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Un nuovo sguardo sulla Limerence: fra disturbo ossessivo-compulsivo e rimuginio desiderante

La limerence è in un attaccamento ossessivo verso una particolare persona che interferisce con il funzionamento quotidiano

Di Stefania Righini, Elisa Moretti

Pubblicato il 12 Ott. 2023

Aggiornato il 29 Feb. 2024 13:05

Cos’è la limerence? 

La Limerence è una condizione poco studiata, di prevalenza sconosciuta, che causa una significativa perdita di produttività e sofferenza emotiva in coloro che ne soffrono. Essa consiste in un attaccamento ossessivo verso una particolare persona o “oggetto di limerenza” (OL) che interferisce con il funzionamento quotidiano e la formazione e il mantenimento di relazioni sane.

Il termine limerence è stato coniato dalla psicologa Dorothy Tennov, nei primi anni ’70, dopo aver condotto oltre 300 interviste per raccogliere dati qualitativi sull’esperienza dell’amore romantico.

La Tennov (1979) notò come molti dei suoi intervistati avessero definito in modo simile una particolare manifestazione dell’“essere innamorati”: un desiderio involontario e travolgente per l’attenzione e la considerazione positiva da parte di un’altra persona. Questo attaccamento, tuttavia, era tipicamente non corrisposto, sviluppandosi per qualcuno non disponibile a ricambiare tali sentimenti.

Caratteristiche e meccanismi di mantenimento

Elemento centrale implicato nello sviluppo e nel mantenimento della limerence sembra infatti essere la condizione di incertezza (Carswell e Impett, 2021). La persona che sperimenta limerence prova attrazione verso un particolare oggetto di limerenza la cui reciprocità di sentimenti è incerta. Maggiore è il grado di incertezza, più intensamente l’individuo rimugina sull’oggetto di limerenza e maggiore è il desiderio di essere ricambiato.

Di fatto, dunque, questo pattern di incertezza sui sentimenti e sulla disponibilità dell’oggetto di limerenza sembra essere ciò che contraddistingue la limerence dalle prime fasi di una tipica relazione romantica, in cui entrambi i partner solitamente sperimentano un’infatuazione o una sorta di ossessione reciproca.

Gli individui con limerence sperimentano un bisogno cronico e debilitante di rimuginare, idealizzare e di connettersi all’oggetto di limerenza attraverso rituali e compulsioni (come fissare le foto dell’oggetto di limerenza o leggere ripetutamente i suoi messaggi). Spesso, la persona riproduce mentalmente le interazioni passate con l’oggetto di limerenza, alla ricerca di indicazioni su come questo potrebbe sentirsi nei suoi confronti. Quando l’oggetto di limerenza mostra affetto o approvazione l’umore si eleva, diversamente la disapprovazione effettiva o percepita, porta una deflessione dello stesso (Wakin e Vo, 2008).

Concettualizzazioni cliniche: limerence tra DOC e disturbo da uso di sostanze 

Nel modello proposto da Wakin e Vo (2008) la limerence viene concettualizzata tracciando parallelismi sia con il disturbo ossessivo-compulsivo che con il disturbo da uso di sostanze. A causa della presenza sia di pensieri intrusivi che di rituali compulsivi, gli individui che sperimentano la limerence possono soddisfare i criteri diagnostici per il disturbo ossessivo-compulsivo, se questi pensieri e rituali causano un disagio e una compromissione significativa nel funzionamento (APA, DSM-5; 2013). La separazione dall’oggetto di limerenza provoca sintomi di astinenza, come dolore al petto o all’addome, disturbi del sonno, irritabilità e depressione. Inoltre, il comportamento compulsivo che accompagna la limerence ricorda un disturbo da uso di sostanze, per la quantità di tempo che viene spesa per pianificare e ottenere l’accesso all’oggetto di limerenza, anche nei casi in cui la persona limerente sia pienamente consapevole degli effetti negativi di questo suo comportamento. 

Fisher e colleghi (2016) affermano inoltre che l’amore romantico può essere di per sé una forma di dipendenza, dal momento che gli studi di neuroimaging hanno mostrato che i sentimenti di intenso amore romantico coinvolgono il sistema della ricompensa, o reward, alla base di tutte le dipendenze comportamentali o del disturbo da uso di sostanze.

Gli episodi di limerenza possono verificarsi o solo una volta nella vita di una persona o in sequenza per una serie di oggetti di limerenza diversi. Ogni episodio può durare qualche settimana o decenni, con una durata media compresa tra i 18 mesi e i 3 anni (Tennov, 1979). L’oggetto di limerenza non è necessariamente dello stesso sesso da cui l’individuo è sessualmente attratto, il che implica che la limerence è distinta dall’attrazione sessuale (Willmott e Bentley, 2013).

Trattamento della limerence

Assistiamo, negli ultimi anni, ad un indubbio incremento della domanda di cura riguardo a più o meno grave sofferenza emotiva legata a maladattive dinamiche relazionali, anche di “dipendenza affettiva”, per cui ci sembra particolarmente utile una riflessione clinica sui processi di pensiero ad essa legati, fra cui senza dubbio la limerence

La (ancora) scarsa letteratura, tutt’oggi in assenza di una categorizzazione clinica, ed in considerazione della sopra descritta sovrapponibilità diagnostica con il disturbo ossessivo-compulsivo, riporta indicazioni per il trattamento di psicoterapia cognitivo comportamentale (CBT), con prevenzione della risposta (ERP; Wyant, 2021). Lo studio di Wyant (2021) evidenzia l’efficacia di questo protocollo di trattamento, comprensivo di tecniche di ristrutturazione cognitiva e riattivazione comportamentale, a seguito di una approfondita concettualizzazione del caso, secondo il modello CBT (Beck, 2011). I risultati, a fine del trattamento, evidenziano una diminuzione sia delle compulsioni che delle distorsioni cognitive, ma non una full recovery, e le conclusioni sottolineando la necessità di una maggior definizione, anche categoriale, della limerence, nonché dell’implementazione di un condiviso protocollo di trattamento di psicoterapia (Wyant, 2021). A tale scopo alcuni autori stanno procedendo alla validazione (Wolf, 2017; Wyant, 2021) di uno strumento di valutazione, non solo per addivenire alla diagnosi ed alla misurazione di intensità e pervasività del processo di pensiero in oggetto, ma anche allo scopo di poter approfondire le variabili cognitivo-affettive concorrenti.

Uno sguardo ai processi: limerence e desire thinking

A ben studiare però, e meramente per amore di speculazione clinica, ci sembra emergere, dalle definizioni e dai pochi studi a disposizione, un quadro sintomatologico caratterizzato da pensiero ripetitivo vissuto come assolutamente involontario, quindi incontrollabile, egosintonico, caratterizzato da iperfocalizzazione attentiva nei confronti di stimoli, reali o rappresentati nella mente del paziente, a valenza emotiva esclusivamente positiva, cioè desiderati dal paziente, attraverso processi di pensiero in forma di immagini o divagazioni verbali.

Quanto sopra sembra corrispondere, praticamente del tutto, alla definizione di desire thinking, così come concettualizzato da Caselli e Spada (2015), in materia di disturbi da abuso di sostanze ed addiction, con i quali la limerence condivide un’importante sovrapponibilità diagnostica, con la sola eccezione della volontarietà. Occorre però sottolineare come la letteratura riporti, riguardo ai soggetti affetti da limerence, il rifiuto di intrattenersi, o anche solo pensarlo, in nuove relazioni sentimentali, per il timore di perdere gli effetti, le sensazioni positive, derivanti dall’indugiare nel pensiero ripetitivo circa l’oggetto di limerenza (Wyant, 2021). Ciò farebbe propendere per una percezione di involontarietà, rilevata da Tennov nel 1979, la quale però, al di là della percezione soggettiva, o dell’interpretazione soggettiva della realtà del paziente, viene volontariamente e consapevolmente mantenuta, al fine di trarne sensazioni ed emozioni piacevoli, nonché di progettare una procedura comportamentale finalizzata al raggiungimento dei propri scopi.

Si definisce infatti rimuginio desiderante una strategia cognitiva, in forma di pensiero ripetitivo, consapevole e volontaria, che coinvolge elaborazione di informazioni relative ad un oggetto o attività piacevoli e che si concretizza in forma di immaginal prefiguration o verbal perseveretion. Il rimuginio desiderante è inoltre caratterizzato da iperfocalizzazione attentiva, spinge all’azione, amplifica il desiderio di deprivazione, favorisce la percezione di fiducia e di convinzione nei pensieri permissivi, riduce la capacità di controllo della naturale regolazione degli stati interni (i quali, come per la limerence, tendono a derivare dal contenuto del pensiero e/o dalla vicinanza all’oggetto di limerenza), distorce i processi decisionali dando priorità al qui ed ora (Caselli et al., 2017).

Questa ipotetica concettualizzazione clinica spiegherebbe quelle che, per la limerence, vengono definite in letteratura come “compulsioni”, poiché il rimuginio desiderante spinge ad agire, aumenta la focalizzazione attentiva in presenza di incertezza rispetto alla soddisfazione di quel bisogno, ed impatta neurobiologicamente sul funzionamento dei circuiti cerebrali della ricompensa, così come riportato anche per la limerence (Fisher et al., 2016; Caselli e Spada, 2015).

Le manifestazioni sintomatologiche sovrapponibili al DOC, sembrano infatti, dalla descrizione in letteratura e dal manuale di riferimento, secondarie rispetto all’iperfocalizzazione attentiva sull’oggetto di limerenza, ed anche al permanere di questa attraverso il rimuginio desiderante, il quale permette al soggetto di indugiare a lungo sul target del desiderio, prefigurandosi, verbalmente ed in immaginazione, conseguenze positive, desiderate, collegate al raggiungimento dell’obiettivo, verosimilmente connesso al riconoscimento affettivo e/o sociale (Wolf, 2017; Wyant, 2021).

A sostegno dell’ipotesi di funzionamento clinico, sopra esposta, sembra essere anche la egosintonicità del desiderio, seppure non delle conseguenze sintomatologiche, a differenza di ciò che si verifica per quanto riguarda le ossessioni e le compulsioni caratteristiche del DOC (APA, 2022), poiché riporta la letteratura come alcuni soggetti si rifiutavano di intraprendere relazioni sentimentali alternative a causa del “timore di perdere la piacevolezza derivante dall’indugiare nella limerence”, congruentemente con ciò che accade per il desire thinking. Le descritte compulsioni, inoltre, in quanto non solo egosintoniche, ma anche manifestazione comportamentale dell’intrattenersi nella limerence, così come per il desire thinking, sarebbero pianificate a lungo (Waking, 2008). Altrettanto secondarie alla limerence, ovvero all’iperfocalizzazione attentiva risultante poi nel rimuginio di tipo desiderante, risultano le altre manifestazioni sintomatologiche descritte in letteratura, quali crisi di astinenza in caso di perdita della vicinanza dell’oggetto di limerenza, ove questa ci fosse stata, irritabilità, disturbi del sonno e sintomi depressivi (Wayant, 2021). In linea con tutta la letteratura anche le compromissioni, stato dipendenti, a carico delle funzioni metacognitive (Wyant, 2021; Semerari, 1999; Di Maggio e Semerari, 2003).

Considerazioni conclusioni

In conclusione, anche alla luce di quanto sopra esposto, potrebbe essere interessante, ad avvenuta validazione dello strumento di misurazione, valutare, per il trattamento psicoterapeutico della limerence ed in considerazione delle linee guida internazionali sul rimuginio, un trattamento CBT con il protocollo per il disturbo d’ansia generalizzata, oppure un trattamento di Terapia Metacognitiva (Wells, 2000). Quest’ultimo, in particolare, permetterebbe di intervenire direttamente sul processo di pensiero, senza entrare nel merito del contenuto, e quindi di trattare primariamente l’iperfocalizzazione attentiva, alla base di tutta la sofferenza e delle manifestazioni sintomatologiche secondarie, accompagnando così i nostri pazienti nell’acquisizione di capacità di gestione del pensiero e ristrutturando le metacredenze positive, di utilità, e negative, di incontrollabilità, le quali verosimilmente costituiscono il primo fattore di mantenimento, alla base della manifestazione sintomatologica complessiva.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • APA. Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition, Tex Revision (DSM-5 TR); 2013, Raffaello Cortina Editore. 
  • Beck, JS. Cognitive Behavior Therapy: basics and beyond. NY: The Guildford Press; 2011.
  • Carswell KL, Impett EA. What fuels passion? An integrative review of competing theories of romantic passion. Soc Personal Psychol Compass. 2021;15(8):e12629
  • Caselli, G., Spada, MM. (2015). Desire thinking: what is it and what drives it ? Addict Behav.,44:71-9.
  • Caselli, G., Ruggiero, GM., Sassaroli, S. (2017). Rimuginio. Raffaello Cortina Editore.
  • Dimaggio G., Semeari A. (2003), I disturbi di personalità. Modelli e trattamento. Stati mentali, metarappresentazione, cicli interpersonali, Laterza
  • Fisher, HE., Xiaomeng, X., Aron, A., Brown, LL. Intense, passionate, romantic love: a natural addiction ? Hoe the fields that investigate romance and substance abuse con inform each other. Front Psychol, 2016;7:687.
  • Semerari A. (1999), Psicoterapia cognitiva del paziente grave. Metacognizione e relazione terapeutica, Cortina
  • Tennov, D. Love and Limerence: the experience of being in Love. NY: Stein and Day; 1979
  • Wakin, A., Vo, DB. (2008). Love-variant: The Wakin-Vo model of limerence. In: Inter-Disciplinary – Net. 2nd Global Conference: Challenging Intimate Boundaries.
  • Wells, A. (2009). Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione. New York: The Guilford Press.
  • Willmott. L., Bentley, E. Love and limerence: Harness the limbicbrain. West Sussex: Lathbury House Limited; 2013
  • Wolf, NR. (2017). Investigation limerence: predictors of limerence, measure validation, and goal progress
  • Wyant, BE. Treatment of limerence using a cognitive behavioral approach: a case study. J Patient Exp.,2021;23,8.
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