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Cosa si intende per catastrofizzazione

La catastrofizzazione è una credenza irrazionale che porta sofferenza emotiva, in particolare predispone ad emozioni intense di ansia e paura

Di Marina Morgese

Pubblicato il 12 Lug. 2023

La catastrofizzazione è un’attività predittiva negativa focalizzata sulla realtà, ovvero su eventi oggettivamente minacciosi/pericolosi che potrebbero accadere.

 

 Marta è a casa, è alle prese con le valigie per la partenza del giorno dopo. Il suo aereo decollerà nel primo pomeriggio. Pensa alla destinazione, è una vita che sogna quel viaggio a Tokyo. Per arrivarci pensa però dovrà affrontare un volo di più di 12 ore: “Il carburante sarà sufficiente? I piloti non sentiranno la stanchezza di tutte quelle ore? E se l’aereo cade?”, la gioia del viaggio svanisce, lascia il posto all’ansia. Marta sente il suo cuore batterle forte in petto, suda, le manca quasi il fiato. Si chiede se forse non sarebbe meglio rinunciare al viaggio dei suoi sogni. 

Nella storia appena esposta troviamo un esempio di catastrofizzazione. La catastrofizzazione è la tendenza ad anticipare gli eventi futuri attraverso una catena di previsioni negative (“Il carburante sarà sufficiente? I piloti non sentiranno la stanchezza di tutte quelle ore? E se l’aereo cade?”). Essa fa quindi riferimento al prevedere una serie di minacce e pericoli, una sciagura in qualche modo oggettiva.

La catastrofizzazione come credenza irrazionale

Nell’esempio di Marta troviamo:

  • una situazione (A): Marta è a casa, prepara le valigie;
  • un pensiero (B): “Il carburante sarà sufficiente? I piloti non sentiranno la stanchezza di tutte quelle ore? E se l’aereo cade?”;
  • una conseguenza emotiva (C): prova una forte ansia (e forse anche una conseguenza comportamentale se Marta rinuncerà al viaggio)

Secondo l’approccio cognitivo comportamentale, in ognuno di noi, in determinate situazioni, insorgono particolari pensieri, di cui spesso non siamo consapevoli, che possono dar vita a emozioni e comportamenti problematici e fonte di malessere.

In particolare secondo Albert Ellis, uno dei fondatori della terapia cognitiva e il padre della Rational Emotive Behavior Therapy (REBT), i pensieri possono dividersi in pensieri – o credenze – razionali, chiamati rational beliefs, e pensieri – o credenze- irrazionali chiamati irrational beliefs.

Le credenze irrazionali, secondo la REBT, si possono dividere in quattro categorie:

  • Doverizzazioni o Pretese
  • Valutazione Globale (di Sé, del Mondo e/o degli Altri)
  • Catastrofizzazione
  • Intolleranza alla Frustrazione

Se si fa esperienza di un evento attivante (A) e si dà spazio alla credenza irrazionale (B), questa provoca emozioni disfunzionali (C), come ansia, rabbia, depressione, senso di colpa.

Dunque la catastrofizzazione è una delle credenze irrazionali alla base della sofferenza emotiva, in particolare essa predispone ad emozioni intense di ansia e paura.

Catastrofizzazione e terribilizzazione: quale differenza?

Sebbene si tratti di due termini poco utilizzati nel linguaggio comune, nel linguaggio specialistico catastrofizzazione e terribilizzazione sono spesso usati come sinonimi. In realtà tra loro esiste una differenza che è importante sapere: ciò consente, ai non esperti, di riconoscere meglio il motivo della propria sofferenza e, ai più esperti, di intervenire in modo più efficace con pazienti che presentano questa tipologia di pensieri irrazionali.

 Mentre la catastrofizzazione è un’attività predittiva negativa focalizzata sulla realtà, ovvero su eventi oggettivamente minacciosi/pericolosi che potrebbero accadere, la terribilizzazione si riferisce a una valutazione più soggettiva del pericolo (si etichetta qualcosa in termini assolutamente negativi).

Facciamo un esempio: riferendoci all’episodio di Marta, un aereo che cade è un evento oggettivamente spaventoso/minaccioso (allo stesso modo un incidente, un lutto, un cataclisma, ecc.). Dunque il pensiero “L’aereo potrebbe cadere” è una previsione negativa di una sciagura oggettiva. In questo caso parliamo di catastrofizzazione.

“Sarebbe terribile se venissi lasciata dal mio fidanzato” – La fine di una storia d’amore è un evento spiacevole, molto triste, ma non rappresenta un pericolo. È la persona, in questo caso, a definire ed etichettare come “terribile” un evento non oggettivamente minaccioso e/o pericoloso. Si parla in questo caso di terribilizzazione.

Come rendere la catastrofizzazione “meno catastrofica”?

Abbiamo detto che la catastrofizzazione è una credenza irrazionale alla base della nostra sofferenza emotiva. Quali caratteristiche rendono un pensiero “irrazionale”?

Un pensiero è irrazionale quando non si basa sulla realtà verificabile dei fatti conosciuti. Quindi un pensiero irrazionale implica valutazioni che derivano da premesse non empiriche (non osservabili), ignorando la realtà in favore di ciò che la persona ritiene dovrebbe esistere. Queste valutazioni sono espresse in un linguaggio assolutistico: contengono parole come “mai”, “sempre”, “assolutamente” oppure “devo”, “deve”, “ho bisogno”, che implicano un bisogno incondizionato.

Per gestire la tendenza alla catastrofizzazione è utile:

  • riconoscere il pensiero catastrofico: cosa temiamo in particolare?
  • sottoporre il pensiero catastrofico a un’analisi della sua fondatezza, chiediamoci: in base a cosa pensiamo questo? Quali prove abbiamo che l’evento temuto si verificherà? Quanto è probabile che si verifichi davvero?
  • ricordare che un pensiero non è necessariamente un dato di realtà: il più delle volte le previsioni catastrofiche si presentano sotto forma di immagini che ci spaventano e non riusciamo a distinguere tra pensiero e realtà, ci è sufficiente pensare a qualche guaio per stare male. Ma pensare a un pericolo non corrisponde all’effettiva esistenza del pericolo.

E per la terribilizzazione? Anche in questo caso torna utile:

  • riconoscere il pensiero e riconoscere che siamo noi in realtà ad etichettare come “terribile” qualcosa che oggettivamente non lo è;
  • ricordarsi che definire una cosa come terribile, implica dire che questa è la peggior cosa che possa accadere, a cui non si può porre rimedio. Ma chiediamoci: davvero non c’è rimedio?;
  • comprendere che doloroso non significa terribile: per quanto uno scenario ritenuto terribile possa essere per noi fonte di sofferenza emotiva, queste emozioni dolorose non sono indicative del fatto che l’evento è la cosa peggiore che mi possa accadere (anche se sarò estremamente triste, ci sarà un rimedio);
  • ridefinire l’evento temuto: definire ciò che temiamo come “triste”, “brutto”, “negativo”, anziché come “terribile”. Anche se di poco, questa ridefinizione ci aiuterà a stare lievemente meglio.

Queste indicazioni prendono spunto dagli interventi di disputing utilizzati in terapia, dove vengono condotti ovviamente in modo più preciso, attento e completo rispetto a quanto si possa fare in un articolo. Pertanto vanno lette come dei suggerimenti utili a capire meglio l’irrazionalità di quella catastrofizzazione fonte spesso di preoccupazioni e ansia. Laddove la sofferenza emotiva provata fosse percepita come ingestibile, raccomandiamo sempre di rivolgersi a un professionista della salute mentale.

 

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Marina Morgese
Marina Morgese

Caporedattrice di State of Mind

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