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Disfunzioni sessuali: persistono anche quando si smette di prendere antidepressivi?

L’uso di alcuni SSRI può portare allo sviluppo di disfunzioni sessuali. Cosa accade una volta terminata la terapia farmacologica?

Di Valentina Davi

Pubblicato il 13 Set. 2024

I farmaci SSRI

I farmaci SSRI (Inibitori Selettivi del Reuptake di Serotonina) sono una classe di psicofarmaci che appartiene alla categoria degli antidepressivi

Chiamati anche antidepressivi di seconda generazione, presentano minori effetti collaterali e sono più sicuri rispetto ai loro predecessori – gli antidepressivi triciclici e gli inibitori delle monoamino ossidasi -, e per questo costituiscono il trattamento di prima scelta degli stati depressivi.

Gli SSRI sono utilizzati anche nel trattamento di condizioni psichiatriche quali disturbi d’ansia (es. ansia generalizzata, attacchi di panico), disturbo ossessivo compulsivo, fobie (es. fobia sociale, agorafobia), disturbi alimentari (es. bulimia), disturbo post-traumatico da stress, e di condizioni mediche non psichiatriche, come l’eiaculazione precoce, l’emicrania, il dolore nella neuropatia diabetica, la fibromialgia (Stone, 2003).

La disfunzione sessuale tra gli effetti collaterali degli SSRI

Come ogni farmaco, anche gli SSRI presentano degli effetti collaterali. I più comuni sono effetti gastrointestinali (nausea, diarrea), eruzioni cutanee, secchezza delle fauci oppure sintomi a carico del sistema nervoso centrale (vertigini, irrequietezza, tremore, insonnia, sedazione diurna), generalmente ben tollerati. 

L’uso a lungo termine degli SSRI può, però, portare allo sviluppo di effetti collaterali che hanno un impatto significativo sulla vita del paziente, come le disfunzioni sessuali.

Infatti circa il 30% dei pazienti che assumono SSRI lamenta ridotto desiderio sessuale, ritardo dell’eiaculazione, impotenza oppure anorgasmia (difficoltà a raggiungere l’orgasmo) (Cuomo et al. 2019). Questi sintomi tendono a migliorare e scomparire una volta sospeso il farmaco.

Tuttavia in alcuni casi possono persistere: si tratta della cosiddetta disfunzione sessuale post-SSRI (post-SSRI sexual dysfunction, PSSD).

La disfunzione sessuale post-SSRI: i sintomi della PSSD

La disfunzione sessuale post-SSRI (PSSD) è una condizione che si manifesta in maniera molto eterogenea. I sintomi della PSSD riportati in letteratura e dai pazienti sono:

  • Riduzione o perdita del desiderio sessuale 
  • Disfunzione erettile 
  • Incapacità di raggiungere l’orgasmo o diminuzione della sensazione di piacere durante l’orgasmo
  • Sensazione genitale tattile o sessuale alterata
  • Dolore genitale
  • Ridotta sensibilità del capezzolo
  • Riduzione o perdita delle erezioni notturne
  • Forza eiaculatoria ridotta
  • Glande flaccido durante l’erezione
  • Diminuzione della lubrificazione vaginale

I resoconti più comuni enfatizzano in particolare la perdita di interesse sessuale, orgasmi senza piacere, secchezza genitale e anestesia genitale.

La diagnosi di disfunzione sessuale post-SSRI

Nel 2022 un gruppo di ricercatori ha proposto una lista di criteri per diagnosticare la disfunzione sessuale post-SSRI, che potrebbe essere utile per condurre futuri studi scientifici standardizzati.

Ecco i criteri proposti per formulare diagnosi di disfunzione sessuale post-SSRI:

Criteri necessari:

  • Precedente trattamento con un farmaco SSRI.
  • Un cambiamento duraturo nella sensazione genitale somatica (tattile) o erogena (sessuale) dopo l’interruzione del trattamento.

Ulteriori criteri:

  • Riduzione o perdita duratura del desiderio sessuale.
  • Disfunzione erettile persistente (maschi).
  • Incapacità persistente di raggiungere orgasmo o diminuzione della sensazione di piacere durante l’orgasmo.
  • Il problema è presente per più di 3 mesi dopo l’interruzione del trattamento.

Inoltre:

  • Non devono essere presenti evidenze di disfunzione sessuale pre-farmaco che corrispondano al profilo attuale.
  • Non deve essere presente alcuna condizione medica attuale che possa spiegare i sintomi.
  • I sintomi non devono essere dovuti all’uso attuale di farmaci o all’abuso di sostanze.

Disfunzione sessuale post-SSRI: manca ancora una solida letteratura scientifica

La disfunzione sessuale post-SSRI è stata descritta per la prima volta nel 2006 (Bahrick, 2006; Csoka and Shipko, 2006). 

Una recente review (Tarchi et Al., 2023) degli studi condotti sulla disfunzione sessuale post-SSRI ha evidenziato come non esista una solida letteratura scientifica a riguardo, bensì case report (descrizioni di casi singoli), serie di casi ridotte e studi osservazionali basati su sondaggi anonimi con grandi limiti metodologici.

Non esiste pertanto una definizione standardizzata di disfunzione sessuale post-SSRI, data l’eterogeneità della sintomatologia riportata, e, data anche la sovrapponibilità dei sintomi della disfunzione sessuale post-SSRI con alcuni sintomi della sfera sessuale presenti nella depressione e nei disturbi d’ansia, non è possibile stimare quante persone soffrano di questa condizione.  

Disfunzione sessuale post-SSRI: la reazione delle istituzioni

Tuttavia le segnalazioni di pazienti e le petizioni da parte di cittadini e gruppi di ricerca come per esempio RxISK hanno attirato l’attenzione di medici, aziende farmaceutiche e centri di farmacovigilanza. 

Nel 2019 l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha chiesto alle case farmaceutiche di aggiornare le schede tecniche e i foglietti illustrativi di alcuni farmaci SSRI con l’indicazione che in alcuni casi si è osservata la persistenza di sintomi di disfunzione sessuale dopo l’interruzione del trattamento.

La U.S. Food and Drug Administration (FDA), invece, non ha preso provvedimenti in tal senso e a maggio 2024 è stata citata in giudizio dal dr. Cosaka, scienziato della Harvard University che tra i primi descrisse la disfunzione sessuale post-SSRI, per non aver dato seguito alla sua petizione del 2018 in cui chiedeva un’etichetta di avvertimento per due classi di comuni farmaci antidepressivi sui potenziali effetti collaterali sessuali persistenti.

Farmaci SSRI: allarme disfunzione sessuale post-SSRI?

È ormai risaputo che l’assunzione di farmaci SSRI come la paroxetina o la sertralina può dare problemi sessuali: per esempio la paroxetina può portare a difficoltà a eiaculare negli uomini o anorgasmia nelle donne.

La sessualità gioca un ruolo importante nella vita di molte persone ed è comprensibile che i pazienti si preoccupino di questi effetti collaterali e desiderino antidepressivi che non danno problemi sessuali. Tuttavia, la prospettiva che si tratti di disfunzioni temporanee può aiutare ad accettare questo effetto collaterale a fronte dei benefici che il farmaco può dare rispetto al disturbo che deve essere trattato.

La possibilità che queste disfunzioni possano invece persistere spaventa molto e i toni emotivi con cui vengono raccontate le esperienze (“15 anni fa sono stata chimicamente castrata”, “Mi hanno derubato della mia umanità”,”Mi sento come se mi avessero lobotomizzato”), sui social o sui siti dedicati, contribuiscono a generare allarme. I pazienti discutono sui forum di disfunzione sessuale post-SSRI, c’è chi si preoccupa di poter sviluppare questa sindrome e chi si interroga sulle possibilità di guarigione dalla disfunzione sessuale post-SSRI (ad oggi non esistono linee guida specifiche per il trattamento di questa sindrome).

Al momento non esiste una solida letteratura scientifica riguardo la disfunzione sessuale post-SSRI, ma i case report rappresentano un punto di partenza per futuri studi con gruppi di controllo e longitudinali che ci auguriamo verranno condotti per studiare meglio questo fenomeno. Nel frattempo la EMA ha agito con cautela, chiedendo alle case farmaceutiche di segnalare che in alcuni casi è stata riscontrata una persistenza delle disfunzioni sessuali a seguito della sospensione degli SSRI; questo permette ai pazienti di effettuare una scelta di trattamento informata e consapevole.

La sofferenza di chi, nonostante abbia smesso di assumere SSRI, presenta ancora disfunzioni sessuali non deve essere svalutata, minimizzata o trascurata dai medici, bensì accolta, senza tuttavia che questo comporti una demonizzazione degli SSRI per un fenomeno non ancora del tutto chiaro.

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Valentina Davi
Valentina Davi

Coordinatrice di redazione di State of Mind

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