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Bambini dimenticati in auto: la forgotten baby syndrome

È importante sottolineare che non esiste un profilo tipico del genitore che dimentica il figlio in auto: la forgotten baby syndrome può capitare a chiunque

Di Elisabetta Carbone

Pubblicato il 13 Giu. 2023

In merito alla “Forgotten baby syndrome”, o “Sindrome del bambino dimenticato”, la letteratura è ancora scarsa e lacunosa, ma, per quanto la ricerca non si sia occupata in modo sistematico di questo problema, esso rappresenta un tema di grande impatto.

 

 Tragica fatalità, il 7 giugno una bambina è stata dimenticata dal suo papà sul seggiolino dell’auto parcheggiata davanti all’asilo. È l’undicesimo caso in Italia dal 1998, mentre negli USA, solo nel 2019, sono stati 52 i casi di bambini morti per colpo di calore in auto. Ma perché accade? Non è ancora chiaro il motivo per cui si inneschi un “vuoto di memoria” che spinge molti genitori a considerare compiute azioni che, invece, non sono mai avvenute.

È un fatto di cronaca che si ripete più o meno con la solita sequenza: nel corso di uno spostamento in auto, il genitore si dimentica della presenza del proprio figlio sul sedile posteriore, arriva a destinazione, esce dal veicolo e lascia inconsapevolmente il bambino in macchina.

Ma come possono genitori amorevoli e attenti, senza prove di abuso di sostanze o disturbi psichici, avere un così catastrofico vuoto di memoria che mette a repentaglio la vita del bambino?

La forgotten baby syndrome

In merito alla “Forgotten baby syndrome”, o “Sindrome del bambino dimenticato”, la letteratura è ancora scarsa e lacunosa; anche l’espressione non è condivisa in ambito scientifico e non possiede una precisa definizione nosografica. Ma, per quanto la ricerca non si sia occupata in modo sistematico di questo problema, esso rappresenta un tema di grande impatto sia per l’opinione pubblica sia per le agenzie che si occupano di sicurezza stradale e di tutela dell’infanzia. Con questa sindrome ci si riferisce a quanto accade quando i genitori lasciano accidentalmente un bambino in auto, con dei risultati spesso tragici e importanti ripercussioni sulla famiglia. Le ricerche scientifiche sono molto limitate e, generalmente, trattano le condizioni cliniche che costituiscono la causa di morte dei bambini coinvolti, e solo raramente vengono analizzate le circostanze in cui tali decessi si sono verificati.

Genitori amorevoli

È importante sottolineare come non esista un profilo “tipico” del genitore che dimentica il figlio in auto: la sindrome colpisce chiunque, indipendentemente da sesso, età, reddito, livello di istruzione, temperamento e personalità. Infatti, se si analizzano le caratteristiche dei singoli episodi ci si trova, nella quasi totalità dei casi, di fronte a genitori amorevoli e accudenti, che non hanno mai presentato segni di instabilità o di negligenza nei confronti del loro bimbo. In questi drammatici episodi sono coinvolti genitori che hanno funzionalità psichiche, cognitive ed emotive perfettamente integre e che non farebbero mai del male ai loro figli: ed è proprio per questo che le dinamiche sottese al verificarsi di queste tragedie appaiono incomprensibili. Ciò evidenzia come non si tratti di genitori snaturati, ma di adulti in cui la memoria è temporaneamente compromessa.

L’amnesia dissociativa

Una prima spiegazione riguarda la dissociazione. I disturbi dissociativi sono caratterizzati dalla sconnessione di coscienza, memoria, identità, emotività, percezione, rappresentazione corporea, controllo motorio e comportamento.

Il DSM-5 prevede tre disturbi dissociativi principali: il disturbo di derealizzazione/depersonalizzazione, l’amnesia dissociativa e il disturbo dissociativo di identità (precedentemente conosciuto come disturbo di personalità multipla).

Tutti questi disturbi hanno un’origine causale comune, la dissociazione, la quale si manifesta nel fatto che alcuni aspetti dell’emozione, della memoria e dell’esperienza siano inaccessibili alla coscienza. La dissociazione è un costrutto complesso che coinvolge due diversi tipi di fenomeni: la compartimentazione dei processi psicologici che normalmente dovrebbero essere integrati, come la memoria e l’identità; l’alterazione della coscienza, caratterizzata dal distacco esperienziale dal sé e dall’ambiente.

L’amnesia dissociativa è una forma di dissociazione drammatica, in cui la persona non ha più accesso ad aspetti importanti della sua memoria e al ricordo dell’esperienza, ossia l’incapacità di ricordare informazioni autobiografiche in modo circoscritto o generalizzato. In genere questo tipo di amnesia (che lascia intatta la memoria procedurale) scompare improvvisamente, così come è insorta, con il completo recupero e scarse probabilità di recidiva, ma lasciando l’amnesia dell’amnesia. Si verifica generalmente in seguito ad un periodo di forte stress, manifestandosi con difficoltà di concentrazione, sonno difficoltoso e disturbato, irritabilità, ma soprattutto automatismo, ossia il compiere azioni senza la piena consapevolezza di cosa si stia di fatto facendo. Un po’ come se si fosse inserito il “pilota automatico”.

Le amnesie possono verificarsi anche come conseguenza del trauma: in effetti, i disturbi dissociativi sono trattati, nel DSM-5, subito dopo i disturbi correlati a traumi e eventi stressanti, benché non siano inclusi in essi: questo a sottolineare come tra queste due classi esista un stretta correlazione sintomatica, tra cui amnesia, flashback, ottundimento e depersonalizzazione/derealizzazione.

Un deficit della memoria di lavoro

Tra le ipotesi più accreditate troviamo quella del malfunzionamento della memoria di lavoro o working memory. Questo magazzino di memoria è il responsabile della capacità di gestire e manipolare temporaneamente le informazioni provenienti dall’ambiente e recuperarle dalla memoria a lungo termine; è una sorta di interfaccia tra percezione, memoria a lungo termine e azione, che sottende i processi di pensiero. La sua efficienza dipende quindi dall’interazione tra le informazioni provenienti dall’ambiente e dalle nostre memorie pregresse per effettuare operazioni mentali per il passaggio dalla percezione all’azione volontaria in compiti adattivi (decision making).

 Le informazioni elaborate dalla working memory corrispondono a ciò a cui si sta prestando attenzione in un dato momento: nel caso dei decessi di minori dimenticati all’interno dei veicoli, spesso la presenza del bambino non si associa nell’arco del tragitto a segnali sensoriali utili a richiamare l’attenzione, dato che i bambini in auto tendono a dormire. In questo senso, mancano tutta quella serie di segnali di presenza del bambino: l’assenza di questi dati non ne consente la registrazione e l’integrazione nel processo di presa di decisione. Gli schemi sul programma d’azione routinario (quindi il “pilota automatico”) prenderanno il sopravvento e avranno la priorità.

Molti di questi incidenti sono accomunati dalla dinamica: i genitori sono usciti di casa con l’interazione di accompagnare il bambino all’asilo ma, dimenticandosene a causa dell’assenza di segnali, hanno proseguito il tragitto verso il posto di lavoro, lasciando l’auto ed il bambino nel parcheggio.

Un deficit della memoria prospettica

La perdita di consapevolezza del figlio nell’auto potrebbe essere dovuto a un fallimento della memoria prospettica, cioè la mancanza di ricordarsi di fare qualcosa nel futuro. Secondo David Diamond, l’oblio che in questi drammatici eventi avvolge gli adulti sarebbe collegato al circuito che regola le nostre abitudini cerebrali, una sorta di “pilota automatico” con il quale compiamo determinate azioni routinarie e abitudinarie, senza pensarci. La routine infatti conduce inevitabilmente alla dimenticanza: la quotidianità che si ripete sempre uguale porta a vivere la realtà in modo uniforme, coinvolgendo in pochissima parte il pensiero cosciente. Alla fine, spinti dal controllo motorio e non cosciente, non pensiamo alle azioni di routine, proprio perché l’abitudine è collaudata e non necessita di ragionamento. In realtà tutti noi nella nostra quotidianità ci ritroviamo in questa situazione, dato che è una funzione normale del nostro cervello.

Il problema insorge nel momento in cui il sistema di memoria abitudinaria entra in conflitto con il sistema di memoria prospettica: il genitore sale in auto con il bambino ma inserisce il “pilota automatico” per andare al lavoro, proprio perché questo fa parte della sua routine giornaliera. Durante il tragitto infatti dimentica di lasciare il bambino all’asilo, perché questa azione non rientra nello schema della routine. La memoria prospettica è fortemente influenzata anche dallo stile di vita: riuscire a ricordarsi di fare qualcosa nel futuro è inficiato dalla mancanza di sonno e dallo stress.

Seggiolini anti-abbandono obbligatori

Nel 2019 il Parlamento italiano ha approvato il decreto sull’obbligo dei seggiolini anti-abbandono in auto. Questi seggiolini sono dotati di allarme acustico e visivo per ricordarsi della presenza del bambino in auto, e sono obbligatori al di sotto dei quattro anni. Alcuni dispositivi sono in grado di inviare notifiche sullo smartphone di tutti i contatti di emergenza precedentemente inseriti nella memoria.

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