essere superata in maniera funzionale e, dunque, positiva, è necessario che il sistema famiglia mobiliti le risorse di cui dispone, siano esse evidenti o latenti, per fronteggiare l’evento traumatico e raggiungere un nuovo stato di equilibrio, a sostituzione del precedente. 

La questione diviene ancor più rilevante se si pone attenzione alla presenza, nel sistema familiare, dei cosiddetti siblings, fratelli e sorelle della persona con disabilità

Come questi, di fronte alle complesse sfide poste dal sopraggiungere della disabilità, possono scoprire ed attivare risorse personali per adattarsi?

Gli studi sull’argomento sono per lo più esigui, anche se negli ultimi anni la legislazione in materia di disabilità sta compiendo passi in avanti nel tentativo di sostenere e supportare le famiglie che vivono la disabilità nel loro quotidiano, tutelando dunque anche i siblings e promuovendo una cultura della prevenzione della loro salute psico-fisica.

Voce ai siblings: chi sono davvero e cosa provano?

Nell’uso quotidiano, la parola “sibling” traduce il termine generico “fratello”, riferendosi a coloro che hanno in comune uno o entrambi i genitori senza specificazioni di genere. 

Ad oggi, il termine sibling si è espanso nel contesto della neurodiversità, indicando in particolare coloro che, essendo fratelli e sorelle di persone con una qualche tipologia di disabilità, si trovano a farne esperienza nella loro quotidianità (basti pensare alla summa di attività diagnostiche e/o educativo-riabilitative che necessariamente coinvolgono il nucleo familiare per esteso).      

Ciò significa che, accanto alle sfide di sviluppo tipiche della fratria, ai siblings sono richieste sfide evolutive aggiuntive dettate dalla specifica disabilità e dalle caratteristiche del sistema familiare. 

Nonostante le molteplici variabili di tipo bio-psico-sociale contribuiscano a rendere unica la situazione di ogni sibling, così come il funzionamento della famiglia di appartenenza, la letteratura in ambito psicologico rintraccia stati emotivi ed affettivi ricorrenti e comuni nei rapporti di fratria caratterizzati dalla presenza di disabilità (Baumann et al., 2005; Cinotti, 2021; Di Loreto, 2022; Dondi, 2018; 2022; Farinella, 2015; Meyer & Vadasy, 2008; Strohm, 2002): 

  • tristezza: i siblings sperimentano vissuti emotivi spiacevoli nell’osservare e sperimentare, soprattutto attraverso il gioco, che il fratello reale non corrisponde a quello fantasticato, che non è come i fratelli dei propri amici (Dondi, 2018; 2022; Strohm, 2002); 
  • rabbia: i siblings possono celare, dietro alla rabbia, tristezza per la condizione del proprio fratello (Lane & Mason, 2014). La rabbia diventa allora un meccanismo di difesa contro la frustrazione di non poter costruire un rapporto fraterno reciproco, a causa dell’assenza fisica e/o cognitiva del fratello con disabilità che non permette di rispondere in maniera socialmente adeguata ai tentativi di interazione del sibling (Farinella, 2015);
  • senso di colpa: presente soprattutto in età infantile, in cui lo stile cognitivo che opera è prevalentemente un pensiero di tipo magico. I siblings possono così fantasticare di aver compiuto qualche azione che può aver danneggiato il proprio fratello, non disponendo di adeguati strumenti di comprensione della condizione della disabilità rispetto agli adulti (Farinella, 2015). In età più avanzata, spesso corrispondente all’adolescenza, il sibling può sperimentare senso di colpa nei confronti del fratello o sorella con disabilità, rattristandosi per il proprio stato di salute che risulta ottimale rispetto a quello deficitario del fratello (Meyer & Vadasy, 2008);
  • paura: spesso le etichette diagnostiche che seguono un iter di accertamento e valutazione della condizione di disabilità suscitano paura nei siblings, non sapendo per certo cosa quelle parole così complesse possono evocare (Coppola, 2007). Il sibling può allora sperimentare, accanto alla paura, dei vissuti di incertezza per il non sapere a quale destino il proprio fratello andrà incontro, una paura dunque rivolta al futuro del fratello ma anche al proprio (Cinotti, 2021; Schuntermann, 2007). La paura può essere relativa anche ai cosiddetti comportamenti problema, ovvero quella serie di azioni che possono ledere persone, animali, cose (Ricci et al., 2014);
  • vergogna e imbarazzo: enfatizzato soprattutto in età adolescenziale, i sibling possono provare un senso di vergogna derivante dal confronto sociale con la disabilità, che ancora oggi evoca scenari di stigma e discriminazione (Dyson & Crnic, 1989). La vergogna può correlarsi ai comportamenti bizzarri del fratello con disabilità, alle stereotipie, a vocalizzazioni insolite, a routine stravaganti e comportamenti problematici non idonei e funzionali al contesto in cui vengono emessi. Alla vergogna segue, inevitabilmente, un senso di imbarazzo, derivante dall’associazione implicita sibling-fratello con disabilità (Strohm, 2002);
  • solitudine: la disabilità, in relazione al livello di gravità, può compromettere competenze e capacità necessarie al vivere quotidiano, quali la sensorialità, la cognizione, il linguaggio, la motricità. Il sibling può, di fronte ad una serie di aree deficitarie del proprio fratello, sentirsi solo per l’incapacità di interagire e/o svolgere attività che comunemente caratterizzano i legami di fratria (Di Loreto, 2022). La solitudine può altresì riferirsi ai vissuti spiacevoli che il sibling sperimenta, molto spesso celandoli ai genitori per non sovraccaricarli ulteriormente di problemi e stress;
  • senso di eccessiva responsabilizzazione: il senso di solitudine conduce alla responsabilizzazione del sibling, che spesso cerca di essere “invisibile” per non suscitare ulteriori preoccupazioni, vestendo il ruolo di adulto quasi come fosse un “terzo” genitore (Farinella, 2015). Spesso il genitore stesso funge da rinforzo ai comportamenti responsabili del sibling, a cui implicitamente viene chiesto di imparare ad essere autonomo sia fisicamente che psichicamente, nella gestione dei propri stati emotivi, a causa dell’eccessivo carico di accudimento che la disabilità impone. Tuttavia, se funzionale in un primo momento poiché il sibling viene elogiato ed attenzionato dai genitori, in seguito tali comportamenti potrebbero divenire un peso non più facilmente gestibile, che impedisce al fratello sano di poter sperimentare le tappe di sviluppo connesse alla sua età cronologica e di elaborare le emozioni negative sottese alla situazione sperimentata (Stoneman & Brody, 1993).

Risorse nella disabilità

A partire dagli anni ’90, le ricerche empiriche (Gamble & McHale, 1989; Lavin, 2001;  Meltzer, 2021; Opperman & Alant, 2003) in ambito psicologico in merito alla disabilità hanno iniziato a focalizzarsi non solo sui fattori di rischio a cui le famiglie venivano esposte, ma soprattutto su fattori protettivi e risorse a cui la famiglia stessa poteva attingere per fronteggiare l’evento paranormativo del sopraggiungere di un figlio con disabilità, a sostegno di una buona qualità di vita.

Alcuni studi, realizzati soprattutto tramite intervista a siblings adulti, evidenziano come essi stessi abbiano maturato specifiche risorse in seno alla disabilità:

  • maturità: l’esperienza di vita familiare comporta il fare i conti con una condizione di presa in carico della persona con disabilità globale e continuativa, implicante un adeguamento dei ritmi e tempi familiari a quelli della persona con disabilitàIl dover necessariamente anteporre i bisogni e le esigenze altrui alle proprie fa sì che i siblings, già dall’adolescenza, abbiamo acquisito un livello di maturità maggiore rispetto a quello del gruppo dei pari, divenendo degli adulti responsabili (Cinotti, 2021; Coppola, 2007; Farinella, 2015);
  • senso di responsabilità: la fragilità insita nelle condizioni di disabilità, specie se gravi, comporta lo svolgimento di azioni di accudimento e cura che coinvolgono l’intero assetto familiare, siblings compresi (Farinella, 2015; Dondi, 2018; 2022). Non è dunque anomalo che in età adulta essi abbiano maturato un elevato senso di responsabilità, che li conduce a relazioni sociali positive e gratificanti;
  • competenze sociali: l’accresciuta maturità del sibling lo porta a sviluppare competenze funzionali ai contesti sociali, che generalmente promuovono un senso di apertura verso il prossimo, con maggiore tolleranza e disponibilità nelle interazioni (Meyer & Gallagher, 2005; Orsmond & Seltzer, 2007; Strohm, 2002). Non è un caso che tali competenze, unitamente al senso di responsabilità, vedano una notevole percentuale di siblings a ricoprire occupazioni professionali di cura verso il prossimo (ad esempio infermieri, assistenti sociali, ecc.) (Meyer & Vadasy, 2008; Strohm, 2002);
  • sensibilità ed empatia: il dover adeguare i propri stili di vita alla presenza di una condizione di disabilità conduce il sibling allo sviluppo di atteggiamenti sensibili verso gli altri e di elevata empatia, capaci di immedesimarsi negli altri per riuscire a comprendere ciò che essi provano (Coppola, 2007). Una capacità connessa allo sviluppo di sensibilità ed empatia risulta essere la tolleranza: molti siblings sembrano essere maggiormente in grado di dimostrarsi capaci di accettare le differenze altrui e, conseguentemente, di saperle comprendere, a causa dei vissuti di pregiudizio sperimentati direttamente sulla loro pelle (Di Loreto, 2022; Farinella, 2015);
  • capacità di coping: nel fronteggiare la disabilità del proprio fratello, i siblings sono più inclini a sviluppare strategie di coping funzionali, facendo tesoro della loro esperienza familiare (Opperman & Alan, 2003). 

Siblings e prevenzione: quale strada da percorrere?

Intorno agli anni ’90 si è sviluppato, in territorio statunitense, il modello Sibshops, ideato da Don Meyer e Patricia Vadasy specificatamente per siblings di persone con disabilità (Cinotti, 2021; Coppola, 2007; D’Arcy et al., 2005; Di Loreto, 2022; Meyer & Vadasy, 2008; Strohm, 2002).

Il modello prevede l’impostazione di workshop all’interno dei quali vengono forniti supporto, orientamento e informazioni in tema disabilità, con l’obiettivo di permettere a bambini in età prescolare di rispecchiarsi reciprocamente, comprendendo di non essere i soli a vivere una situazione critica simile, e allo stesso tempo di sostenersi attraverso il collante del gruppo.

Da questi presupposti, alcune associazioni italiane hanno da qualche anno avviato gruppi di supporto, definiti anche gruppi di auto-mutuo-aiuto omogenei, accomunati cioè dalla vicinanza di età dei siblings e dall’esperienza di essere fratelli nella disabilità, con lo scopo di fornire un sostegno di tipo socio-affettivo (Cinotti, 2021; Dondi, 2022).

I risultati di efficacia di tali gruppi evidenziano la necessità di sostenere i siblings nel costruire la loro speciale relazione fraterna, consentendogli prima di esprimere sentimenti ed emozioni vissute e confrontandosi con coloro che si trovano nella stessa condizione. 

Il gruppo, in tal senso, attraverso lo scambio reciproco diventa portatore di risorse e di strategie di coping derivate dalle esperienze personali, perle preziose che tutti i sibling partecipanti agli incontri possono custodire e fare proprie nella realtà quotidiana che vivono (Coppola, 2007; Di Loreto, 2022).

La possibilità di esprimersi, unitamente alla sensazione di essere compresi, contribuisce all’innalzamento del benessere dei siblings e ad una migliore elaborazione dei vissuti emotivi, arginando situazioni di rischio attraverso la prevenzione di comportamenti problematici o condizioni psicopatologiche (Lane & Mason, 2014). 

Riferimenti Bibliografici
  • Baumann, S., Dyches, T., & Braddick, M. (2005). Being a sibling. Nursing science quarterly18(1), 51–58. 
  • Cinotti, A. (2021). Sorelle e fratelli nella disabilità. Scholé.
  • Coppola, V. (2007). Siblings adolescenti di persone diversamente abili: proposta di gruppo omogeneo. Edizioni Scientifiche Italiane.
  • D’Arcy, F., Flynn, J., McCarthy, Y., O’Connor, C., & Tierney, E. (2005). Sibshops: an evaluation of an interagency model. Journal of intellectual disabilities, 9(1), 43–57.
  • Di Loreto, B. (2022). Sibling. Vita all’ombra di un fratello disabile. Tabula Fati.
  • Dondi, A. (2018). Siblings. Crescere fratelli e sorelle di bambini con disabilità. San Paolo.
  • Dondi, A. (2022). I gruppi di siblings adulti. Una proposta di metodo per sostenere fratelli e sorelle di persone con disabilità. San Paolo. 
  • Dyson, L., Edgar, E., & Crnic, K. (1989). Psychological predictors of adjustment by siblings of developmentally disabled children. American Journal Of Mental Retardation,  94(3), 292–302.
  • Farinella, A. (2015). Siblings. Essere fratelli di ragazzi con disabilità. Erickson.
  • Gamble, W., & McHale, S. (1989). Coping with stress in sibling relationships: A comparison of children with disabled and nondisabled siblings. Journal of Applied Developmental Psychology, 10(3), 353–373.
  • Lane, C., & Mason, J. (2014). Meeting the needs of siblings of children with life-limiting illnesses. Nursing children and young people26(3), 16–20.
  • Lavin, J. (2001). Special kids need special parents: A resource for parents of children with special needs. Berkley Books.
  • Malagoli Togliatti, M., & Lubrano Lavadera, A. (2002). Dinamiche relazionali e ciclo di vita della famiglia. Il Mulino. 
  • Meltzer,  A. (2021). What is sibling support? Defining the social support sector serving siblings of people with disability. Social science & medicine291, 114466.
  • Meyer, D., & Gallagher, D. (2005). The Sibling Slam Book: What It’s Really Like To Have A Brother Or Sister With Special Needs. Woodbine House. 
  • Meyer, D., & Vadasy, P. (2008). Sibshops: workshop for siblings of children with special needs.  Brookes publishing.
  • Opperman, S., & Alant, E. (2003). The coping responses of the adolescent siblings of children with severe disabilities. Disability and rehabilitation25(9), 441–454. 
  • Orsmond, G., & Seltzer, M. (2007). Siblings of individuals with autism spectrum disorders across the life course. Mental retardation and developmental disabilities research reviews13(4), 313–320. 
  • Ricci, C., Romero, A., Bellifemine, D., Carradori, G., Magudda, C. (2014). Il manuale ABA-VB – Applied Behavior Analysis and Verbal Behavior. Erikson. 
  • Schuntermann, P. (2007). The sibling experience: Growing up with a child who has pervasive developmental disorder or mental retardation. Harvard Review of Psychiatry, 15(3), 93–108. 
  • Stoneman, Z., & Brody, G. H. (1993). Sibling relations in the family context. In Z. Stoneman & P. W. Berman (Eds.), The effects of mental retardation, disability, and illness on sibling relationships: Research issues and challenges (pp. 3–30). Paul H. Brookes Publishing.
  • Strohm, K. (2002). Siblings. Brothers and sisters of children with disability. Wakefield Press.
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