Intelligenza artificiale nella stanza di terapia
PSICOLOGIA DIGITALE – (Nr. 56) L’intelligenza artificiale in terapia
Grazie a modelli avanzati, l’intelligenza artificiale generativa (generative artificial intelligence, GAI) può creare contenuti nuovi e originali a partire da dati esistenti. In particolare, i modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) utilizzano il deep learning e vasti set di dati per processare, sintetizzare e creare contenuti linguistici. Queste tecnologie fanno qualcosa che mai prima è stato fatto: riproducono fedelmente uno di quei domini che rendono gli umani quello che sono, ovvero il linguaggio, che mai prima d’ora era stato replicato nello stesso modo – se non meglio.
La parola è anche lo strumento universale e trasversale a qualsiasi approccio terapeutico, le fondamenta su cui si basa il lavoro di supporto e cura. In che modo può essere introdotto in terapia questo “terzo artificiale”? Che entri nella stanza di terapia, in un modo o nell’altro, è solo questione di tempo: pensiamo per esempio ai software di trascrizione delle sedute in tempo reale, alle app per gli homework o per il supporto da remoto (Carlbring et al., 2023; Tal et al., 2023). Come viene trasformato l’atto terapeutico e la percezione che abbiamo di noi e delle dinamiche relazionali? Qual è la funzione dell’intelligenza artificiale in terapia e qual è il contributo umano insostituibile nella pratica clinica?
Limiti e opportunità dell’intelligenza artificiale generativa
I sistemi di intelligenza artificiale generativa non sono neutri e obiettivi nel generare gli output, anzi: sono condizionati dalla qualità dei dati con cui vengono addestrati e, proprio per questo, molto spesso riportano risposte non solo inesatte ma anche influenzate da bias e distorsioni di vario tipo. Questi modelli hanno sì notevoli capacità di elaborazione e generazione del linguaggio perché operano attraverso complessi modelli statistici; allo stesso tempo la loro capacità di creare contenuti linguistici coerenti e appropriati ha dei limiti. Questi limiti si esprimono ad esempio nella loro incapacità di tener conto del contesto, dell’interpretazione, delle motivazioni, dei vissuti; mancano della comprensione delle emozioni e dell’integrazione del linguaggio con gli indizi paraverbali. In definitiva, non padroneggiano gli aspetti sociali e normativi dell’uso della lingua.
Tra gli strumenti al momento più utilizzati abbiamo i chatbot terapeutici basati su tecniche di terapia cognitivo-comportamentale (CBT) come Woebot e Wysa, o i più recenti e avanzati Youper e Sonia che integrano tecniche CBT con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa per analizzare il linguaggio dei pazienti e generare contenuti terapeutici personalizzati (Lee, 2023). Man mano che si diffondono, si presentano nuove sfide e opportunità, in particolare nel campo della salute mentale; se si vogliono integrare in psicoterapia strumenti basati sull’intelligenza artificiale è necessario essere consapevoli di questi limiti oltre che delle potenzialità (Sedlakova Trachsel, 2023).
Psicoterapia e intelligenza artificiale
Indipendentemente dall’approccio e dalle tecniche specifici, caratteristica essenziale della psicoterapia è il dialogo tra terapeuta e paziente. Introdurre in questa diade un “terzo artificiale” (Tal et al., 2023) porta a una trasformazione delle metodologie e una ridefinizione dei ruoli (Sedlakova Trachsel, 2023). L’adozione delle intelligenze artificiali generative nel settore della salute mentale promette innovazioni e cambiamenti profondi e nuove opportunità professionali così come comporta anche rischi e sfide importanti, prima fra tutte la tutela dei dati e della privacy dei pazienti (Carlbring et al., 202; Haber et al., 2024). Allo stato attuale, l’assenza di un chiaro quadro normativo non aiuta; sta al singolo professionista trovare modalità conformi ai principi di etica e responsabilità che siano adatte al paziente e alle sue specificità e bisogni clinici.
Ma come potrebbe essere integrata l’intelligenza artificiale nella terapia? Nella pratica terapeutica, l’intelligenza artificiale può analizzare le sedute, individuare modelli nel linguaggio e nelle emozioni del paziente e suggerire delle strategie personalizzate. Dopo le sessioni, l’intelligenza artificiale potrebbe riepilogare i temi principali e monitorare l’andamento nel tempo dei sintomi; ancora, potrebbe essere usata in modi creativi come ad esempio per generare rappresentazioni visive dei pensieri e delle emozioni del paziente; queste abilità trasformano modalità, dinamiche e risultati delle terapie.
Il valore aggiunto del terapeuta umano: oltre l’intelligenza artificiale
E’ logico prevedere che in un futuro non lontano le capacità delle intelligenze artificiali generative saranno maggiori e che la loro evoluzione non si arresterà. Già oggi, l’uso della tecnologia migliora l’accessibilità e la personalizzazione: sedute da remoto facilitano l’accesso ai servizi di salute mentale; la raccolta dei dati consente una terapia altamente personalizzata, adattata alle esigenze specifiche di ogni individuo: l’integrazione di strumenti digitali può rafforzare la relazione terapeutica e rendere più collaborativo il legame tra paziente e terapeuta (Grodniewicz & Hohol, 2023).
Ma che cosa l’intelligenza artificiale non riproduce ancora dell’essere umano? Il pensiero critico, la coscienza, la consapevolezza, la riflessione, l’autodeterminazione, il processo decisionale; attributi del tutto umani e imprescindibili in terapia. L’integrazione della tecnologia non va a minare l’importanza delle competenze umane; il terzo artificiale è un valido strumento in più nelle mani dei terapeuti. L’introduzione dell’intelligenza artificiale non sminuisce il ruolo umano, anzi, ne mette in risalto l’unicità e il contributo nel processo terapeutico (Haber et al., 2024). L’efficacia della tecnologia dipende dal contesto e dall’approccio adottato; l’intelligenza artificiale non è il rimedio perfetto e definitivo a qualsiasi problema, non è una soluzione magica e, soprattutto, non è un sostituto dell’apporto umano in terapia. E’, semmai, uno strumento che, se adoperato ed integrato correttamente nella pratica clinica, può migliorare in modo determinante il lavoro terapeutico.